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Affari conclusi con acquirenti stranieri: può comportare problemi il solo utilizzo della lingua ital
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Testo
<blockquote data-quote="barsotti armando" data-source="post: 195727" data-attributes="member: 9695"><p>L’alto livello di immigrazione che ha caratterizzato questi ultimi tempi, e che con ogni probabilità caratterizzerà anche i prossimi anni, ha avuto, fra le molte conseguenze, anche quella per cui l’agente immobiliare viene a trovarsi sempre più spesso di fronte ad acquirenti stranieri.</p><p></p><p>Le righe che seguono intendono porre in luce, per linee essenziali, i problemi che l’utilizzo della lingua italiana, quale sola lingua utilizzata per affare che si va a concludere può suscitare quando ad acquistare sia uno straniero.</p><p></p><p>Innanzi tutto, va segnalato che, secondo le norme del nostro diritto internazionale privato, in mancanza di scelta delle parti, la legge applicabile al contratto è, in linea di principio, quella del paese in cui la parte che deve fornire la prestazione caratteristica ha la propria residenza abituale: in pratica, quando si tratti di una compravendita, la legge applicabile al contratto è quella del venditore.</p><p></p><p>La circostanza che l’acquirente sia straniero non ha perciò, sotto questo profilo, rilievo: se il venditore ha la propria residenza abituale in Italia, anche se l’acquirente è straniero, si applica comunque il diritto italiano.</p><p></p><p>Nell’ambito del diritto italiano, poi, nessuna previsione si occupa della lingua del contratto: può essere utilizzata indifferentemente tanto la lingua italiana quanto una lingua straniera. Si tratta di una decisione che è rimessa alla libertà delle parti.</p><p></p><p>Quando, peraltro, la lingua sia propria di una soltanto delle parti, qualche problema può darsi, lì dove la parte che accetta l’impiego di una lingua diversa dalla sua non sia in grado di comprendere appieno il significato delle espressioni usate.</p><p></p><p></p><p>Alla base di un contratto vi è un accordo, e cioè un incontro di volontà conformi.</p><p></p><p>Ma quando una parte non abbia compreso il significato delle dichiarazioni dell’altra, anche lì dove ad esse abbia acconsentito, un accordo non si è evidentemente formato. In quanto il consenso ha avuto per oggetto una dichiarazione che non è stata compresa, solo apparentemente la parte ha accettato la dichiarazione che le è stata rivolta: in realtà, causa il difetto di comprensione, ha accettato una dichiarazione diversa...</p><p></p><p>E allora, come si diceva l’accordo sembra soltanto che si sia formato, mentre quello che si è concretizzato è, invece, un c.d. “dissenso occulto”.</p><p></p><p>Senza troppo entrare nel dettaglio delle problematiche giuridiche che questa situazione suscita, e’ opportuno segnalare che la prospettiva più convincente esclude che il contratto, pur mancando in realtà l’accordo, possa essere classificato come nullo.</p><p></p><p>Piuttosto, facendosi leva sul difetto di volontà di colui che ha manifestato una accettazione solo apparentemente conforme alla dichiarazione che gli era stata rivolta, potrà essere prospettata l’annullabilità del contratto medesimo.</p><p></p><p>Peraltro, non si può trascurare la necessità che anche l’affidamento di chi ha manifestato la dichiarazione solo apparentemente accettata venga tutelato.</p><p></p><p>Così che l’annullabilità potrà essere riconosciuta sussistere solo qualora, tenuto conto del contenuto del contratto, delle circostanze in cui è stato concluso e della qualità dei contraenti, una persona di normale diligenza avrebbe potuto riconoscere le difficoltà di comprensione linguistica della persona che le stava di fronte.</p><p></p><p>In pratica, quando la contrattazione si svolga in lingua italiana e parte della stessa sia uno straniero, nel momento di conclusione dell’affare, sarà pertanto opportuno accertarsi bene della reale capacità dello straniero di comprendere detta lingua, magari facendogli sottoscrivere una dichiarazione in questo senso nella sua lingua, e, nel caso di dubbi sul punto, onde evitare possibili tentativi di impugnazione del contratto successivamente alla sua conclusione, sarà bene richiedere l’assistenza di un interprete.</p><p></p><p>Si ringrazia per la consulenza il</p><p>Prof. Alessio Zaccaria</p><p>Ordinario di Diritto civile</p><p>nell’Università di Verona</p><p>Consulente dell’Ufficio Studi FIAIP</p></blockquote><p></p>
[QUOTE="barsotti armando, post: 195727, member: 9695"] L’alto livello di immigrazione che ha caratterizzato questi ultimi tempi, e che con ogni probabilità caratterizzerà anche i prossimi anni, ha avuto, fra le molte conseguenze, anche quella per cui l’agente immobiliare viene a trovarsi sempre più spesso di fronte ad acquirenti stranieri. Le righe che seguono intendono porre in luce, per linee essenziali, i problemi che l’utilizzo della lingua italiana, quale sola lingua utilizzata per affare che si va a concludere può suscitare quando ad acquistare sia uno straniero. Innanzi tutto, va segnalato che, secondo le norme del nostro diritto internazionale privato, in mancanza di scelta delle parti, la legge applicabile al contratto è, in linea di principio, quella del paese in cui la parte che deve fornire la prestazione caratteristica ha la propria residenza abituale: in pratica, quando si tratti di una compravendita, la legge applicabile al contratto è quella del venditore. La circostanza che l’acquirente sia straniero non ha perciò, sotto questo profilo, rilievo: se il venditore ha la propria residenza abituale in Italia, anche se l’acquirente è straniero, si applica comunque il diritto italiano. Nell’ambito del diritto italiano, poi, nessuna previsione si occupa della lingua del contratto: può essere utilizzata indifferentemente tanto la lingua italiana quanto una lingua straniera. Si tratta di una decisione che è rimessa alla libertà delle parti. Quando, peraltro, la lingua sia propria di una soltanto delle parti, qualche problema può darsi, lì dove la parte che accetta l’impiego di una lingua diversa dalla sua non sia in grado di comprendere appieno il significato delle espressioni usate. Alla base di un contratto vi è un accordo, e cioè un incontro di volontà conformi. Ma quando una parte non abbia compreso il significato delle dichiarazioni dell’altra, anche lì dove ad esse abbia acconsentito, un accordo non si è evidentemente formato. In quanto il consenso ha avuto per oggetto una dichiarazione che non è stata compresa, solo apparentemente la parte ha accettato la dichiarazione che le è stata rivolta: in realtà, causa il difetto di comprensione, ha accettato una dichiarazione diversa... E allora, come si diceva l’accordo sembra soltanto che si sia formato, mentre quello che si è concretizzato è, invece, un c.d. “dissenso occulto”. Senza troppo entrare nel dettaglio delle problematiche giuridiche che questa situazione suscita, e’ opportuno segnalare che la prospettiva più convincente esclude che il contratto, pur mancando in realtà l’accordo, possa essere classificato come nullo. Piuttosto, facendosi leva sul difetto di volontà di colui che ha manifestato una accettazione solo apparentemente conforme alla dichiarazione che gli era stata rivolta, potrà essere prospettata l’annullabilità del contratto medesimo. Peraltro, non si può trascurare la necessità che anche l’affidamento di chi ha manifestato la dichiarazione solo apparentemente accettata venga tutelato. Così che l’annullabilità potrà essere riconosciuta sussistere solo qualora, tenuto conto del contenuto del contratto, delle circostanze in cui è stato concluso e della qualità dei contraenti, una persona di normale diligenza avrebbe potuto riconoscere le difficoltà di comprensione linguistica della persona che le stava di fronte. In pratica, quando la contrattazione si svolga in lingua italiana e parte della stessa sia uno straniero, nel momento di conclusione dell’affare, sarà pertanto opportuno accertarsi bene della reale capacità dello straniero di comprendere detta lingua, magari facendogli sottoscrivere una dichiarazione in questo senso nella sua lingua, e, nel caso di dubbi sul punto, onde evitare possibili tentativi di impugnazione del contratto successivamente alla sua conclusione, sarà bene richiedere l’assistenza di un interprete. Si ringrazia per la consulenza il Prof. Alessio Zaccaria Ordinario di Diritto civile nell’Università di Verona Consulente dell’Ufficio Studi FIAIP [/QUOTE]
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