giuliano olivati

Membro Ordinario
IL MUTUO COME MATRIMONIO TRA MATTONE E DENARO

La leva creditizia è fondamentale per spiegare un fenomeno che ha caratterizzato l’uscita dell’Italia dalla depressione post-bellica, il frazionamento e la diffusione della proprietà immobiliare. La proprietà fondiaria era tradizionalmente riservata all’aristocrazia terriera e ai latifondisti, sul versante agricolo, ai grandi gruppi come banche e assicurazioni sul versante urbano. La gente comune non possedeva il bene-casa ma lo prendeva in affitto. Il boom edilizio degli anni Sessanta, con lo sviluppo della cantieristica e l’espansione urbanistica delle città (chi non ricorda “Il ragazzo della Via Gluck”), si deve alla diffusione del mutuo fondiario, acceso dai costruttori per finanziare i cantieri e poi frazionato e ceduto pro quota agli acquirenti delle unità immobiliari. Il credito fondiario è il vero padre della diffusione e parcellizzazione della proprietà immobiliare in Italia.

Il mutuo diventa poi prodotto di sportello bancario negli anni Ottanta e Novanta, favorendo ulteriormente l’accesso alla proprietà immobiliare e portando la quota delle famiglie italiane “padrone a casa propria” tra l'80 e l’ 85 per cento, la percentuale di proprietari più alta nel mondo occidentale.
Nel 2007 la crisi dei mutui subprime si estende a macchia d’olio dagli Stati Uniti al mondo intero, sconvolgendo le dinamiche creditizie e mettendo a dura prova la tenuta delle banche, con alcune eccezioni come l’Italia, preservata dalla sua proverbiale prudenza finanziaria. Anche da noi comunque diventa difficile per le banche farsi prestare soldi da prestare ai clienti, e la riduzione del credito interbancario si traduce in stretta creditizia allo sportello. Ma resta diffusa tra gli analisti e l’opinione pubblica la convinzione che gli istituti di credito potrebbero fare di più, ma vengano frenati da un eccesso di prudenza. Il sospetto che i soldi ci siano, ma rimangano chiusi nelle riserve bancarie.

Per questo facciamo un appello, come Fiaip Bergamo, alle banche perché tornino a fare il loro mestiere, che è quello di prestare soldi ai clienti. Non è possibile passare da un estremo all’altro, dalla disinvoltura nella concessione dei mutui alla negazione del credito. La prudenza nell’esame della solvibilità del debitore non deve tradursi nel rifiuto del rischio, che è insito in qualsiasi operazione di affidamento. L’eccesso di garanzie richieste per fare un mutuo, già di per sé garantito dall’ipoteca sull’immobile, si traduce nel rifiuto di fare il mutuo. La doppia firma, le fideiussioni all’interno del nucleo familiare, le assicurazioni sulla vita o contro la perdita del lavoro sono sempre esistite, ma venivano richieste come condizioni alternative e non cumulative. Ora l’eccesso di garanzie pretese dalle banche rischia di portare al congelamento del settore dei mutui, volano fondamentale del mercato immobiliare.

Anche se siamo convinti che sia destinata ad aumentare la percentuale di cittadini che si rivolgeranno al mercato dell’affitto, non possiamo dimenticare che la vera cassaforte delle famiglie italiane è la casa, che dà stabilità economica, patrimoniale ed esistenziale. È necessario uno sforzo da parte delle banche per riportare alla normalità il settore del credito immobiliare e tornare a celebrare, attraverso il mutuo, quel matrimonio tra mattone e denaro che ha dato fondamenta solide al nostro tessuto sociale.

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