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La Cassazione ha di recente deciso una controversia che riguardava l’accertamento se i locali adibiti ad alloggio delle due portinerie di uno stabile condominiale rientrassero nella proprietà comune pro quota tra i condomini tenuto conto della riserva di proprietà di un ente previdenziale, originario unico proprietario del fabbricato, che li aveva ceduti.
La Corte di Appello di Milano, in riforma della sentenza di primo grado, aveva ritenuto la condominialità degli alloggi dei portieri e la comproprietà degli stessi pro quota dei condomini.
Per il giudice meneghino, secondo il principio di presunzione di condominialità ex art. 1117 cod. civ. "l’appartenenza dei beni controversi al condominio quali parti comuni in difetto di titolo idoneo resta, determinata dalla destinazione ad essi impressa dall’ originario proprietario dell’intero stabile non mutata da elementi significativi che fossero conosciuti o conoscibili dagli acquirenti al momento dell’atto notarile di compravendita collettiva e di contestuale costituzione del condominio".

Giunta la controversia in Cassazione la II sezione civile nell'accogliere il ricorso dell'Ente ha rilevato come sia risaputo che "tutto ciò che si costruisce sul suolo, in virtù del principio dell’accessione (art. 934 ss. cod. civ.), si acquista dal proprietario di esso. Quindi, il proprietario del suolo, che costruisce un edificio composto da più, piani o porzioni di piano, per effetto dell’accessione acquista la proprietà esclusiva dell’intero fabbricato. Il condominio, che si sostituisce alla proprietà solitaria, nasce come conseguenza della vendita della proprietà separata dei singoli piani o porzioni di piano, a far tempo dalla prima alienazione. Quale effetto accessorio del trasferimento ad altri soggetti delle singole unità immobiliari, ha origine il diritto di proprietà comune sulle cose, sui servizi e sugli impianti necessari per l’esistenza o per l’uso, ovvero destinati all’uso o al servizio dei piani o delle porzioni di piano.
La necessità per l’esistenza dell’intero edificio e per l’uso comune di talune cose (il suolo, le fondazioni, i muri maestri, i tetti, i lastrici solari, le scale, i portoni d’ingresso, i cortili etc.) non può revocarsi in dubbio: avuto riguardo alla loro unica ed univoca funzione strumentale al servizio dei piani o delle porzioni di piano siti nel fabbricato, non può contestarsi che esse, una volta istituito il condominio, formino oggetto di proprietà comune e costituiscano beni comuni".


Per contro, i locali dell’edificio indicati dall’art. 1117 n. 2 c.c., raffigurano beni suscettibili di utilizzazioni diverse, anche autonome: per diventare beni comuni, essi abbisognano di una specifica destinazione al servizio in comune.
Mancando una disciplina negoziale del bene, precisa la Corte "affinché un locale sito nell’edificio - che può essere adibito ad alloggio del portiere, oppure utilizzato come qualsiasi unità abitativa - diventi una parte comune ai sensi dell’art. 1117 n. 2 c.c., occorre che, all’atto della costituzione del condominio, al detto locale sia di fatto assegnata la specifica destinazione al servizio comune. Se prima della costituzione del condominio la destinazione al servizio comune non gli viene conferita, o gli viene sottratta, il locale non può considerarsi come bene comune".

Nel caso particolare i dati processuali escludevano che i locali degli ex portieri avessero assunto la qualifica di condominialità oppure fossero mai divenuti beni condominiali.
Prima della vendita non era stato costituito un condominio e quindi la precedente destinazione dei locali non assumeva rilevanza, posto che l’unico proprietario poteva imprimere ai propri beni la destinazione che riteneva opportuna e la circostanza che vi fosse stato un servizio di portierato da oltre quindici anni non era irrilevante dal momento che il proprietario può organizzare i suoi beni come crede senza per ciò solo imprimere loro alcun vincolo di destinazione.
Peraltro la proposta di acquisto agli ex portieri da parte dell’unica proprietaria impediva la presunzione di condominialità.
Secondo la Corte la condominialità dei locali dei portieri fu eliminata dalla messa in vendita dei locali in questione contemporaneamente alla vendita degli altri alloggi in base al contratto collettivo di vendita.

La sentenza impugnata che aveva ritenuto la condominialità degli alloggi in questione è stata cassata e la causa rinviata ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.
 

Bastimento

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Il risultato vedo che piace: il che lo ritengo normale.

Molto meno normale, come ho scritto sull'altro forum, che qualcuno abbia intentato una causa del genere. Mi chiedo su che basi: gli immobili si trasferiscono solo per atto scritto: e se nessun compratore si è visto citare la comproprietà dell'alloggio del portiere, direi che era piuttosto velleitario rivendicarla.

Per un vecchio principio, per cui ciò che non è venduto e citato nel prezzo, non è comprato.

Mi pare poi addirittura impossibile che l'alloggio del portiere non avesse un numero di subalterno autonomo.
 

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