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Affittare abitazione principale
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<blockquote data-quote="AntonioPa" data-source="post: 110019" data-attributes="member: 25481"><p>In teoria, come per il discorso della residenza nel comune per l'acquisto con agevolazione, non è fissato per legge un tempo minimo di mantenimento dell'immobile come abitazione principale. La prassi dell'AdE prevede solo che il contribuente abbia tempo tre anni dal momento dell'acquisto per adibire l'immobile ad abitazione principale (il termine decadenziale per l'eventuale accertamento) anche se, secondo me, in questo caso il mantenimento della residenza, è condizione essenziale per dimostrare l'effettiva volontà di adibire l'immobile ad abitazione principale. Ti copio-incollo un estratto della risoluzione 192/2003 dellAdE:</p><p></p><p></p><p>"Il significato da attribuire alla locuzione “da adibire a propria abitazione</p><p>principale” può essere mutuato dalla sentenza 21 dicembre 1998, n. 12737 della Suprema Corte di Cassazione, dove, con riferimento alla previsione dell’articolo 1, comma 6, della Legge 22 aprile 1982, n. 168, è precisato “la disposizione non è formulata nel senso che l’acquirente dell’immobile debba dichiarare ‘ di volerlo adibire a propria abitazione’ ma che dichiari ‘ di adibirla a propria abitazione’. La lettera della legge, in altri termini, indica che il legislatore non ha inteso agevolare meri progetti di future (ed eventuali) sistemazioni abitative, ma attuali e concrete utilizzazioni degli immobili acquistati come abitazione da parte di acquirenti”. Prosegue inoltre “l’agevolazione prevista dalla norma di cui si tratta può essere mantenuta solo se l’acquisto sia seguito dalla effettiva realizzazione della destinazione dell’immobile acquistato ad abitazione propria”.</p><p>Pertanto, è doveroso per l’ufficio recuperare, entro i termini di decadenza</p><p>stabiliti dal Testo unico dell’imposta di registro e meglio precisati nella circolare n. 69 del 14 agosto 2002, le maggiori imposte ed eventuali sanzioni e interessi dovuti a seguito di decadenza dai suddetti benefici. L’ufficio - nel caso di riacquisto di altro immobile, entro un anno dall’alienazione del precedente immobile acquistato fruendo del regime di favore - qualora accerti che non sussiste il requisito di destinazione dello stesso ad abitazione principale dell’acquirente (vale a dire che all’intenzione di adibire l’alloggio a propria abitazione, non ha fatto seguito l’effettiva utilizzazione diretta e personale dello stesso) deve notificare all’interessato apposito avviso di liquidazione. La carenza di scadenze predeterminate per l’attuazione del proposito abitativo dell’acquirente, comporta che quest’ultimo debba attenersi a parametri di ragionevolezza e di buona fede, in quanto la concreta utilizzazione dell’immobile può essere sia immediatamente successiva al contratto di compravendita, ma può anche implicare un certo lasso di tempo, correlato alle circostanze del caso di specie, ad esempio il termine può variare da un tempo minimo occorrente per il trasloco ad un tempo maggiore che sia richiesto da</p><p>eventuali lavori di ristrutturazione ad un termine ancora più lungo imposto da una momentanea indisponibilità del bene per effetto di temporanei diritti di godimento costituiti sull’immobile a favore di terzi.</p><p>La Suprema Corte di Cassazione con Sentenza n. 1196 del 21 novembre</p><p>2000 precisa, infatti, che: “L’acquirente non deve dilazionare l’attuabilità oltre l’indicato limite di ragionevolezza ad esempio la presenza di diritti di godimento di terzi con scadenza non determinata o comunque eccedente da una logica aspettativa di prossimità.”.</p><p>Pertanto si deve ritenere che quanto meno entro il termine triennale di</p><p>decadenza del potere di accertamento dell’ufficio, il contribuente se voleva</p><p>beneficiare delle agevolazioni fiscali, doveva avere realizzato la finalità</p><p>dichiarata ‘di destinare ad abitazione l’immobile acquistato’ (cfr. Sentenza n. 9149 del 7 luglio 2000, della Suprema Corte di Cassazione)."</p></blockquote><p></p>
[QUOTE="AntonioPa, post: 110019, member: 25481"] In teoria, come per il discorso della residenza nel comune per l'acquisto con agevolazione, non è fissato per legge un tempo minimo di mantenimento dell'immobile come abitazione principale. La prassi dell'AdE prevede solo che il contribuente abbia tempo tre anni dal momento dell'acquisto per adibire l'immobile ad abitazione principale (il termine decadenziale per l'eventuale accertamento) anche se, secondo me, in questo caso il mantenimento della residenza, è condizione essenziale per dimostrare l'effettiva volontà di adibire l'immobile ad abitazione principale. Ti copio-incollo un estratto della risoluzione 192/2003 dellAdE: "Il significato da attribuire alla locuzione “da adibire a propria abitazione principale” può essere mutuato dalla sentenza 21 dicembre 1998, n. 12737 della Suprema Corte di Cassazione, dove, con riferimento alla previsione dell’articolo 1, comma 6, della Legge 22 aprile 1982, n. 168, è precisato “la disposizione non è formulata nel senso che l’acquirente dell’immobile debba dichiarare ‘ di volerlo adibire a propria abitazione’ ma che dichiari ‘ di adibirla a propria abitazione’. La lettera della legge, in altri termini, indica che il legislatore non ha inteso agevolare meri progetti di future (ed eventuali) sistemazioni abitative, ma attuali e concrete utilizzazioni degli immobili acquistati come abitazione da parte di acquirenti”. Prosegue inoltre “l’agevolazione prevista dalla norma di cui si tratta può essere mantenuta solo se l’acquisto sia seguito dalla effettiva realizzazione della destinazione dell’immobile acquistato ad abitazione propria”. Pertanto, è doveroso per l’ufficio recuperare, entro i termini di decadenza stabiliti dal Testo unico dell’imposta di registro e meglio precisati nella circolare n. 69 del 14 agosto 2002, le maggiori imposte ed eventuali sanzioni e interessi dovuti a seguito di decadenza dai suddetti benefici. L’ufficio - nel caso di riacquisto di altro immobile, entro un anno dall’alienazione del precedente immobile acquistato fruendo del regime di favore - qualora accerti che non sussiste il requisito di destinazione dello stesso ad abitazione principale dell’acquirente (vale a dire che all’intenzione di adibire l’alloggio a propria abitazione, non ha fatto seguito l’effettiva utilizzazione diretta e personale dello stesso) deve notificare all’interessato apposito avviso di liquidazione. La carenza di scadenze predeterminate per l’attuazione del proposito abitativo dell’acquirente, comporta che quest’ultimo debba attenersi a parametri di ragionevolezza e di buona fede, in quanto la concreta utilizzazione dell’immobile può essere sia immediatamente successiva al contratto di compravendita, ma può anche implicare un certo lasso di tempo, correlato alle circostanze del caso di specie, ad esempio il termine può variare da un tempo minimo occorrente per il trasloco ad un tempo maggiore che sia richiesto da eventuali lavori di ristrutturazione ad un termine ancora più lungo imposto da una momentanea indisponibilità del bene per effetto di temporanei diritti di godimento costituiti sull’immobile a favore di terzi. La Suprema Corte di Cassazione con Sentenza n. 1196 del 21 novembre 2000 precisa, infatti, che: “L’acquirente non deve dilazionare l’attuabilità oltre l’indicato limite di ragionevolezza ad esempio la presenza di diritti di godimento di terzi con scadenza non determinata o comunque eccedente da una logica aspettativa di prossimità.”. Pertanto si deve ritenere che quanto meno entro il termine triennale di decadenza del potere di accertamento dell’ufficio, il contribuente se voleva beneficiare delle agevolazioni fiscali, doveva avere realizzato la finalità dichiarata ‘di destinare ad abitazione l’immobile acquistato’ (cfr. Sentenza n. 9149 del 7 luglio 2000, della Suprema Corte di Cassazione)." [/QUOTE]
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