Graf

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Questa poi…
Puntualmente, ogni anno, a metà dicembre, il Ministero della Giustizia indice l’esame di abilitazione alla professione di avvocato. Esame duro e selettivo che, di solito, viene ripetuto dallo stesso candidato per 2 – 3 volte, in media, prima che riesca a superarlo.
Esso consiste in tre prove scritte e, se superate, in una successiva prova orale dove il candidato deve dimostrare la sua preparazione su 5 materie giuridiche liberamente indicate più su una di deontologia professionale.
Le prove scritte, della durata ciascuna di 7 ore e tenute in tre giorni consecutivi, hanno per argomento:
la redazione di un parere legale su materia di diritto civile;
la redazione un parere legale su materia di diritto penale;
la stesura di un atto giudiziale scelto dal candidato tra uno di diritto civile, penale o di diritto amministrativo.
Oggi, martedì 13 Dicembre, alla buon’ora, quasi 50.000 candidati si sono ammassati in palestre, centri congressi, grandi alberghi, fiere campionarie nei vari distretti di corte d’Appello d’Italia per dare inizio al tour de force della prova scritta di tre giorni. Solo 14.000 – 15.000 di loro accederanno all’esame orale;per gli altri ci sarà un’altra opportunità il prossimo Dicembre.
Sì, ma a voi cosa vi frega di questa notizia?
Non è certamente il primo anno che si tengono gli esami di abilitazione per iscriversi all’ Ordine degli avvocati.
Sì, ma è la prima volta, nella storia degli esami di abilitazione, che gli aspiranti avvocati dovranno scrivere e discettare su voi, cari agenti immobiliari.
Dovranno sudare le proverbiali sette camice mettendosi nei vostri panni, nelle vostre camicie, nelle vostre giacche.
Infatti, vi invito a dare una scorsa alla prima traccia del parere legale in materia di diritto civile:

Traccia n1
"L'agenzia immobiliare Beta, aveva ricevuto da Mevia un mandato per la vendita di un immobile di sua proprietà. L'incarico era stato conferito in forma scritta con validità di un anno.
Alla scadenza, non avendo l'agenzia immobiliare reperito un acquirente per detto immobile, Mevia aveva revocato per iscritto il mandato.
Mevia concludeva successivamente la vendita del suo bene, a mezzo dell'intervento di altra agenzia immobiliare, la Delta, alla quale la vendita era stata segnalata dalla agenzia Beta.
Il candidato assunta la veste di difensore della agenzia Beta, rediga motivato parere esponendo le problematiche sottese alla fattispecie in parola, in particolare l'eventuale riconoscimento parziale della provvigione".

Scommetto che questa traccia, se voi tutti foste stati lì, l’avreste elaborata come e meglio dei praticanti avvocati.
E’ il vostro duro pane quotidiano. Quello che faticate e guadagnate con il vostro sudore.
Per un giorno, è stato il pane quotidiano, chissà se duro oppure commestibile, di 50.000 aspiranti avvocati.
 

Graf

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Privato Cittadino
Mi sta venedo l’acquolina in bocca: proviamo a risolvere la questione giuridica che non ritengo, gia da subito, insormontabile.
Tanto, poi, chi se ne frega, se la soluzione é sbagliata non mi bocciano mica!:p

Articolo del Codice Civile da tenere presente, secondo me, nella redazione del parere:
Art. 1366 c.c. Interpretazione di buona fede
Art. 1375 c.c. Esempio di buona fede
Art. 1754 c.c. Mediatore
Art. 1755 c.c. Provvigione


Analizziamo, adesso, la questione de quo:
L’argomento giuridico in esame riguarda la problematica inerente l'insorgenza del diritto alla provvigione del mediatore.
Ci chiediamo: in quale momento esso sorge in maniera indiscutibile?
A tale proposito, innanzitutto, l'art. 1754 c.c. stabilisce che «è mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza».
Il successivo art. 1755 c.c., poi, indica due presupposti circa il sorgere del diritto alla mediazione: la conclusione dell'affare ed il fatto che essa sia avvenuta per effetto dell'intervento del mediatore.
Dal primo punto di vista si deve ritenere che la conclusione
dell'affare debba trasporsi in un rapporto contrattuale giuridicamente vincolante per le parti, le quali potranno essere abilitate ad agire per l'adempimento dei patti stipulati o in difetto per il risarcimento dei danni (da questo punto di vista anche la conclusione di un contratto preliminare fa sorgere il diritto alla provvigione). Dal secondo punto di vista è sufficiente dimostrare che la conclusione dell'affare possa direttamente ed immediatamente ricollegarsi all'opera svolta dal mediatore per l'avvicinamento dei contraenti purché tale attività costituisca il risultato utile della condotta posta in essere dal mediatore stesso.
In ogni caso il contratto deve essere eseguito ed interpretato secondo buona fede e secondo il combinato disposto degli artt. 1366 e 1375 c.c. L'obbligo di buona fede oggettiva o correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico espressione di un generale principio di solidarietà sociale.



Giurisprudenza.
Sentenze utili a sostegno della nostra tesi:
Cass. civ., 21-5-2010, n. 12527
In tema di contratto di mediazione, l'affare - da intendersi nel senso di qualsiasi operazione economica generatrice di un rapporto obbligatorio - deve ritenersi concluso, per effetto della messa in relazione da parte del mediatore, quando si costituisca un vincolo giuridico che abiliti ciascuna delle parti ad agire per l'esecuzione specifica del negozio o per il risarcimento del danno; ne consegue che, ai fini del riconoscimento al mediatore del diritto alla provvigione, è sufficiente che la sua attività costituisca l'antecedente necessario per pervenire, anche attraverso fasi e atti strumentali, alla conclusione dell'affare, rimanendo irrilevante che le parti originarie sostituiscano altri a sé nell'operazione conclusiva, ovvero una parte sia receduta dal preliminare.
(Nella fattispecie, la Suprema Corte di Cassazione ha, perciò, accolto il ricorso del mediatore e cassato con rinvio la sentenza impugnata, che aveva negato il diritto del ricorrente alla percezione della provvigione malgrado avesse messo in relazione le parti per la stipula del preliminare, non potendosi ritenere ostativi in proposito né il successivo recesso di una delle parti originarie né la circostanza che l'affare fosse stato poi definitivamente concluso con altro soggetto).

Cass. civ., 5-3-009, n. 5348
L'obbligo di buona fede oggettiva o correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico, espressione di un generale principio di solidarietà sociale, che, nell'ambito contrattuale, implica un obbligo di reciproca lealtà di condotta che deve presiedere sia all'esecuzione del contratto che alla sua formazione ed interpretazione, accompagnandolo, in definitiva, in ogni sua fase.
Affinché sorga il diritto del mediatore alla provvigione è sufficiente che la conclusione dell'affare possa ricollegarsi all'opera dello stesso svolta per l'avvicinamento dei contraenti, purché, però, tale attività costituisca il risultato utile della condotta posta in essere dal mediatore stesso e, poi, valorizzata dalle parti, senza che abbia rilievo in proposito, quando il conferimento dell'incarico sia avvenuto con patto di esclusiva per un determinato periodo di tempo, la circostanza che l'opera prestata dal mediatore sia stata ultimata in modo idoneo ed efficiente alla conclusione dell'affare successivamente alla scadenza del termine previsto, poiché la stipula di detto patto non è indicativa anche della volontà del preponente di rifiutare l'attività del mediatore profusa oltre il termine medesimo.

In base a queste sentenze traggo le seguenti conclusioni:
alla luce delle norme esaminate e della loro applicazione giurisprudenziale si deve ritenere che la stipula del contratto preliminare integri la conclusione di un affare ai sensi dell'art. 1755, comma 1, c.c. e che la previsione della durata dell'incarico di mediazione non sia rivelatrice della volontà del preponente di rifiutare l'attività del mediatore anche dopo la scadenza del termine.
Pertanto se, come nella fattispecie, l'affare si è concluso grazie all'intervento del mediatore, sorge, senza alcun dubbio,il diritto di quest’ultimo alla provvigione anche se il contratto viene stipulato oltre la scadenza.

Mi pare che il discorso fili; che ne ve pare?
 

Bagudi

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Esatto.
Mi ha colpito il fatto che la prima parola è "mandato", poi parla di incarico, poi ancora di mandato...

Se non la sanno nemmeno loro la differenza, siamo a posto !....:shock:
 

balletto

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nel 79 agli albori della mia carriera,
un principe del foro, mi domandò,
sai qual'è la differenza tra le nostre professioni?
io risposi tante!
lui mi disse NO una sola, voi dovete mettere d'accordo le parti, noi no!

"LITIGATE GENTE, LITIGATE"
 

Graf

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No, ho riportato la traccia in modo fedele.
Ormai si può trovare facilmente su internet:
"Traccie di diritto civile 2011".
L'altra é sul condominio ed é brevissima, a differenza del solito.

Palesamente si tratta di incarico scritto e la parola "mandato" é usata come sinonimo.
 

loggino

Membro Attivo
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Certo che è curioso che proprio il Ministero dela Giustizia
associ con tale disinvoltura i due termini, sorvolando sul fatto
che con il "mandato" il “mediatore” (che non è più tale e diventa "mandatario") agisce per conto di una sola parte (il venditore detto "mandante") ed ha diritto a ricevere il compenso soltanto da quest’ultimo (cfr art. 1754 cc).

Anzi.... già che ci siamo definiamola con meno approssimazione:

Il contratto di mandato può essere stipulato con o senza rappresentanza.
Nel secondo caso il mandatario agisce in nome proprio, acquista i diritti ed assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato.
Nel primo caso il mandatario agirà in nome e per conto del mandante, a tal fine il mandante conferirà al mandatario una procura, destinata a regolare i rapporti interni tra mandate e mandatario. Gli effetti giuridici degli atti compiuti dal mandatario (con rappresentanza) ricadranno nella sfera giuridica del mandante.

L'incarico di mediazione è davvero tutt'altro!
 

Graf

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A giugno sapremo quanti candidati avvocati avranno superato la prova sugli agenti immobiliari....;)
 

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