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INFORMATIVA SULLA MEDIAZIONE
VADEMECUM PER L’AMMINISTRATORE

Il d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28 ha definito la mediazione l’attività svolta da un terzo imparziale finalizzata a ricercare un accordo amichevole per la soluzione di una controversia sorta tra due o più soggetti; infatti, all’art. 1 fornisce le definizioni di: mediazione, mediatore, conciliazione, organismo e registro (degli organismi).
Lo scopo è quello di agevolare una conciliazione tra due parti configgenti che sia concordata tra loro stesse.
L’organismo di mediazione accreditato presso il Ministero della Giustizia, e scelto dalla parte procedente, deve garantire l’imparzialità e l’idoneità del mediatore incaricato di procedere alla mediazione, anche in relazione al d. m. 18 ottobre 2010, n. 180, come integrato dal d. m. 6 luglio 2011, n. 145.

Il mediatore deve mantenere il più assoluto segreto di quanto a lui riferito dalle parti, tanto da essere esonerato dal testimoniare in un eventuale successivo giudizio.
Al fine di diffondere l’istituto della conciliazione il legislatore ha posto un obbligo a carico degli avvocati di segnalare ai propri clienti sia la facoltà di avvalersi della procedura de qua, sia la condizione di procedibilità della eventuale susseguente azione giudiziaria per le fattispecie previste obbligatorie tra le quali la “materia di condominio”.

Deve preliminarmente osservarsi che tutti gli interpreti che si sono confrontati con il nuovo istituto della mediazione lo qualificano come un procedimento non contenzioso, a contenuto non giuridico e volto a superare i conflitti sulla base di una gestione psicoemotiva delle pulsioni, delle istanze soggettive e delle tensioni: tanto ciò è vero che non è necessaria l’assistenza tecnica di un difensore, che il mediatore deve avere specifiche competenze in campo psicologico e che il procedimento prescinde dalla applicazione “stretta” dei principi di diritto che regolano la materia.

L’eventuale accordo arriva dall’intervento di un soggetto particolarmente versato nella gestione dei conflitti sotto il profilo psicologico, esattamente come avviene – da tempo – nelle mediazioni familiari.

E’ tuttavia evidente che se tale è la portata e la natura della mediazione, l’amministratore con difficoltà può essere visto come legittimato attivo o passivo del procedimento, posto che egli è mandatario dei condomini sotto il profilo giuridico ma non è certo il loro rappresentante emotivo. E dunque, affinchè la ratio della mediazione possa esprimersi, al procedimento dovrebbero partecipare – così come in passato accadeva per talune materie anche in campo giudiziale – tutti i condomini, poiché solo su di loro (che sono le parti effettivamente in causa, titolari del diritto e della capacità di gestire i relativi conflitti e mediarli) può avere un qualche effetto il procedimento di mediazione.

Altrettanto evidente appare che la mediazione di un conflitto su tali basi non può avvenire a maggioranza.
Tale prima eccezione potrebbe divenire una prassi da parte dell’amministratore chiamato dinanzi ad un ufficio di conciliazione.
Nel merito invece, dal punto di vista dell’amministratore di condominio, e dei legali chiamati a tutelarlo, due sono le problematiche (fra le tante) che paiono di più complessa soluzione, considerata la lettera dell’art. 5 D.Lgs.28/2010.
La prima è relativa all’espressione “controversia in materia di condominio”; la seconda concerne le maggioranze con cui l’assemblea può (rectius, deve) autorizzare l’amministratore a partecipare al procedimento di mediazione e – eventualmente - a conciliare la “controversia”.
La legge sul punto nulla dice di preciso, limitandosi alla generica espressione cause condominiali. Le interpretazioni vanno da quegli interpreti più rigorosi, che vedono in tale espressione solo le cause di cui all’art. 7 c.p.c. relative alla misura ed alle modalità d’uso dei servizi condominiali e che la norma attribuisce alla competenza del giudice di pace, sino a coloro che danno una interpretazione estensiva della locuzione usata dal legislatore e vi fanno rientrare ogni controversia che veda come parte il Condominio.
Allo stato l’interpretazione più equilibrata fa ritenere che la materia condominiale sia relativa esclusivamente alle vertenze interne al condominio, riguardanti la violazione o l’errata applicazione degli articoli da 1117 a 1139 c. c. e da 61 a 72 disp. att. cod. civ.

Sarebbero escluse tutte le controversie in tema sia di inadempienza contrattuale, quale quella concernente i vizi di opere eseguite da un appaltatore su parti comuni dello stabile, sia di risarcimento dei danni, quale quella conseguente a infiltrazioni d’acqua da un lastrico solare. Peraltro un’interpretazione pro amministratore, nel dubbio e nel silenzio della legge, dovrebbe condurre a ritenere condominiali tutte quelle controversie che vedono il Condominio come parte, atteso che il richiamo del combinato disposto degli art. 1130, 1131 e 1136 cod. civ. – in uno con la lettura di Cassazione SSUU 6 agosto 2010 n. 18331 – fanno ritenere che la materia condominiale copra ogni vicenda che attiene a parti comuni, su cui l’assemblea abbia titolo a deliberare ed in cui l’amministratore abbia rappresentanza del Condominio.

Complessa è anche la questione delle maggioranze deliberative. Si deve considerare, però, che la nozione di conciliazione, negoziata al termine del procedimento di mediazione, è differente da quella della transazione prevista dall’art. 1965 c. c..
La prima, se omologata dal presidente del Tribunale, costituisce un titolo esecutivo mentre la transazione è solo un contratto che può essere risolto per inadempimento e, pertanto, per l’esecuzione del medesimo necessita di una sentenza di condanna.

Pur con i dubbi interpretativi sopra individuati pare dunque opportuno suggerire le seguenti linee di riflessione e di condotta:
  1. Non prevdendo la legge una competenza territoriale, il procedimento di mediazione può essere promosso avanti un Organismo che ha sede anche lontana dal luogo ove è sito lo stabile condominiale; in questo caso se la distanza è notevole l’assenza del condominio è giustificata e non dovrebbe condurre ai meccanismi sanzionatori previsti dalla legge per la mancata partecipazione;
  2. posto che la mediazione è condizione di procedibilità dell’azione civile, il Condominio può esservi sottoposto sia che intenda promuovere un giudizio, sia che si veda chiamato dinanzi al mediatore come convenuto. In tali casi appare di ragionevole prudenza adottare - per quello che il legislatore qualifica come una fase necessaria e antecedente ad ogni procedimento giudiziale - le stesse norme di condotta delineate di recente dalla Sezioni unite della Cassazione e poco sopra riportate, applicandole cum grano salis alle peculiari caratteristiche del procedimento di mediazione :
    • a) se la materia del contendere riguarda i poteri dell’amministratore previsti dall’art.1130 c.c., questi può partecipare alle sessioni del procedimento anche privo di autorizzazione assembleare; sotto tale profilo appare peraltro utile che egli compia tale attività al solo fine di evitare di incorrere nelle sanzioni di cui all’art. 8 D.Lgs 28/2010, chiedendo poi termine per munirsi di delibera per ogni ulteriore attività che comporti disposizione dei diritti controversi
    • b) se la controversia esorbita dai suoi poteri deve convocare un’assemblea e ove non abbia il tempo necessario può intervenire alla prima sessione, chiedendo tuttavia al mediatore immediato termine per convocare un’assemblea.
  3. Va sottolineato che la mancata partecipazione al procedimento, senza che vi sia un giustificato motivo può comportare - ai sensi dell’art. 8 D.Lgs. 28/2010 - conseguenze pregiudizievoli: in tal caso, ove alla mediazione segua una normale controversia, il giudice potrà desumere dalla mancata partecipazione argomenti di prova. Tale disposizione pare assai singolare, atteso che nell’ordinamento processuale penale e civile l’inattività delle parti è una scelta legittima da cui non si possono desumere conseguenze; nel campo della medizione invece di tale previsione l’amministratore dovrà tener conto particolare per evitare di esporre il Condominio (e se stesso) a particolari conseguenze sfavorevoli. Va ancora osservato che, ove la successiva sentenza abbia un contenuto analogo alla proposta di mediazione non accettata, l‘art. 13 del D.Lgs 28/2010 prevede ulteriori conseguenze negative sotto il profilo delle spese. Si tratta di norme a forte sospetto di incostituzionalità, tuttavia l’amministratore, onde tenere una condotta che non lo esponga a possibili ripercussioni negative dovrà sempre presentarsi al procedimento, anche solo per chiedere il termine per munirsi di apposita delibera come sopra illustrato sub a) e sub b) e dovrà sempre porre particolare attenzione a non assumere iniziative autonome su tali punti, rimettendo ogni decisione alla assemblea (atteso che la partecipazione comporta comunque spese anche per il convenuto).
  4. Certamente l’amministratore può autonomamente richiedere un decreto ingiuntivo nei confronti di un condomino moroso, salvo ricorrere al procedimento di mediazione nel caso di opposizione.
  5. L’amministratore può anche autonomamente radicare un accertamento tecnico preventivo e costituirsi in esso per il condominio, sempre che il relativo oggetto rientri nei suoi poteri.
  6. Nelle ipotesi sopra previste, salvo che per le fasi monitorie, di urgenza o a carattere preventivo, è sempre opportuno che l’amministratore si munisca di apposita delibera autorizzativa
  7. pare sempre opportuno che l’amministratore partecipi al procedimento di mediazione con l’assistenza di un difensore, onde essere assistito nelle scelte e nell posizioni che assumerà, e che tale nomina venga decisa dall’assemblea di cui ai precedente punti 2 e 5
  8. Nel silenzio della legge pare sensato ritenere che la partecipazione del condominio al procedimento di mediazione debba essere approvata con le stesse maggioranze previste per le liti, ovvero la maggioranza dei condomini intervenuti all’assemblea rappresentanti almeno la metà del valore millesimale.
  9. La eventuale sottoscrizione della conciliazione deve essere approvata con la stessa maggioranza, pur sussistendo alcune perplessità atteso che la natura conciliativa e transattiva del provvedimento che chiude in maniera favorevole la mediazione potrebbe essere ritenuto un atto che richiede la totalità dei consensi degli appartenenti al condominio.
  10. parrebbe utile, ove si giunga ad un provvedimento di conciliazione, una clausola penale in caso di sua inosservanza.
  11. parrebbe altresì utile che l’amministratore convochi quanto prima una assemblea che deliberi una integrazione del regolamento ove si prevedano quantomeno le modalità operative per la partecipazione del condominio al procedimento di mediazione, stabilendo precisi adempimenti da parte dell’amministratore circa comunicazioni, modalità di partecipazione e difesa tecnica, seppur non obbligatoria. Evidentemente tale tipo di delibera dovrebbe arrivare a rivestire natura contrattuale, raccogliendo l’adesione, anche ex post, di tutti condomini in forma scritta.
  12. è opportuno che l’amministratore., all’atto della presentazione del preventivo e del conferimento dell’incarico, indichi separatamente le sue competenze per la partecipazione ad eventuali procedimenti di mediazione
  13. Sono espressamente escluse sia le procedure cautelari, sia i procedimenti in camera di consiglio, quali, quelli concernenti la revoca dell’amministratore del condominio ex art. 1129 c. c. sia i ricorsi per decreti ingiuntivi, sino all’eventuale loro opposizione.
  14. non sono invece esclusi, ove la materia vi rientri, i procedimenti introdotti con il rito sommario di cui all’art. 702 bis c.p.c. (ordinanza Trib. Varese 20.1.2012)
  15. La domanda di mediazione produce la sospensione dei termini di prescrizione e impedisce la decadenza per una sola volta.
Ulteriori complesse problematiche attengono alla natura di titolo del provvedimento che conclude la mediazione, alla sua esecuzione in via forzosa, alla sua trascrivibilità quando riguarda negozi di accertamento di diritti reali (quali l’accertamento della usucapione), profili che tuttavia attengono al versante più propriamente giuridico e di cui è opportuno si interessi il legale cui l’amministratore è bene si rivolga sin dall’inizio della mediazione.

Va infine osservato che molti appaiono i profili di dubbia costituzionalità di tale normativa, già sollevati da Giudici della Repubblica, anche con riguardo ad aspetti che attengono al campo immobiliare; a tal proposito gioverà segnalare che – da ultimo - il Tribunale di Genova ha rimesso la questione alla Corte Costituzionale con ordinanza 18.11.2011 ove ha rilevato che la normativa in tema di mediazione obbligatoria appare contraria al dettato costituzionale ove prevede:
  1. l’obbligo di mediazione solo per alcune materie di cui all’art. 5 I comma D.Lgs 28/2010, creando così una disparità fra cittadini nell’accesso alla giustizia ordinaria
  2. l’impossibilità, per il combinato disposto dell’art. 5 D.Lgs 28/2010 e 2653 comma 1 cod.civ., di trascrivere la domanda di mediazione e direttamente il verbale di mediazione per gli atti di accertamento di diritti reali (si pensi a servitù e usucapione), con efficacia prenotativa della prima anche rispetto al provvedimento giurisdizionale conclusivo del procedimento giudiziario (questione di particolare rilievo in campo immobiliare)
  3. la prevista possibilità di non aderire al procedimento per il solo convenuto, mentre l’attore deve obbligatoriamente esperirlo
  4. una condizione obbligatoria di procedibilità con onerosità aggiuntiva rispetto al contributo unificato delle cause ordinarie
Preso atto delle criticità specifiche che la normativa in tema di mediazione presenta per l’amministratore, e sulle quali è bene che l’associato si soffermi con particolare attenzione, è comunque opportuno rilevare che si tratta di normativa che - almeno sino a quando e se interverrà un provvedimento ablativo della Corte Costituzionale – costituisce legge dello Stato che chiunque è chiamato ad osservare.

Per tale ragione, onde assicurare ai propri associati condizioni favorevoli e competenza specifica, la dirigenza Anaci ha comunque posto in essere strumenti e convenzioni che consentiranno all’associato di accedere al procedimento con particolari garanzie e benefici.

Centro studi Nazionale
Informativa a cura dell’Avv. Massimo Ginesi
con la collaborazione di Marina Figini, Pier Maria di Giovanni, Ferdinando Della Corte, Bruno Piscitelli, Gennaro Guida, , Raffaele Caratozzolo
 

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