roberto.spalti

Membro Senior
Agente Immobiliare
A Maggio del 2008 stipulo un preliminare di compravendita per la vendita di un rudere schedato dal Comune e classificato come Restauro Conservativo (ammesso il recupero della volumetria esistente); tempo per la stipula dell'atto 31/12/2008. Incasso le provvigioni per mediazione.
Il preliminare viene stipulato con la clausola che nel caso in cui il Comune avesse negato le autorizzazioni lo stesso si sarebbe risolto con la sola restituzione della caparra versata al promittente la vendita.
L'acquirente perde tempo con la progettazione cercando di ottenere un locale tecnico o, barando un pochino sulle altezze, una piccola mansarda.
Accade che a Novembre 2008 il rudere viene inserito in zona di salvaguardia del Parco che ne blocca il recupero.
Rimandiamo verbalmente l'atto, tutti d'amore e d'accordo.
I primi di settembre l'acquirente dice di voler risolvere il preliminare e così faccio, il venditore restituisce la somma ricevuta.
Oggi mi chiama l'acquirente (il venditore ha detto che poiché ho lavorato per cercare di risolvere la cosa per oltre un anno le provvigioni erano dovute) e rivuole provvigioni.
La mia risposta è stata no; mi scriverà l'avvocato.
Il mio legale dice che ho diritto a tenerle poiché nel momento in cui il preliminare è stato redatto il fabbricato era commerciabile e recuperabile, inoltre il preliminare non è sottoposto a condizione sospensiva (altrimenti neanche le avrei chieste).
 

Maurizio Zucchetti

Fondatore
Membro dello Staff
Agente Immobiliare
Secondo me, usando il buon senso, sembra che il tuo legale abbia ragione! :ok:
Non c'erano condizioni sospensive, il preliminare è andato a buon fine, cosa è successo poi fra Venditore-Acquirente-Comune NON PUO' e NON DEVE essere responsabilità tua. Ricordiamoci che il Codice Civile prevede che il diritto alle provvigioni maturi in sede di presa conoscenza dell'accettazione della proposta .. vabbè essere corretti e professionali, ma dopo un anno...! :shock:

;)
 

Roby

Fondatore
Agente Immobiliare
Se lo sottoponevi a condizione risolutiva restava il diritto alle provvigioni è la differenza sostanziale tra la sospensiva e la risolutiva.

Credo che il tuo caso sia abbastanza chiaro, l'affare era concluso senza condizioni non hai colpe.
 

Manlio

Nuovo Iscritto
Agente Immobiliare
Maurizio Zucchetti ha scritto:
Ricordiamoci che il Codice Civile prevede che il diritto alle provvigioni maturi in sede di presa conoscenza dell'accettazione della proposta ..

@ Maurizio.

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 18024 pubblicata l'8/06/2004 il Tribunale di Roma, accogliendo l'opposizione proposta da V.L. e M.O., ha revocato il D.I. n. 10669/2001 emesso dal Presidente a favore di D.B., titolare dell'agenzia E. di Roma, respingendo la di lei domanda volta ad ottenere dagli ingiunti il pagamento della somma di Lire 12.000.000 oltre IVA quale provvigione spettantele per la mediazione svolta per l'acquisto dell'appartamento sito in Roma alla Via (omissis), posto in vendita da P. e L.M., in virtù della clausola della scrittura 25/01/2001, contenente proposta irrevocabile di acquisto, con la quale i proponenti compratori si obbligavano a pagare il compenso mediatorio anche "in caso di revoca della presente proposta ovvero di mancata sottoscrizione del contratto preliminare per mio fatto o colpa".
Il primo Giudice infatti, premesso che la B. non si era presentata a rendere l'interrogatorio formale deferitole, ha ritenuto che gli opponenti non si fossero sottratti colpevolmente alla sottoscrizione del preliminare, poiché non avevano ricevuto tempestivo invito alla conclusione del preliminare, e che quindi la B. non avesse diritto alla provvigione, perché la stessa mediatrice non aveva loro comunicato "le circostanze ..... che avrebbero indotto le parti a concludere il contratto con diverse condizioni e clausole", in particolar modo in ordine alla diversa titolarità dell'immobile quale risultante dai pubblici registri; infine che la sottoscrizione della proposta e l'invio dell'accettazione dei venditori non rappresentava un accordo giuridicamente vincolante e costituiva una mera fase preparatoria del preliminare medesimo.
Avverso detta pronuncia ha proposto appello D.B., con citazione notificata il 19/11/2004, con il quale ne censura tutti i cardini argomentativi, concludendo per il rigetto dell'opposizione e vittoria delle spese di entrambi i gradi. Si sono costituiti gli appellati, i quali rilevano l'infondatezza del gravame, ribadiscono di aver dimostrato nel precedente grado di non aver potuto esaminare alcun documento di provenienza della proprietà dell'immobile in capo ai venditori, e chiedono la conferma della sentenza impugnata. I procuratori delle parti hanno quindi rassegnato le conclusioni definitive all'udienza collegiale dell'11/04/2008; alla scadenza dei termini di cui all'art. 190 co. 1 c.p.c. la Corte ha ritenuto la causa in decisione.

Motivi della decisione.

Con la prima doglianza la B. deduce l'irrilevanza della circostanza, ritenuta invece decisiva dal primo Giudice, della mancata convocazione dei promittenti acquirenti alla sottoscrizione del preliminare: perché il mediatore non aveva alcuna facoltà di invitare le parti a contrarre, perché le parti si erano già impegnate all'acquisto e, rispettivamente, alla vendita, perché gli acquirenti avrebbero potuto essi stessi provvedere all'invito; e con l'ultima censura, alla prima strettamente connessa, contesta l'affermazione del Tribunale che le parti non avessero ancora assunto reciprocamente gli obblighi ed i diritti scaturenti da un vero accordo preliminare.
In effetti se è vero che il mediatore nel corso della trattativa non ha il potere di obbligare le parti ad addivenire ad incontri, è pur vero che rientra tra i suoi obblighi contrattuali di comunicare alle parti le circostanze note che possano influire sulla sicurezza dell'affare (art. 1759 c.c.), ed a tal fine la B. avrebbe dovuto assumere una qualche iniziativa idonea a chiarire gli aspetti rimasti non definiti circa la titolarità dell'immobile. Sotto il secondo profilo, non risponde al vero che le parti avessero già assunto un impegno vincolante, che altrimenti non vi sarebbe stata necessità di invocare la clausola che prevedeva il pagamento anche in ipotesi di revoca della proposta o mancata conclusione colposa del contratto. Invero la dichiarazione di accettazione della proposta dei M., inviata ai coniugi O. - L. a mezzo di telegramma non sottoscritto, consente di ritenere che l'attività negoziale posta in essere dalle parti non avesse superato lo stadio dei "meri rapporti giuridici preparatori".
Va invero ricordato che, trattandosi di atti traslativi relativi a beni immobili, la proposta e l'accettazione, per pervenire ad un risultato contrattuale perfetto, non solo debbono essere sottoscritti dai contraenti (nella specie mancherebbe la sottoscrizione degli accettanti), ma quegli atti, in ragione della loro natura recettizia, debbono essere diretti all'altra parte e da questa ricevuti, mentre la proposta rilasciata nelle mani del mediatore non ha un inequivoco significato di impegno vincolante espresso alla controparte (che nella specie neppure emerge dal contesto del documento); essi infatti hanno generalmente mera funzione di manifestazione di impegno verso il mediatore (a garanzia del quale vengono rilasciati) di serietà della volontà di trattare per concludere l'affare; sicché in mancanza della prova della ricezione, da parte degli ipotetici destinatari, dei documenti contenenti rispettivamente la proposta e l'accettazione non può predicarsi l'esistenza di un accordo negoziale di carattere vincolante per entrambe le parti. Infine, per quanto concerne l'ultimo rilievo dell'appellante, i proponenti avevano spiegato le ragioni delle loro perplessità e, non avendo ottenuto alcuna tempestiva e soddisfacente risposta da parte del mediatore, non avevano alcun obbligo di provocare l'incontro per la conclusione del preliminare, dalla quale anzi intendevano astenersi in mancanza dei richiesti chiarimenti e garanzie.
Con la seconda censura l'appellante lamenta che il Tribunale avrebbe stravolto arbitrariamente i fatti provati, ignorando che ella aveva dato immediata comunicazione ai promittenti acquirenti del fatto che i venditori avevano ricevuto la proprietà dell'immobile per successione dal padre, e che proprio in virtù di tali assicurazioni i sigg.ri O. - L. avevano sottoscritto la proposta irrevocabile, negando poi, a mezzo del proprio legale, di aver ricevuto informazioni sulla provenienza del bene.
In verità la B. ha sempre affermato, ma in alcun modo dimostrato, di aver immediatamente informato i proponenti del fatto che l'appartamento era pervenuto ai M. per successione dal defunto padre: ciò nonostante che ancora con lettera 14/02/2001 (prodotta dall'opposta) il legale dei proponenti avesse contestato all'E. la mancata giustificazione del titolo dei venditori a disporre dell'immobile ed il 19/02/2001 avesse ribadito che la visura immobiliare avesse dato esito negativo per la voltura della denuncia di successione, pur risalente a circa due anni prima. Anzi è sintomatico che, dopo la prima richiesta di chiarimenti da parte dei proponenti, abbia - immediatamente reagito con il telegramma 8/02/2001 con il quale dichiarava che "si ritiene libera, come ritiene liberi anche i promittenti venditori, di concludere un contratto di vendita con terzi ....", così di fatto le parti; ammettendo poi, tramite il dott. E.C. (lettera 16/02/2001), probabilmente suo consulente legale, che "copia dei documenti è ora in mio possesso", e lasciando intendere che tali documenti non erano già stati consegnati ai proponenti acquirenti; mentre appare una tardiva correzione di posizione, in carenza di idonea prova, la successiva affermazione, contenuta nella lettera del medesimo dott. C., che i proponenti aveva già ricevuto la stessa documentazione.
Al rigetto dell'appello segue la condanna dell'appellante alla rifusione delle ulteriori spese del presente grado, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, definitivamente pronunciando sull'appello proposto da D.B. avverso la sentenza n. 18024 del emessa dal Tribunale di Roma nel giudizio pendente tra essa appellante e V.L. e M.O., così decide:
a) rigetta l'appello e per l'effetto conferma la sentenza impugnata;
b) condanna D.B. a rifondere agli appellati le spese del presente grado (…)

Depositata in Cancelleria l'8 gennaio 2009.
 

caviapp

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@Manlio

ma successivamente la Corte di Cassazione ha teso a ravvisare l'avvenuta conclusione dell'affare in una proposta di acquisto, accettata dalla controparte, ancorche' l'accordo stabilisse in un momento successivo la data per la stipula del preliminare, previsione ritenuta mirante soltanto a riprodurre in forma piu' sicura un contratto gia' concluso (v. Cass. Civ. Sez. II, 25 ottobre 2005, n. 20653, e Cass. Civ. Sez. III, 14 luglio 2004, n. 13067)"
 

Manlio

Nuovo Iscritto
Agente Immobiliare
caviapp ha scritto:
@Manlio

ma successivamente la Corte di Cassazione ha teso a ravvisare l'avvenuta conclusione dell'affare in una proposta di acquisto, accettata dalla controparte, ancorche' l'accordo stabilisse in un momento successivo la data per la stipula del preliminare, previsione ritenuta mirante soltanto a riprodurre in forma piu' sicura un contratto gia' concluso (v. Cass. Civ. Sez. II, 25 ottobre 2005, n. 20653, e Cass. Civ. Sez. III, 14 luglio 2004, n. 13067)"

@ Caviapp
L'ultima sentenza è successiva a quella della Cassazione, non credo(ma potrebbe capitare)che nel collegio di un procedimento nessuno conosca o si informi delle sentenze di Cassazione.
 

il casale

Membro Attivo
Agente Immobiliare
Ciao Roberto,
già capitato anni fà per una vendita effettuata di un immobile in fase di ristrutturazione completa + sopraelevazione. Preliminare + provvigioni riscosse. Dopo sei mesi il vicino dei promittenti venditori intima il blocco dei lavori perchè l'edificio viene rialzato senza il suo consenso (problema delle distanze e vedute sulla sua proprietà). Il Comune blocca le autorizzazioni. Il venditore chiede agli acquirenti se sono disponibili ad accontentarsi della stessa superficie su un solo piano (e non su 2 piani come da preliminare), riservandosi in un futuro di costruire il piano superiore ad altri quando avranno risolto la vertenza legale con il vicino. Gli acquirenti non accettano perche non vogliono nessuno sulla loro testa. Recesso delle parti. Richiesta di restituzione mediazione acquirente. Risposta negativa. Il venditore ha restituito le somme a titolo caparra + acconti + interessi + mediazione pagata all'agenzia.
 

Manlio

Nuovo Iscritto
Agente Immobiliare
@ Caviapp

25/05/2009 Mediazione e conclusione dell'affare: la prova del diritto alla provvigione
(Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza n. 5339 del 05/03/2009 - Avv. Raffaele Plenteda)

La Corte di Cassazione torna ad occuparsi del problema legato all'individuazione del fatto generativo del diritto alla provvigione del mediatore soffermandosi, in particolare, sul criterio di distribuzione del relativo onere della prova tra mediatore e contraenti.

Nella fattispecie, la questione sorge in considerazione del fatto che il primo contatto tra le parti, che successivamente stipuleranno la compravendita immobiliare, avveniva attraverso il mediatore, il quale, su richiesta del compratore, sottoponeva al venditore una offerta d’acquisto che, tuttavia, non veniva accettata perché ritenuta inadeguata.
Successivamente, le parti, che peraltro si conoscevano personalmente già prima dell'intervento del mediatore, concludevano l'affare ad un diverso prezzo.

Il mediatore sostiene che l'affare è comunque riconducibile al suo intervento e, pertanto, ritiene di aver maturato il diritto alla provvigione.
I contraenti sono di diverso avviso, sostenendo che l'affare è stato concluso per effetto di un'autonoma evoluzione della vicenda, legata ai precedenti rapporti tra di loro e non all'attività svolta dal mediatore.

L'impostazione proposta dalla Corte di Cassazione, che interviene dopo le alterne soluzioni prospettate dalle Corti di merito, passa attraverso la corretta definizione dell’onere della prova, ispirata al criterio di distribuzione elaborato dalla giurisprudenza in tema di inadempimento contrattuale.

Secondo l'orientamento ormai definitivamente consolidato, infatti, "in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa". (Cass. s.u. n. 13533/01)

In tema di mediazione, ne deriva che il mediatore, che agisca in giudizio per ottenere il pagamento delle provvigioni, deve provare la fonte del suo diritto, ossia la propria opera consistita nel mettere in relazione due o più parti e la successiva conclusione dell'affare e limitarsi ad allegare che l'affare è frutto del suo intervento presso le parti. Raggiunta tale prova, competerà alle parti contraenti dimostrare che l'affare concluso, per le sue caratteristiche economiche, non sia riconducibile a quello originariamente intermediato.

La Corte di Cassazione, inoltre, precisa che la prova "liberatoria" posta a carico dei contraenti non deve fondarsi su "elementi di contorno afferenti ai comportamenti delle parti", ma al solo dato oggettivo rappresentato dalle specifiche caratteristiche economiche dell'affare.

Nota dell'Avv. Raffaele Plenteda

Questa è ancora più recente,vedi un pò ;) .
 

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