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Agente Immobiliare
Quando l’annuncio è in rima. Si vendono più case con la poesia?
Non basta sprecare aggettivi. C’è la crisi del mercato, i prezzi degli immobili scendono, un cartello «vendesi» spunta a ogni angolo. E allora anche l’annuncio deve adeguarsi all’epoca: due righe aride e impietose, che lascino trapelare le imperfezioni dell’appartamento non sono più accettabili. Serve qualcosa in più e molti l’hanno scovato nella poesia, cioè un’arma che pareva ormai spuntata e, in ogni caso, del tutto fuori luogo per cercare di vendere o far soldi. Per lisciare il potenziale cliente, per rendere credibile e appetibile, apparentemente chiaro ma anche furbescamente ambiguo, che cosa c’è di meglio che ricorrere alla retorica e ai suoi trucchi millenari? Tono aulico e sostantivi inusuali, giochi di parole, costruzioni solenni: i nuovi «poeti dell’immobiliare» si sono conquistati un posto nel panorama del mercato e perfino una pagina sul New York Times. Perché vendere una casa non è uno scherzo: soprattutto nella Grande mela dove i clienti sono più che esigenti. E dove, come in tutte le altre metropoli, non sempre le parole corrispondono alla realtà. Ma se bisogna vendere sogni, la fantasia è la chiave del successo: almeno qualcuno si fermerà a leggere l’annuncio, magari farà pure una telefonata.

Ci vuole il linguaggio giusto, quello del settore; e poi la sensibilità, il gusto della figura retorica, l’abilità di far suonare realistico ciò che è considerato in partenza un’esca. Ma c’è esca ed esca, e modi diversi di lanciarla. Per esempio c’è una signora, a New York, che è la maestra del genere: si chiama Valerie Haboush, si è laureata in giornalismo alla New York University e poi è passata al suo nuovo impiego, scrivere annunci che non sembrino annunci, ma piccoli componimenti. Il compenso è adeguato: da 150 a 250 dollari per ogni pezzo commissionato. Per le grandi agenzie immobiliari lei è la migliore, quella che conosce l’ingrediente segreto per il successo di ogni annuncio. Tanto che Valerie Haboush si occupa anche di un’altra faccenda delicata: preparare le biografie degli agenti. «Ne posso scrivere una in un’ora, anche cinquanta in una settimana» ha spiegato al New York Times.

Non è che sia necessario mentire, qualche volta è sufficiente soprassedere. E calcare un po’ la mano: se nella zona regna un silenzio di tomba, per esempio, parlare della «placida calma del fiume»; se una villetta è sommersa di cianfrusaglie elogiare la «casa ristrutturata e impregnata di storia personale». Tutto suona più familiare, quasi piacevole. Quasi attraente. Servono parole come «epitome», anche se si tratta dell’epitome del monolocale, o «baldoria», perché la confusione dei locali non è elegante, verbi come «sovrastare» (il panorama) o «risvegliare» (i sensi). Eco, magari un po’ vaghe, di favole dell’infanzia: «Le cose migliori vanno incontro a chi sa aspettare». Poi la poesia non deve dimenticare il marketing: «Vai avanti... E lasciati impressionare» oppure «scopri il valore vero» che, in tempi di ristrettezze, è sempre rassicurante. C’è qualche regola da seguire: nessun riferimento a politica o a religione (per esempio, se nei dintorni c’è una sinagoga, definirla «un famoso edificio simbolico»); nessun accenno a «brevi camminate» fra la casa in periferia e la stazione («E se il cliente è disabile e non può camminare? Bisogna dire “vicino”» spiega Haboush).

La materialità di prezzi, materiali, piani (rialzati o attici), scantinati e parcheggi introvabili è roba vecchia. Ciò che conta è lo spirito. E quindi, alla fine, la poesia s’è presa la sua rivincita, dopo tanti secoli in cui è stata accusata di non portare né monete, né fama, né pane. Una questione d’invidia, si direbbe: al momento del bisogno, ecco che torna utile. «Perché i poeti nel tempo della povertà?» si chiedeva Martin Heidegger all’epoca dei Sentieri interrotti, cioè all’inizio degli anni Cinquanta, e la domanda nasceva da una poesia di Hölderlin, cioè si va indietro nell’Ottocento e quindi, due secoli dopo, ecco finalmente la risposta, comprensibile a tutti e non solo ai patiti del filosofo tedesco: i poeti nel tempo della povertà servono a far vendere le case. E nessuno dica che non sono poeti, per invidia, di nuovo. Al massimo è un po’ di retorica.

viaQuando l’annuncio è in rima Casa si vende con la poesia - Interni - ilGiornale.it del 30-05-2009.
 

Limpida

Membro Senior
Agente Immobiliare
Con tutta questa concorrenza, la poesia può essere un modo per distinguersi e per distinguere gli immobili, dandogli un'anima, che senza di quella sarebbero solo cemento, uguale agli altri, per questo motivo potrebbe favorire l'acquisizione di clientela, ma é molto difficile conservare quest'arte praticando il mestiere di agente immobiliare e forse la signora di New York non fa il nostro mestiere. La poesia non si impara,non ha regole, sboccia improvvisa, senza scadenze, oggi c'é e domani la puoi perdere, sopratutto se corri quotidianamente dietro alle mille incombenze di questo lavoro, fatto di precisione, scadenze, concentrazione, di corse con il tempo, per portare a casa il pane quotidiano. :confuso:
 
A

Abakab

Ospite
Con la pioggia od il sereno si lavora un anno intero
e di lena mostriam le case su e giù sino ad esser fuori fase
ci facciamo un grande mazzo ma con rima o senza rima non si vende proprio un c ....... !!!!
:^^:
 

fumo

Membro Ordinario
Privato Cittadino
Io dovessi visitare un immobile gradirei un po' di aulicità, ma senza forzare la mano e soprattutto rendendosi conto dei propri limiti, senza scadere nell'esaltazione fine a sè stessa.

Colgo l'occasione per notare che ultimamente i rari eventi in cui si ha occasione di sentire 2 rime in croce sono le letture dei papiri di laurea o le "poesie" di matrimonio in onore degli sposi. Generalmente, il tutto si limita al riportare in fondo al verso il predicato verbale all'infinito (are, ere, ire), in una stucchevole cantilena che induce il pubblico a cercare con gli occhi la più vicina bottiglia contentente bevanda pesantemente alcolica.

Giovanni e Mariarosa si vogliono sposare
gli amici in coro dicono "ma chi ve lo fa fare"
ma Giovanni alla sua bella un bacio vuole dare
e allora via, ché "questo matrimonio s'ha da fare"

Udiamo i passerotti con il loro cinguettare,
d'intorno i cuoricini riempion l'aere d'amore
"Non c'era una bottiglia di Jack Daniels?" - chiede zio
"Finita!" - gli rispondo- "me la son scolata IO!"
 

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