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Cassazione:Tutela possessoria per l'"ex convivente" sull' immobile di proprietà dell' altro
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<blockquote data-quote="Umberto Granducato" data-source="post: 320168" data-attributes="member: 245"><p>Merita attenzione la seguente sentenza, poiché la stessa risulta essere di notevole impatto pratico per moltissime "coppie di fatto". La decisione ha il pregio di armonizzare le esigenze di tutela di un soggetto estromesso dall'abitazione di proprietà dell'ex convivente, (nella quale ha legittimamente convissuto), con la rigida applicazione delle norme, vero ostacolo,alla concessione diffusa della tutela possessoria. La Cassazione con tale "iudicium" è giunta alla determinazione che anche il convivente di fatto, può legittimamente esercitare l'azione di spoglio (art. 1168 c.c.) per l'abitazione, nei confronti dell' ormai ex partner di fatto, anche e soprattutto quando non abbia diritti reali o personali da far valere sull' immobile stesso, a cui potrà aggiungersi la condanna generica al risarcimento del danno a carico dell'autore dello spoglio (ex convivente /proprietario). La quale condanna, essendo solo una "declaratoria iuris", non impedisce che in un autonomo e successivo giudizio, ne sia accertata non solo la misura ma l'esistenza stessa di un danno risarcibile (Cass. civ. sez II n.7748/90 ), e ciò anche se lo spoglio sia stato di breve durata ( (Cass. II 1487/77) . La Cassazione in altre pronunce, ha negato la possibilità di agire con l'azione di spoglio, sulla base della considerazione preconcetta, che la situazione di fatto derivante dal solo rapporto di convivenza, anche se connotata da uno stile di vita analogo a quello matrimoniale, rimane appunto un rapporto di fatto, non regolato dall' ordinamento e pertanto non in grado di configurare, nelle persone conviventi con il possessore dell' immobile, un possesso autonomo sullo stesso bene, o una sorta di compossesso (Cass. Sez. II, 2 ottobre n. 25551974 e n. 8047/2001,). In questo solco interpretativo, una volta che si è dissolta la relazione affettiva, il soggetto estromesso dall'abitazione dell'ex partner, non è legittimato ad esercitare l'azione di spoglio, godendo al più delle stesse posizioni accordate all'ospite, al tollerato o al detentore per ragioni di servizio, presa di posizione questa, che già " ictu oculi" appare contraria ai valori costituzionali, che sovrintendono l'intero sistema giuridico. Per andare oltre, rispetto a tale indirizzo non costituzionalmente orientato, si deve esaminare a fini applicativi, il consolidamento e la portata della relazioni tra le parti, cosa che puntualmente fanno gli ermellini nella sentenza "de qua". Essa si pone nella medesima scia, già inaugurata con una precedente pronuncia (Cass. Civ., sez. II, 14 giugno 9786/2012),nella quale, si riconosceva al partner, che godeva unitamente al convivente di fatto "possessore iure proprietatis" del medesimo immobile, una posizione giuridica riconducibile alla detenzione autonoma, per la presenza di una stabile relazione di tipo familiare . La convivenza di fatto determina in modo naturale ed automatico, sulla casa di abitazione, usata dai conviventi, un potere di fatto sulla stessa giustificato da un interesse specifico e diretto, completamente dissimile da quello derivante da ragioni di mera ospitalità. Ragion per cui, l'estromissione effettuata in modo violento o clandestino ai danni del convivente, dall'unità abitativa compiuta dall' altro partner, giustifica il ricorso alla tutela possessoria, mediante la proposizione dell' azione di spoglio, anche se chi esperisce l'azione non vanta un diritto di proprietà sull'immobile usato da entrambi. In queste ultime pronunce emerge con forza il peso che ha assunto ormai la cosiddetta "famiglia di fatto", non basata sul vincolo coniugale ma egualmente legata da uno stile di vita ed un "affectio" pressocchè simile a quello della cd. famiglia legittima, poiché sede privilegiata per lo svolgimento della personalità individuale (art. 2 Cost.).Tutto ciò fin qui premesso, per la Cassazione in pronuncia, il convivente che usufruisce della casa familiare di proprietà del partner, vanta un interesse personale e di coppia, pertanto è legittimo che tale situazione assuma i tratti tipici della detenzione qualificata, la cui concreta applicazione verrà poi dai giudici di merito valutata caso per caso. Solo nella misura in cui la coppia di fatto abbia assunto, per:durata, stabilità, esclusività e contribuzione, i caratteri tipici di una "formazione familiare" , si potrà ravvisare l'esistenza di un negozio a contenuto personale.</p><p><strong>Avv. Gilda Summaria</strong></p><p><span style="color: #000000"></span></p><p><span style="color: #000000">Fonte: (StudioCataldi.it) </span></p></blockquote><p></p>
[QUOTE="Umberto Granducato, post: 320168, member: 245"] Merita attenzione la seguente sentenza, poiché la stessa risulta essere di notevole impatto pratico per moltissime "coppie di fatto". La decisione ha il pregio di armonizzare le esigenze di tutela di un soggetto estromesso dall'abitazione di proprietà dell'ex convivente, (nella quale ha legittimamente convissuto), con la rigida applicazione delle norme, vero ostacolo,alla concessione diffusa della tutela possessoria. La Cassazione con tale "iudicium" è giunta alla determinazione che anche il convivente di fatto, può legittimamente esercitare l'azione di spoglio (art. 1168 c.c.) per l'abitazione, nei confronti dell' ormai ex partner di fatto, anche e soprattutto quando non abbia diritti reali o personali da far valere sull' immobile stesso, a cui potrà aggiungersi la condanna generica al risarcimento del danno a carico dell'autore dello spoglio (ex convivente /proprietario). La quale condanna, essendo solo una "declaratoria iuris", non impedisce che in un autonomo e successivo giudizio, ne sia accertata non solo la misura ma l'esistenza stessa di un danno risarcibile (Cass. civ. sez II n.7748/90 ), e ciò anche se lo spoglio sia stato di breve durata ( (Cass. II 1487/77) . La Cassazione in altre pronunce, ha negato la possibilità di agire con l'azione di spoglio, sulla base della considerazione preconcetta, che la situazione di fatto derivante dal solo rapporto di convivenza, anche se connotata da uno stile di vita analogo a quello matrimoniale, rimane appunto un rapporto di fatto, non regolato dall' ordinamento e pertanto non in grado di configurare, nelle persone conviventi con il possessore dell' immobile, un possesso autonomo sullo stesso bene, o una sorta di compossesso (Cass. Sez. II, 2 ottobre n. 25551974 e n. 8047/2001,). In questo solco interpretativo, una volta che si è dissolta la relazione affettiva, il soggetto estromesso dall'abitazione dell'ex partner, non è legittimato ad esercitare l'azione di spoglio, godendo al più delle stesse posizioni accordate all'ospite, al tollerato o al detentore per ragioni di servizio, presa di posizione questa, che già " ictu oculi" appare contraria ai valori costituzionali, che sovrintendono l'intero sistema giuridico. Per andare oltre, rispetto a tale indirizzo non costituzionalmente orientato, si deve esaminare a fini applicativi, il consolidamento e la portata della relazioni tra le parti, cosa che puntualmente fanno gli ermellini nella sentenza "de qua". Essa si pone nella medesima scia, già inaugurata con una precedente pronuncia (Cass. Civ., sez. II, 14 giugno 9786/2012),nella quale, si riconosceva al partner, che godeva unitamente al convivente di fatto "possessore iure proprietatis" del medesimo immobile, una posizione giuridica riconducibile alla detenzione autonoma, per la presenza di una stabile relazione di tipo familiare . La convivenza di fatto determina in modo naturale ed automatico, sulla casa di abitazione, usata dai conviventi, un potere di fatto sulla stessa giustificato da un interesse specifico e diretto, completamente dissimile da quello derivante da ragioni di mera ospitalità. Ragion per cui, l'estromissione effettuata in modo violento o clandestino ai danni del convivente, dall'unità abitativa compiuta dall' altro partner, giustifica il ricorso alla tutela possessoria, mediante la proposizione dell' azione di spoglio, anche se chi esperisce l'azione non vanta un diritto di proprietà sull'immobile usato da entrambi. In queste ultime pronunce emerge con forza il peso che ha assunto ormai la cosiddetta "famiglia di fatto", non basata sul vincolo coniugale ma egualmente legata da uno stile di vita ed un "affectio" pressocchè simile a quello della cd. famiglia legittima, poiché sede privilegiata per lo svolgimento della personalità individuale (art. 2 Cost.).Tutto ciò fin qui premesso, per la Cassazione in pronuncia, il convivente che usufruisce della casa familiare di proprietà del partner, vanta un interesse personale e di coppia, pertanto è legittimo che tale situazione assuma i tratti tipici della detenzione qualificata, la cui concreta applicazione verrà poi dai giudici di merito valutata caso per caso. Solo nella misura in cui la coppia di fatto abbia assunto, per:durata, stabilità, esclusività e contribuzione, i caratteri tipici di una "formazione familiare" , si potrà ravvisare l'esistenza di un negozio a contenuto personale. [B]Avv. Gilda Summaria[/B] [COLOR=#000000] Fonte: (StudioCataldi.it) [/COLOR] [/QUOTE]
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