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<blockquote data-quote="PyerSilvio" data-source="post: 579860" data-attributes="member: 55799"><p><span style="font-size: 15px"><strong>LA DOTTORESSA IN LEGGE</strong></span></p><p><span style="font-size: 22px"></span></p><p><span style="font-size: 22px"><strong>«Ma io sarò avvocato o parafangaro?»</strong></span></p><p><strong></strong></p><p><strong>Adesso Silvia è preoccupata. Perché il suo sogno è fare l'avvocato</strong> ma la sua paura è diventare parafangaro. Cioè, tradotto dallo slang romanesco, campare faticosamente di piccole cause per incidenti stradali amorevolmente passate da parenti e amici. Eppure Silvia Vitelli è una ragazza in gamba. Si è laureata in tempo all'università di Tor Vergata, ha cominciato subito la pratica legale, ha vinto un dottorato in diritto costituzionale ed ha pure messo su con alcuni amici l'associazione Giovani per la Costituzione che va in giro per le scuole di Roma ad insegnare diritti e doveri tra un'ora di matematica ed una di storia. Perché a soli 25 anni è già preoccupata? «Perché ho subito capito che la strada è lunga e il cammino incerto». </p><p></p><p><strong>Il primo problema è stato trovare uno studio dove fare la pratica</strong> di due anni necessaria per tentare la lotteria dell'esame di Stato. «Sono stata fortunata perché sono andata a lavorare nello studio della madre di due miei amici. Naturalmente senza prendere un euro». È la regola, i più fortunati possono sperare in un rimborso spese. Ma in Germania, ad esempio, non funziona così. Anche lì la pratica dura due anni ma viene pagata direttamente dai Lander, cioè dai singoli Stati della federazione. Silvia ha imparato quello che poteva imparare e dopo sei mesi ha deciso di cambiare strada. Ha presentato domanda per fare il praticantato presso l'avvocatura dello Stato. Esame per titoli, valgono il voto di laurea e i voti degli esami più importanti. «Sono entrata e l'esperienza è positiva», dice recuperando un briciolo di ottimismo. Per evitare di fare il parafangaro ha puntato in alto ma anche qui si lavora gratis e c'è un problema in più. «Finita la pratica non c'è la possibilità di rimanere come per quelli che escono da uno studio normale. Si può tentare il concorso ma è difficilissimo». </p><p></p><p></p><p><strong>E allora non resta che il giro delle sette chiese</strong> alla ricerca di uno studio che offra almeno un rimborso spese. Ed è qui che cominciano i guai seri. Silvia ha cominciato a sondare il terreno ma si è già fatta un'idea chiara. È stata proprio lei a raccogliere le interviste ai giovani avvocati che sono servite a costruire il rapporto del Cnel e del Forum dei giovani. Interviste anonime perché il precario ha paura di mettere nome e cognome, il ritornello della flessibilità dice che «qui fuori c'è la fila» e i mugugni non fano punteggio. Dai suoi tentativi e da quelle interviste Silvia ha capito che le strade sono due: «Chi lavorava in uno studio aveva un parente o un amico che già faceva l'avvocato. I miei genitori sono dipendenti pubblici e quindi non è aria». E l'altra strada? «I grandi studi dove sei dipendente. Spesso cominci con il fare le fotocopie o poco più, ti danno un rimborso spese che può essere anche di 300 euro... e come si fa a campare?». Lo spettro è sempre quello, il parafangaro. E infatti Silvia ha deciso di lasciarsi aperte altre strade: «Il dottorato di ricerca che sto facendo mi piace». Ma non pensa alla carriera universitaria perché anche lì sa che la strada è lunga e perigliosa: «No, il dottorato può valere per fare il concorso in magistratura. Certo, non è la libera professione. Però...». </p><p></p><p>Lorenzo Salvia</p><p><strong>19 marzo 2009</strong></p></blockquote><p></p>
[QUOTE="PyerSilvio, post: 579860, member: 55799"] [SIZE=4][B]LA DOTTORESSA IN LEGGE[/B][/SIZE] [SIZE=6][B][/B] [B]«Ma io sarò avvocato o parafangaro?»[/B][/SIZE] [B] Adesso Silvia è preoccupata. Perché il suo sogno è fare l'avvocato[/B] ma la sua paura è diventare parafangaro. Cioè, tradotto dallo slang romanesco, campare faticosamente di piccole cause per incidenti stradali amorevolmente passate da parenti e amici. Eppure Silvia Vitelli è una ragazza in gamba. Si è laureata in tempo all'università di Tor Vergata, ha cominciato subito la pratica legale, ha vinto un dottorato in diritto costituzionale ed ha pure messo su con alcuni amici l'associazione Giovani per la Costituzione che va in giro per le scuole di Roma ad insegnare diritti e doveri tra un'ora di matematica ed una di storia. Perché a soli 25 anni è già preoccupata? «Perché ho subito capito che la strada è lunga e il cammino incerto». [B]Il primo problema è stato trovare uno studio dove fare la pratica[/B] di due anni necessaria per tentare la lotteria dell'esame di Stato. «Sono stata fortunata perché sono andata a lavorare nello studio della madre di due miei amici. Naturalmente senza prendere un euro». È la regola, i più fortunati possono sperare in un rimborso spese. Ma in Germania, ad esempio, non funziona così. Anche lì la pratica dura due anni ma viene pagata direttamente dai Lander, cioè dai singoli Stati della federazione. Silvia ha imparato quello che poteva imparare e dopo sei mesi ha deciso di cambiare strada. Ha presentato domanda per fare il praticantato presso l'avvocatura dello Stato. Esame per titoli, valgono il voto di laurea e i voti degli esami più importanti. «Sono entrata e l'esperienza è positiva», dice recuperando un briciolo di ottimismo. Per evitare di fare il parafangaro ha puntato in alto ma anche qui si lavora gratis e c'è un problema in più. «Finita la pratica non c'è la possibilità di rimanere come per quelli che escono da uno studio normale. Si può tentare il concorso ma è difficilissimo». [B]E allora non resta che il giro delle sette chiese[/B] alla ricerca di uno studio che offra almeno un rimborso spese. Ed è qui che cominciano i guai seri. Silvia ha cominciato a sondare il terreno ma si è già fatta un'idea chiara. È stata proprio lei a raccogliere le interviste ai giovani avvocati che sono servite a costruire il rapporto del Cnel e del Forum dei giovani. Interviste anonime perché il precario ha paura di mettere nome e cognome, il ritornello della flessibilità dice che «qui fuori c'è la fila» e i mugugni non fano punteggio. Dai suoi tentativi e da quelle interviste Silvia ha capito che le strade sono due: «Chi lavorava in uno studio aveva un parente o un amico che già faceva l'avvocato. I miei genitori sono dipendenti pubblici e quindi non è aria». E l'altra strada? «I grandi studi dove sei dipendente. Spesso cominci con il fare le fotocopie o poco più, ti danno un rimborso spese che può essere anche di 300 euro... e come si fa a campare?». Lo spettro è sempre quello, il parafangaro. E infatti Silvia ha deciso di lasciarsi aperte altre strade: «Il dottorato di ricerca che sto facendo mi piace». Ma non pensa alla carriera universitaria perché anche lì sa che la strada è lunga e perigliosa: «No, il dottorato può valere per fare il concorso in magistratura. Certo, non è la libera professione. Però...». Lorenzo Salvia [B]19 marzo 2009[/B] [/QUOTE]
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