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L'Esperto Immobiliare Risponde
Locazione Comodato Nuda Proprietà e Usufrutto
Cassazione:nessuna condanna per chi affitta un immobile ad un clandestino se manca il dolo specifico
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Testo
<blockquote data-quote="Umberto Granducato" data-source="post: 318090" data-attributes="member: 245"><p>"Ai fini della configurazione del reato di favoreggiamento della permanenza nel territorio dello Stato di immigrati clandestini ..., nell'ipotesi di rapporto contrattuale instaurato con essi, occorre accertare la sussistenza, in capo all'agente, del dolo specifico, consistente nella finalità di trarre ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero clandestino". "... non è sufficiente che l'agente abbia favorito la permanenza nel territorio dello Stato di immigrati clandestini mettendo a loro disposizione unità abitative in locazione, ma è necessario che ricorra il dolo specifico, costituito dal fine di trarre un ingiusto profitto dallo stato di illegalità dei cittadini stranieri, che si realizza quando l'agente, approfittando di tale stato, imponga condizioni particolarmente onerose ed esorbitanti dal rapporto sinallagmatico". Questi i principi di diritto richiamati dalla Suprema Corte che, con sentenza n. 26457 del 18 giugno 2013, ha affermato che affittare un immobile ad un clandestino non costituisce reato di favoreggiamento. Annullata senza rinvio la sentenza della Corte d'Appello che, confermando la decisione del giudice di primo grado, aveva condannato una donna per aver favorito la permanenza sul territorio dello Stato, al fine di trarne profitto dalla loro condizione di illegalità, di due cittadini extracomunitari privi del permesso di soggiorno, ospitandoli in un appartamento a lei regolarmente affittato, dietro pagamento di una somma di denaro quale pigione. I giudici di legittimità hanno precisato che la sentenza impugnata ha omesso di misurarsi con i principi di diritto richiamati, "limitandosi all'affermazione che la ricorrente agì per lucrare, o per far lucrare al proprietario dell'immobile, il canone di locazione, ritenuto per ciò solo oggetto di ingiusto profitto, a prescindere da ogni considerazione circa lo sfruttamento o meno delle condizioni di immigrati clandestini dei conduttori"; nella ricostruzione del fatto-reato la sentenza difetta, dunque, di un elemento necessario della fattispecie appunto il dolo specifico.</p><p><span style="color: #000000"></span></p><p><span style="color: #000000">Fonte: (StudioCataldi.it) </span></p></blockquote><p></p>
[QUOTE="Umberto Granducato, post: 318090, member: 245"] "Ai fini della configurazione del reato di favoreggiamento della permanenza nel territorio dello Stato di immigrati clandestini ..., nell'ipotesi di rapporto contrattuale instaurato con essi, occorre accertare la sussistenza, in capo all'agente, del dolo specifico, consistente nella finalità di trarre ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero clandestino". "... non è sufficiente che l'agente abbia favorito la permanenza nel territorio dello Stato di immigrati clandestini mettendo a loro disposizione unità abitative in locazione, ma è necessario che ricorra il dolo specifico, costituito dal fine di trarre un ingiusto profitto dallo stato di illegalità dei cittadini stranieri, che si realizza quando l'agente, approfittando di tale stato, imponga condizioni particolarmente onerose ed esorbitanti dal rapporto sinallagmatico". Questi i principi di diritto richiamati dalla Suprema Corte che, con sentenza n. 26457 del 18 giugno 2013, ha affermato che affittare un immobile ad un clandestino non costituisce reato di favoreggiamento. Annullata senza rinvio la sentenza della Corte d'Appello che, confermando la decisione del giudice di primo grado, aveva condannato una donna per aver favorito la permanenza sul territorio dello Stato, al fine di trarne profitto dalla loro condizione di illegalità, di due cittadini extracomunitari privi del permesso di soggiorno, ospitandoli in un appartamento a lei regolarmente affittato, dietro pagamento di una somma di denaro quale pigione. I giudici di legittimità hanno precisato che la sentenza impugnata ha omesso di misurarsi con i principi di diritto richiamati, "limitandosi all'affermazione che la ricorrente agì per lucrare, o per far lucrare al proprietario dell'immobile, il canone di locazione, ritenuto per ciò solo oggetto di ingiusto profitto, a prescindere da ogni considerazione circa lo sfruttamento o meno delle condizioni di immigrati clandestini dei conduttori"; nella ricostruzione del fatto-reato la sentenza difetta, dunque, di un elemento necessario della fattispecie appunto il dolo specifico. [COLOR=#000000] Fonte: (StudioCataldi.it) [/COLOR] [/QUOTE]
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