PyerSilvio

Membro Storico
Agente Immobiliare
Se lasci correre, passerà il passa-parola che puoi fare quello che vuoi, senza rispettare gli impegni presi e, a quel punto, sarebbe inutile far sottoscrivere incarichi in esclusiva.
Anche perchè, a volte, basta una bella letterina dell'avvocato per ridurre lo scavalcatore a più miti consigli...
Esperienza.

..come dire che basta vedere uno rubare, per autorizzarci tutti quanti, a diventare ladri.
 

PyerSilvio

Membro Storico
Agente Immobiliare
Io in queste situazioni mi sono sempre fatto pagare. Se uno non fa rispettare un contratto quale senso ha siglarlo?

Fai lo stesso errore, dell' @Umberto Granducato.

Nella convinzione, che un contratto ad effetti obbligatori, sia posto sullo stesso piano, di uno a titolo oneroso.

Posto che in entrambe le contrattazioni, esiste anche il diritto di recesso;

Puoi notare, dal documento postato sotto, di come la sottoscrizione e l'accettazione di di un contratto a titolo oneroso, da parte di un mandante, non conferisce al mandatario, alcun leggittimo diritto:

Nell’ambito della mediazione atipica, qualora il cliente che conferisce l’incarico di mediazione rivesta la qualifica di consumatore, è vessatoria ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 33, comma 1, del Codice del consumo, perché implica un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, la clausola che prevede un corrispettivo per recesso anticipato a carico del cliente di valore prossimo alla provvigione.

Il caso

Veniva conferito dalla proprietaria di un immobile, ad un’agenzia immobiliare, incarico dimediazione al fine di promuovere la compravendita del bene, al prezzo di € 2.500.000,00, impegnandosi a riconoscere e versare all’esponente una provvigione pari all’1% oltre IVA sul prezzo della vendita; il predetto incarico veniva conferito dalla Signora in esclusiva fino al 30 maggio 2011 compreso, con previsione di tacito rinnovo per un pari periodo di tempo, salvo disdetta; nell’incarico era prevista per entrambe le parti la facoltà di recedere dall’incarico di mediazione, dandone comunicazione a mezzo lettera raccomandata A/R con preavviso di 10 giorni, alle seguenti condizioni: “a) qualora il recesso avvenga entro il 30° giorno dalla sottoscrizione, è stabilito un corrispettivo a carico del recedente ed a favore dell’altra parte pari all’80%, oltre IVA, della provvigione di cui all’art. 5.a) calcolato sul prezzo di cui all’art. 2.a); b) qualora il recesso avvenga successivamente al 30° giorno dalla sottoscrizione, è stabilito un corrispettivo a carico del recedente ed a favore dell’altra parte pari al 90%, oltre IVA, della provvigione di cui all’art. 5.a) calcolato sul prezzo di cui all’art. 2.a)”; era stata raccolta, in data 27 dicembre 2010, dalla Signora una proposta di acquisto, irrevocabile fino al 13 gennaio 2011, relativamente all’immobile di proprietà della Signora al prezzo di € 2.200.000,00, che veniva immediatamente comunicata via telefono alla proprietaria; il 3 gennaio 2011 la Signora assistita dal proprio legale, comunicava alla agenzia la propria volontà di recedere dall’incarico di mediazione, riferendo, altresì, che in assenza di una proposta d’acquisto accettata nulla era dovuto al mediatore.

Tanto premesso l’attrice agenzia immobiliare chiedeva che la convenuta fosse condannata al pagamento in proprio favore, in via principale, dell’importo di € 20.000,00, oltre IVA, pattuito a titolo di corrispettivo del diritto di recesso anticipato dall’incarico di mediazione sottoscritto il 9 dicembre 2010, in via subordinata, dell’importo ritenuto di giustizia a titolo di rimborso spese ex art. 1756 c.c.

La convenuta si costituiva in giudizio deducendo la vessatorietà della clausola dell’incarico di mediazione contenente la disciplina del recesso.

In subordine deduceva che la medesima doveva qualificarsi come clausola penale il cui importo, in virtù della previsione contenuta nell’art. 1384 c.c., dovrebbe essere ridotto ad equità.

Venivano assunti gli interrogatori formali del legale rappresentante della società attrice e della convenuta ed erano escussi i testi.

La soluzione

Il Tribunale Roma, 19 maggio 2016, n. 10118, Est. dott. Perinelli, ha ritenuto la nullità di detta clausola in quanto vessatoria.

Ciò in quanto seppure nello schema tipico della mediazione il diritto alla provvigione consegue al verificarsi della condicio iuris della conclusione dell'affare per effetto dell'intervento del mediatore, è tuttavia consentito alle parti - nell'ambito dei poteri di autonomia ad esse spettanti - di rendere atipica la mediazione stessa dando al rapporto una regolamentazione diversa, come con la previsione del pagamento del compenso al mediatore per l'attività esaurientemente compiuta, anche nel caso di recesso dalla conclusione dell'affare.

Deve tuttavia valutarsi se detta clausola, per come congegnata nel caso in esame, sia rispettosa delle norme poste a tutela del consumatore dal codice del consumo (D.Lgs. n. 206 del 2005).

Ritiene il Tribunale detta clausola implichi un "significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto" prevedendo un medesimo compenso per il mediatore sia nel caso che il contratto fosse concluso che in caso di recesso anticipato.

In materia di mediazione, ai fini della configurabilità del diritto del mediatore alla provvigione indipendentemente dalla conclusione dell'affare è insufficiente il mero ricevimento dell'incarico ma è necessario che sussista un patto ulteriore che valga a collegare tale diritto ad un fatto diverso, quale l'avere il mediatore svolto per un certo tempo una concreta attività di ricerca di un terzo interessato all'affare ed essere pervenuto al risultato entro un certo termine, o anche il non esservi pervenuto, nel caso che la parte ritiri l'incarico al mediatore prima della scadenza del termine; ipotesi, queste, in cui la provvigione costituisce il compenso per avere il mediatore assunto ed adempiuto l'obbligo di impegnare la propria organizzazione nella ricerca del terzo interessato all'affare.

Tale compenso equivalente sostanzialmente aldanno emergente non può essere equiparato alla positiva conclusione dell’affare.

Deve in proposito rilevarsi come la parte non ha l'obbligo di concludere il contratto, neppure alle condizioni previste nell'incarico conferito al mediatore.

Se, dunque, il conferente l'incarico receda (anche se ingiustificatamente) dall’incarico la previsione dell'obbligo di corrispondere comunque un compenso all'intermediario può avere causa nella remunerazione dell'attività da quello posta in essere nella ricerca di un interessato.

Ma se il compenso sia previsto in misura identica(o vicina) a quella stabilita per l'ipotesi di conclusione dell'affare si verifica uno squilibrio fra i diritti e gli obblighi delle parti (art. 1469 bis c.c., comma 1; ora art. 33, comma 1, del codice del consumo), giacché solo con la conclusione dell'affare il preponente realizza il suo interesse e poiché il rifiuto da parte sua di concluderlo non integra comunque un inadempimento.

L'art. 1469 ter c.c., comma 3, (ora, art. 34, comma 3, del citato codice del consumo) esclude che la valutazione della vessatorietà possa concernere l'oggetto del contratto e l'adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tuttavia "tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile": nel patto intercorso tra preponente e mediatore deve dunque essere chiarito che, in caso di mancata conclusione dell'affare per recesso anticipato del preponente, il compenso al mediatore sarà dovuto per l'attività sino a quel momento esplicata.

Ciò non è avvenuto in quanto il corrispettivo per l'ipotesi di recesso è stato commisurato ad una misura prossima all’intera provvigione.

In conclusione lo squilibrio delle prestazioni è collegato al fatto che il diritto al compenso per il caso di recesso anticipato sia fissato in misura indipendente dal tempo per il quale l'attività del mediatore s'è protratta prima del rifiuto del preponente.

Né vi è prova che la clausola in questione sia stata, ai sensi dell'art. 34 dello stesso d.lgs., oggetto di specifica trattativa (quale presupposto che rileva, per l'appunto, ai fini della applicazione o meno della disciplina di tutela in questione e non già dell'accertamento della vessatorietà o abusività della clausola), caratterizzata dagli indefettibili requisiti della individualità, serietà ed effettività.

Tale prova non può desumersi dalla mera compilazione a mano degli spazi bianchi lasciati nel formulario predisposto dalla convenuta.
 

Zagonara Emanuele

Membro Senior
Agente Immobiliare
Io in queste situazioni mi sono sempre fatto pagare. Se uno non fa rispettare un contratto quale senso ha siglarlo?

Ottimo.
Direi che è giusto e sacrosanto.
Inoltre questo aiuta a far crescere la nostra categoria che diversamente continuerà ad essere percepita come "un'accozzaglia di pentolari" senza arte ne parte.
Tutto il resto a mio avviso, sono solo masturbazioni mentali!
 

-csltp-

Membro Assiduo
Agente Immobiliare
Sarà anche un errore ma è capitato diverse volte e diverse volte ho preso ciò che mi spettava.

Poi per carità, ho sentito spesso di situazioni come quelle da te descritte, se uno non è abituato a queste cose e finisce a fare una causa che perdura negli anni ha fatto un errore incredibile. Sono accordi facili da prendere per chi come noi è abituato a fare trattative tutti i giorni....
 

Zagonara Emanuele

Membro Senior
Agente Immobiliare
..Evidentemente il Dott. Parinelli sara' un depravato dedito all'autoerotismo...

Evidentemente quanto da te citato è SOLO UN ESEMPIO di come possa concludersi una causa in 1° grado di giudizio.
Tutti ben sappiamo (o almeno dovremmo ormai saperlo) come funziona l'applicazione della legge in Italia.

Ogni giudice ragiona alla sua maniera e applica o interpreta le leggi secondo il suo modo di vedere le cose emettendo sentenze che quasi sempre, se impugnate, in 2° grado vengono totalmente ribaltate.

E comunque al di la della sentenza da te citata, nessuno di noi (tu compreso) conosce esattamente il fascicolo processuale e/o l'esatta formulazione della clausola inserita nell'incarico dell'agenzia.
Potrebbe anche trattarsi di una sentenza giusta per il semplice fatto che la clausola riportata sull'incarico fosse scritta in modo palesemente vessatorio o che l'intero incarico fosse tale per la sua errata formulazione.

Comunque, io in 32 anni di attività non ho mai perso una causa.
Solamente in un caso (negli anni '90) ne persi una in 1° grado per poi vincerla in 2°.

E in ogni caso, per incasare quanto dovuto, nel 99% dei casi non è necessario arrivare ad una causa, basta inviare una raccomandata e/o farne seguire una seconda inviata da un avvocato con le idee chiare, e tutto si risolve col pagamento della penale pattuita in contratto.
 

PyerSilvio

Membro Storico
Agente Immobiliare
Evidentemente quanto da te citato è SOLO UN ESEMPIO di come possa concludersi una causa in 1° grado di giudizio.
Tutti ben sappiamo (o almeno dovremmo ormai saperlo) come funziona l'applicazione della legge in Italia.

Ogni giudice ragiona alla sua maniera e applica o interpreta le leggi secondo il suo modo di vedere le cose emettendo sentenze che quasi sempre, se impugnate, in 2° grado vengono totalmente ribaltate.

E comunque al di la della sentenza da te citata, nessuno di noi (tu compreso) conosce esattamente il fascicolo processuale e/o l'esatta formulazione della clausola inserita nell'incarico dell'agenzia.
Potrebbe anche trattarsi di una sentenza giusta per il semplice fatto che la clausola riportata sull'incarico fosse scritta in modo palesemente vessatorio o che l'intero incarico fosse tale per la sua errata formulazione.

Comunque, io in 32 anni di attività non ho mai perso una causa.
Solamente in un caso (negli anni '90) ne persi una in 1° grado per poi vincerla in 2°.

E in ogni caso, per incasare quanto dovuto, nel 99% dei casi non è necessario arrivare ad una causa, basta inviare una raccomandata e/o farne seguire una seconda inviata da un avvocato con le idee chiare, e tutto si risolve col pagamento della penale pattuita in contratto.

..e' una sentenza cassata Emanuele.
 

PyerSilvio

Membro Storico
Agente Immobiliare
A me sembra piuttosto ina caz....ta!

Quello che pensi tu non rileva:

Precedenti:

In materia di mediazione, ai fini della configurabilità del diritto del mediatore alla provvigione indipendentemente dalla conclusione dell'affare è insufficiente il mero ricevimento dell'incarico ma è necessario che sussista un patto ulteriore che valga a collegare tale diritto ad un fatto diverso, quale l'avere il mediatore svolto per un certo tempo una concreta attività di ricerca di un terzo interessato all'affare ed essere pervenuto al risultato entro un certo termine, o anche il non esservi pervenuto, nel caso che la parte ritiri l'incarico al mediatore prima della scadenza del termine; ipotesi, queste, in cui la provvigione costituisce il compenso per avere il mediatore assunto ed adempiuto l'obbligo di impegnare la propria organizzazione nella ricerca del terzo interessato all'affare (Cass. 15/05/2002, n. 7067).

La parte intermediata non ha l'obbligo di concludere il contratto, neppure alle condizioni previste nell'incarico conferito al mediatore (Cass. nn. 11389/1997, 9904/1998, 11244/2003, 5095/2006).

L’opinione per cui la penale prevista in misura identica (o vicina) a quella stabilita per l'ipotesi di conclusione dell'affare verifica uno squilibrio fra i diritti e gli obblighi delle parti (art. 1469 bis c.c., comma 1; ora art. 33, comma 1, del codice del consumo), giacché solo con la conclusione dell'affare il preponente realizza il suo interesse e poiché il rifiuto da parte sua di concluderlo non integra comunque un inadempimento, è assai diffusa.

In particolare, la giurisprudenza ha ritenuto quanto segue.

Secondo una prima pronuncia in argomento è vessatoria, in quanto manifestamente eccessiva, la clausola penale contenuta in un contratto di mediazione immobiliare stipulato tra un professionista ed un consumatore, con cui si prevede, in caso di revoca anticipata dell'incarico, il pagamento di una somma pari all'importo della provvigione pattuita; pertanto, tale clausola va dichiarata inefficace, dovendosi altresì escludere che il giudice abbia il potere di ridurre la penale (Pret. Bologna 20.1.1998).

Tali affermazioni sono state anche da Giudice di pace Sulmona 24.6.1999, in riferimento a penale di ammontare di importo appena inferiore alla prestazione dovuta e da Trib. Roma 30.11.1999 e Trib. Torino 28.5.2007, in relazione a penale pari al doppio della provvigione spettante al mediatore. Secondo Giudice di pace Monza 25.10.2005, è non vessatoria una clausola penale che impone il pagamento del 40% del corrispettivo dovuto dal consumatore.

Altre sentenze, hanno precisato che la penale, più genericamente (Trib. Monza sez. dist. Desio, 28.8.2002), non deve essere manifestamente eccessiva, senza specificare quando in concreto sussista o meno tale eccessività e rinviando ad un accertamento da condursi caso per caso in riferimento alle caratteristiche dell’affare ed al ruolo svolto dal mediatore. Ha precisato questa pronuncia che la penale, se non eccessiva, vale anche come mezzo per riequilibrare il contratto a favore del mediatore, ossia per risarcirlo delle spese affrontate e del lucro cessante derivante da altri affari tralasciati: quanto alle spese, va tenuto presente che l’adempimento degli obblighi stabiliti dalla legge n. 39/89 … e l’incremento della concorrenza hanno comportato comunque un incremento di costi organizzativi per i mediatori, ormai spesso necessitati ad avvalersi di un apparato ausiliario abbastanza articolato; quanto al lucro cessante, occorre considerare che l’originaria soluzione adottata dall’art. 1755 Codice civile espone eccessivamente il mediatore al rischio di affrontare una complessa attività senza conseguire compenso alcuno a causa di eventuali ripensamenti anche non ponderati delle parti, e quindi rischia di creare sul piano complessivo un disequilibrio a sfavore del mediatore medesimo…Tale clausola è compatibile con la tutela di cui agli artt. 1469-bis segg. Codice civile ove l'ammontare della penale, in relazione al valore dell'affare, sia tale da escludere un significativo squilibrio e non si presenti di ammontare eccessivo, alla luce dei compiti svolti dal mediatore e della funzione svolta dalla clausola. Tale clausola non deve neanche essere oggetto di trattativa individuale, dal momento che tale circostanza è resa superflua dall'assenza dei caratteri di vessatorietà. La penale, poi, potrebbe anche avere benefici per l’intera categoria dei consumatori, perché consentirebbe una riduzione dei rischi che normalmente gravano sul mediatore, con conseguente possibilità per lo stesso «di ridurre l’ammontare delle provvigioni richieste proprio per la possibilità di ripartire i propri introiti anche su situazioni che ex art. 1755 Codice civile sarebbero del tutto infruttuose.

Altre volte, invece, la penale pari alla provvigione ritenuta congrua riguardava il rifiuto di concludere l’affare alle condizioni prestabilite con il mediatore: in tale caso, però, la penale potrebbe essere letta alla stregua di una pattuizione atta a collegare il compenso del mediatore ad un’attività diversa dalla conclusione dell’affare, e quindi determinativa dell’oggetto del contratto, pertanto non vessatoria ex art. 34 c.cons.

Vi sono anche precedenti che hanno mostrato un certo favore anche per penali più elevate come ammontare, sulla base del rilievo per cui la previsione del diritto alla provvigione a favore del mediatore anche nelle ipotesi di mancata conclusione dell'affare (e ricorrendo un profilo di inadempimento del proponente) sarebbe espressione del potere di autonomia contrattuale delle parti e sarebbe comunque diretta a favorire al massimo la promozione degli affari (cfr. Trib. Ivrea 11.7.2002, n. 302, e Trib. Torino 15.6.2006).

D’altro canto, altre pronunce hanno stabilito che la previsione di una penale posta a carico di entrambi i contraenti e non del solo consumatore possa essere sufficiente a riequilibrare le posizioni dei contraenti (Trib. Ivrea 11.7.2005, il quale tra l’altro ha ritenuto che in ogni caso l'importo della penale corrispondente all'entità della provvigione pattuita non può considerarsi manifestamente eccessivo, ma sempre con riferimento a clausola mirante a definire in anticipo l’importo dovuto a titolo risarcitorio, per il caso di vendita conclusa dopo la scadenza del mandato con acquirente reperito dallo stesso mediatore incaricato).
 

Bagudi

Fondatore
Membro dello Staff
Agente Immobiliare
E' inutile trascendere in battibecchi personali, quando entrambi potete avere ragione, a seconda del giudice che si trova...

Per quanto mi riguarda, le poche volte che mi è successo ho sempre incassato quanto dovuto, tranne una volta (come ho raccontato in altro luogo nel 1985 )

Ma, a parte questo, e con questi presupposti, @PyerSilvio non vedo che senso abbia prendere degli incarichi in esclusiva...
 

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