Manlio

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Beati i padri. Con tre anni di stipendio, quelli che guadagnavano bene, si potevano permettere di comprare casa. Chi aveva un reddito medio doveva mettere in fila cinque anni di buste paga per raggiungere lo stesso traguardo. E gli anni salivano a nove per chi guadagnava ancora meno. Era il 1965.
Sono trascorsi quarant’anni e i figli di quei padri, per mettere su casa, devono lavorare molto più a lungo e non è detto che riescano nell’impresa. I prezzi delle case si sono messi a correre e gli stipendi non gli sono stati dietro. La forbice, che già a metà degli anni Ottanta era alta, oggi è elevatissima. Chi ha un reddito medio basso (18.300 euro netti) oggi deve mettere in conto 21,4 anni di stipendi (contro i 9 del ‘65), ma anche gli altri non se la passano bene. Con 34mila e 600 euro ci vogliono quasi dieci anni di buste paga (ce ne volevano 5,1). E anche i “benestanti” oggi devono lavorare sei anni di più dei loro padri per mettere su casa (9 contro 3 anni del ‘65). Non è un caso se i mutui, che un tempo in media duravano vent’anni, oggi arrivano anche a quaranta, così da permettere finanziamenti più consistenti.
Per quantificare lo sforzo necessario per diventare proprietari dell’abitazione sono stati utilizzati una serie di indicatori contenuti in una ricerca del Cresme. Le simulazioni si basano su tre livelli di reddito e prendono in considerazione le case di una grande area urbana (più di 250mila abitanti). Due le unità immobiliari tipo: una situata in zona semicentrale di 110 metri quadrati e l’altra di 90 in zona periferica. “Dalle simulazioni - spiega Roberto Mostacci di Cresme Consulting - viene fuori che l’incremento dei prezzi delle abitazioni è ben più consistente dell’aumento delle retribuzioni. Fortunatamente i bassi costi dei mutui rispetto al passato hanno permesso di ridurre il divario fra i prezzi e le retribuzioni”.
Se poi si vive nelle grandi città acquistare casa diventa ancora più impegnativo perché i valori sono più alti. Lo dimostra un confronto realizzato da Scenari Immobiliari, che ha analizzato quello che si può acquistare con la stessa cifra a Milano e Roma, a Cagliari e in una città intermedia come Piacenza. “Se con 150 mila euro a Milano si acquista un monolocale sui Navigli non proprio il “supercentro”, ma una zona molto alla moda - afferma Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari - spostandosi nel popoloso quartiere di Centocelle a Roma già si arriva a un bilocale. A Piacenza con la stessa cifra si acquista sempre un bilocale, ma in pieno centro storico, mentre a Cagliari si compra un trilocale nella periferia nord”. Con 250 mila euro a Milano in zona Farini (semicentrale) si acquista un trilocale, mentre a Roma si arriva in una zona più esterna, come la Borghesiana e si compra una porzione di villa quadrifamiliare. A Piacenza, zona Le Mose (periferia di qualità), si acquista un villino a schiera di circa 100 metri quadrati, mentre a Cagliari, nel caratteristico quartiere Pirri si può comprare un attico con terrazza. Solo investendo 600 mila euro, a Milano si acquista nel centrale quartiere Brera, ma solo un bilocale, mentre a Roma si può sperare in un trilocale nel residenziale quartiere Prati. Ma bisogna vivere a Piacenza per acquistare un appartamento di cinque vani in piazza Cavalli, pieno centro.
E ' fantastico tornare indietro nel tempo e comparare il mercato immobiliare del passato con i tempi presenti,altri ricordi non guasterebbero in questo topic anche partendo dai nuraghe.
 

Manlio

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Ritornano i casotti,il Poetto torna al passato.

CAGLIARI. Poetto: si torna indietro di ventitré anni. E non è necessariamente una cattiva notizia, soprattutto per il partito dei nostalgici:nel futuro del lungomare c’è il passato dei casotti.
Che potrebbero tornare in auge grazie alle ultime modifiche apportate al Piano di utilizzo del litorale:
spariscono i baretti prefabbricati e si ricostruiscono le vecchie strutture lignee ma in versione
moderna, con un corpo centrale circondato da un loggiato e uno spiazzo fronte mare dedicato ad
attività culturali e ricreative. Il Comune ha fatto proprie le proposte della Poetto service, il
consorzio che riunisce nove dei venti chioschi.
Una soluzione del genere non è nuova: per la precisione, è vecchia di qualche decennio. Quel
che è cambiato è un particolare di non poco conto: il progetto è diventato ufficiale grazie
all’integrazione nel Pul e per la sua attuazione il presidente della commissione Urbanistica
Massimiliano Tavolacci avrebbe preventivato circa un anno. Iter amministrativo e confronto
politico permettendo. Le premesse peraltro non sono entusiasmanti, come ricorda il presidente
della Poetto service Sergio Maxia: ‹‹Attendiamo uno strumento per il governo del lungomare dal
1986. Ora, sembra che ci sia qualche spiraglio››. Quando si dice: avanti adagio. Meglio: quasi
fermi. Eppure i tempi biblici di una storia infinita come quella che riguarda il restyling della
spiaggia dei centomila non hanno scoraggiato Maxia, che guarda al futuro con misurata fiducia e
accoglie positivamente le ultime integrazioni al Pul. ‹‹Le nuove strutture - prosegue il presidente
del consorzio - sorgeranno su pilotis ad un’altezza che il Comune intende fissare intorno ai 40
centimetri, mentre noi abbiamo chiesto di arrivare almeno a mezzo metro visti gli effetti delle
mareggiate che hanno colpito il Poetto negli ultimi tempi. Inoltre, i chioschi non sorgeranno a
bordo strada, come gli attuali, ma saranno sistemati a otto metri dall’asse viario››. Tra la strada e i
nuovi casotti, così come prospettato alcuni mesi fa dall’assessore all’Urbanistica Gianni Campus,
sarà realizzata un’ampia passerella in legno, anch’essa sopraelevata, dedicata ai pedoni. ‹‹Sotto
questa sorta di pedana - spiega Maxia - troveranno sistemazione i sottoservizi: impianti idrici, gas
di città, cavi elettrici e telefonici. Si tratta di una scelta eco-compatibile, che si differenzia
totalmente dai progetti realizzati in passato. Si chiude un’era caratterizzata dall’anarchia e
cominciata subito dopo l’abbattimento dei casotti, quando all’arrivo delle ruspe non ha fatto
seguito un disciplinare per la costruzione dei nuovi fabbricati e si è deciso di sistemare i
monoblocco in calcestruzzo che, a nostro parere, non sono certo consoni ad un ambiente così
delicato come il Poetto››. Insomma: secondo le premesse dovrebbe chiudersi un’era
contraddistinta da una totale una totale anarchia architettonica andata avanti per oltre vent’anni e
caratterizzata da ampliamenti e modifiche strutturali più o meno autorizzati. ‹‹Tutte le strutture
esistenti dovranno essere rimosse - prosegue Maxia - e si riparte da zero con la costruzione dei
“nuovi casotti”. Non dimentichiamo però che molti operatori hanno investito parecchi soldi, ed è
per questo che abbiamo chiesto al Comune una proroga sulle concessioni, in scadenza al
prossimo 31 dicembre e il rinnovo per almeno due anni››.
Qualcuno che ricordi i bei tempi di quando i casotti erano abitati da nuclei familiari intervenga informandoci sui costi e quanto utile sapere.
 

Manlio

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La tegola sarda.

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Bellissima foto del passato che ritrae il recupero delle tegole sarde.Anche oggi si cerca di recuperarle per il riutilizzo o la vendita(a prezzi non sempre accessibili) poichè la casa acquisisce la tipicità regionale.
 

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