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Certificato di abitabilità che non c'è e acquirente che vuole ritirarsi
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<blockquote data-quote="SGTorino" data-source="post: 282293"><p><span style="font-size: 12px"><span style="font-family: 'arial'"><span style="font-family: 'arial'">Personalmente, consiglio sempre ai miei clienti di chiarire in sede di preliminare l'aspetto del certificato di agibilità. Infatti, può capitare che, a dispetto della vetustà di un immobile, siano stati eseguiti successivamente dei lavori per i quali è obbligatorio chiederlo nuovamente (esempio: la creazione di un nuovo bagno o lo spostamento di questo in altro vano), come previsto dall'art. 24 commi 1) e 2c) del Testo unico DPR 380/2001. Oggi la pratica per il rilascio si è notevolmente snellita, rispetto al passato. Entro 15 giorni dalla fine lavori bisogna presentare domanda ed entro 30 giorni (salvo interruzione del termine per richiesta di integrazione della documentazione presentata) subentra il silenzio assenso. In assenza di patti, l'obbligo di presentare il certificato ricade sul venditore. Infatti, il certificato viene tradizionalmente ricondotto nell'ambito dei "titoli e dei documenti relativi alla proprietà e all'uso della cosa venduta" che l'art. 1477, comma 3 del codice civile impone al venditore di consegnare all'acquirente. Se è pur vero che un notaio non si può rifiutare di redigere un atto di compravendita immobiliare in assenza dell'agibilità, è pur vero che il mancato accordo tra le parti può procurare degli strascichi spiacevoli.</span></span></span></p><p><span style="font-family: 'arial'"><span style="font-size: 12px">Non va sottovalutato il fatto che l'assenza dell'agibilità possa essere dovuta ad una cospicua serie di possibilità, a seconda della quale la responsabilità per chi vende può variare non poco. Per esempio:</span></span></p><p><span style="font-family: 'arial'"><span style="font-size: 12px">1) no agibilità ma è stata appena richiesta</span></span></p><p><span style="font-family: 'arial'"><span style="font-size: 12px">2) no agibilità ma è trascorso il termine per il silenzio assenso</span></span></p><p><span style="font-family: 'arial'"><span style="font-size: 12px">3) no agibilità, non è stata presentata la domanda ma l'immobile ha i requisiti</span></span></p><p><span style="font-family: 'arial'"><span style="font-size: 12px">4) no agibilità e l'immobile non ha i requisiti per ottenerla.</span></span></p><p><span style="font-family: 'arial'"><span style="font-size: 12px">Il caso più "pericoloso" per il proprietario è rappresentato dall'ultimo. Se, da un lato, è assolutamente configurabile l'ipotesi di pattuire che l'onere per il rilascio e la preventiva rimozione delle irregolarità edilizie volte ad impedirne l'ottenimento, possano gravare in capo all'acquirente, di contro, tacerlo, comporta il rischio per il proprietario di porre in essere una vendita di aliud pro alio (ci sono sentenze a iosa in tal senso) e cioè di vendere un immobile che, non potendo ottenere l'agibilità, non può ottemperare alla sua funzione naturale, economica e sociale di abitazione. Ovviamente, in questo caso, ritengo che sia più che lecita la domanda di risoluzione ex art. 1453 c.c. proposta dall'acquirente.</span></span></p></blockquote><p></p>
[QUOTE="SGTorino, post: 282293"] [SIZE=3][FONT=arial][FONT=arial]Personalmente, consiglio sempre ai miei clienti di chiarire in sede di preliminare l'aspetto del certificato di agibilità. Infatti, può capitare che, a dispetto della vetustà di un immobile, siano stati eseguiti successivamente dei lavori per i quali è obbligatorio chiederlo nuovamente (esempio: la creazione di un nuovo bagno o lo spostamento di questo in altro vano), come previsto dall'art. 24 commi 1) e 2c) del Testo unico DPR 380/2001. Oggi la pratica per il rilascio si è notevolmente snellita, rispetto al passato. Entro 15 giorni dalla fine lavori bisogna presentare domanda ed entro 30 giorni (salvo interruzione del termine per richiesta di integrazione della documentazione presentata) subentra il silenzio assenso. In assenza di patti, l'obbligo di presentare il certificato ricade sul venditore. Infatti, il certificato viene tradizionalmente ricondotto nell'ambito dei "titoli e dei documenti relativi alla proprietà e all'uso della cosa venduta" che l'art. 1477, comma 3 del codice civile impone al venditore di consegnare all'acquirente. Se è pur vero che un notaio non si può rifiutare di redigere un atto di compravendita immobiliare in assenza dell'agibilità, è pur vero che il mancato accordo tra le parti può procurare degli strascichi spiacevoli.[/FONT][/FONT][/SIZE] [FONT=arial][SIZE=3]Non va sottovalutato il fatto che l'assenza dell'agibilità possa essere dovuta ad una cospicua serie di possibilità, a seconda della quale la responsabilità per chi vende può variare non poco. Per esempio:[/SIZE][/FONT] [FONT=arial][SIZE=3]1) no agibilità ma è stata appena richiesta[/SIZE][/FONT] [FONT=arial][SIZE=3]2) no agibilità ma è trascorso il termine per il silenzio assenso[/SIZE][/FONT] [FONT=arial][SIZE=3]3) no agibilità, non è stata presentata la domanda ma l'immobile ha i requisiti[/SIZE][/FONT] [FONT=arial][SIZE=3]4) no agibilità e l'immobile non ha i requisiti per ottenerla.[/SIZE][/FONT] [FONT=arial][SIZE=3]Il caso più "pericoloso" per il proprietario è rappresentato dall'ultimo. Se, da un lato, è assolutamente configurabile l'ipotesi di pattuire che l'onere per il rilascio e la preventiva rimozione delle irregolarità edilizie volte ad impedirne l'ottenimento, possano gravare in capo all'acquirente, di contro, tacerlo, comporta il rischio per il proprietario di porre in essere una vendita di aliud pro alio (ci sono sentenze a iosa in tal senso) e cioè di vendere un immobile che, non potendo ottenere l'agibilità, non può ottemperare alla sua funzione naturale, economica e sociale di abitazione. Ovviamente, in questo caso, ritengo che sia più che lecita la domanda di risoluzione ex art. 1453 c.c. proposta dall'acquirente.[/SIZE][/FONT] [/QUOTE]
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