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La questione è controversa: sul concetto di “aggiornamento del canone” si sono manifestati in passato contrasti che ancora non possono dirsi superati.

Prima della legge n°431/1998, vigeva l’art. 24 della legge n°392/1978 (“Aggiornamento del canone”), nato per parare gli effetti dell’inflazione. Tale articolo è stato abrogato dall’art. 14, co. 4 della legge di riforma del 1998. Tale riforma, però, non ha previsto la sostituzione dell’art. 24 con una norma di carattere equipollente, non disponendo – al pari del codice civile - alcunché al riguardo. La mancanza di una norma specifica (la legge n°431/1998 non prevede alcuna modalità di adeguamento del canone) fa ritenere che l’aggiornamento del medesimo sia demandata solo ad una espressa convenzione tra le parti, in conseguenza della natura convenzionale (e non più legale) della variazione suddetta.

Pertanto, con riferimento alle sole locazioni ad uso abitativo a canone libero (tutte le condizioni sono liberamente contrattabili, variazione ISTAT compresa, peraltro prevista nel solo regime fiscale IRPEF), locatore e conduttore hanno piena libertà di inserire, nell’esplicazione della loro autonomia contrattuale, una clausola d’indicizzazione (vale a dire l’adeguamento del canone all’indice del costo della vita ovvero altri indici di riferimento) che, ad esempio, preveda espressamente:

a) che la variazione ISTAT (non è imposto, per consolidata dottrina, il limite percentuale del 75%) operi solo in aumento;

b) che la variazione ISTAT operi non solo in aumento, ma anche in diminuzione.

Conseguentemente:

a) qualora le parti abbiano convenuto a contratto la sola variazione assoluta in aumento del canone “L’aggiornamento del canone, in base all’articolo …… del presente contratto si applica solo nel caso in cui l’indice ISTAT FOI sia positivo”, il locatore (senza la necessità di alcun preavviso, a mezzo lettera raccomandata, in caso di utilizzo della formula “in automatico, senza richiesta alcuna”), nel caso in cui tale indice sia negativo, non applicherà la percentuale di diminuzione per aggiornamento;

b) qualora le parti abbiano, invece, esplicitamente previsto la variazione assoluta sia in aumento che in diminuzione del canone (“L’aggiornamento del canone, in base all’articolo …… del presente contratto si applica sia in caso in cu l’indice ISTAT FOI sia positivo sia in caso in cui esso sia negativo (e non si capisce la ragione per cui una siffatta clausola – peraltro inusuale in un contratto scritto e registrato - non possa essere ritenuta lecita, in quanto patto più favorevole per il conduttore), il locatore non può opporsi alla diminuzione dell’affitto.

Ove poi queste particolari pattuizioni manchino (come, in genere, capita), è plausibile un implicito riferimento al sunnominato art. 24. Ora, l’art. 24, con riferimento agli immobili ad uso abitativo, prescriveva che “il canone di locazione [...] è aggiornato ogni anno in misura pari al 75% della variazione accertata dall’ISTAT”.

Il Legislatore del 1978 utilizzò la locuzione “aggiornamento del canone” (locuzione ripresa, ventiquattro anni dopo, dai Ministri delle Infrastrutture e dei Trasporti e dell’Economia e delle Finanze nel DM 30 dicembre 2002 (art. 1, co. 9), emanato per definire le condizioni e le modalità di stipulazione dei contratti convenzionati, ove l’aggiornamento, dovuto nelle locazioni agevolate 3+2 e - se previsto dall’accordo territoriale – in quelle per studenti universitari fuori sede, nella misura massima del 75% della variazione ISTAT, può avvenire – si badi - solo su richiesta del locatore, se così stabilito nel modello-tipo predisposto dalla convenzione locale. In questo caso, però, per neutralizzare gli effetti della riduzione di canone basterebbe che il locatore non adempia all’onere della richiesta (il problema potrebbe però riproporsi in tempi successivi ove l’indice ISTAT tornasse positivo e il locatore richiedesse poi gli aggiornamenti arretrati non richiesti).

Se la legge stabilisce che l’aggiornamento del canone segue la variazione del costo della vita verificatasi nell’anno precedente, sembra evidente che il canone, legislativamente fissato con decorrenza dal ………. , possa essere aggiornato sulla base di quella variazione intervenuta nel periodo ……………….., sia essa positiva, sia essa negativa, tesi avanzata nel 2009 dal SUNIA: negare la possibilità della diminuzione del canone rappresenterebbe una violazione dell’art. 13 della legge n°431/1998, “avvallando di fatto un canone illegittimo, in quanto superiore alla misura legale”.

La questione è stata affrontata solo marginalmente dalla dottrina che, però, non ha potuto fare a meno di rilevare che l’art. 32 della legge di riforma del 1978 (che riprende la variazione dell’art. 24), nella sua formulazione iniziale, disponeva che Le variazioni in aumento del canone non possono essere superiori al 75 per cento di quelle, accertate dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati”. Pertanto, secondo l'opinione di alcuni interpreti, la lettura della norma dimostrerebbe che il compilatore della legge del 1978 intese riferirsi, perlomeno per le locazioni ad uso diverso da quello abitativo, alla sola variazione in aumento e non in diminuzione.
 
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