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<blockquote data-quote="Graf" data-source="post: 173829" data-attributes="member: 9824"><p>Mi sta venedo l’acquolina in bocca: proviamo a risolvere la questione giuridica che non ritengo, gia da subito, insormontabile.</p><p>Tanto, poi, chi se ne frega, se la soluzione é sbagliata non mi bocciano mica!<img src="/styles/default/xenforo/smilies.emoji/people/stuck_out_tongue.emoji.svg" class="smilie" loading="lazy" alt=":p" title="Linguaccia :p" data-shortname=":p" /></p><p> </p><p>Articolo del Codice Civile da tenere presente, secondo me, nella redazione del parere:</p><p>Art. 1366 c.c. Interpretazione di buona fede </p><p>Art. 1375 c.c. Esempio di buona fede </p><p>Art. 1754 c.c. Mediatore </p><p>Art. 1755 c.c. Provvigione </p><p></p><p></p><p>Analizziamo, adesso, la questione de quo:</p><p>L’argomento giuridico in esame riguarda la problematica inerente l'insorgenza del diritto alla provvigione del mediatore. </p><p>Ci chiediamo: in quale momento esso sorge in maniera indiscutibile?</p><p>A tale proposito, innanzitutto, l'art. 1754 c.c. stabilisce che «è mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza».</p><p> Il successivo art. 1755 c.c., poi, indica due presupposti circa il sorgere del diritto alla mediazione: la conclusione dell'affare ed il fatto che essa sia avvenuta per effetto dell'intervento del mediatore. </p><p>Dal primo punto di vista si deve ritenere che la conclusione</p><p>dell'affare debba trasporsi in un rapporto contrattuale giuridicamente vincolante per le parti, le quali potranno essere abilitate ad agire per l'adempimento dei patti stipulati o in difetto per il risarcimento dei danni (da questo punto di vista anche la conclusione di un contratto preliminare fa sorgere il diritto alla provvigione). Dal secondo punto di vista è sufficiente dimostrare che la conclusione dell'affare possa direttamente ed immediatamente ricollegarsi all'opera svolta dal mediatore per l'avvicinamento dei contraenti purché tale attività costituisca il risultato utile della condotta posta in essere dal mediatore stesso. </p><p>In ogni caso il contratto deve essere eseguito ed interpretato secondo buona fede e secondo il combinato disposto degli artt. 1366 e 1375 c.c. L'obbligo di buona fede oggettiva o correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico espressione di un generale principio di solidarietà sociale. </p><p></p><p></p><p></p><p>Giurisprudenza.</p><p>Sentenze utili a sostegno della nostra tesi:</p><p>Cass. civ., 21-5-2010, n. 12527 </p><p>In tema di contratto di mediazione, l'affare - da intendersi nel senso di qualsiasi operazione economica generatrice di un rapporto obbligatorio - deve ritenersi concluso, per effetto della messa in relazione da parte del mediatore, quando si costituisca un vincolo giuridico che abiliti ciascuna delle parti ad agire per l'esecuzione specifica del negozio o per il risarcimento del danno; ne consegue che, ai fini del riconoscimento al mediatore del diritto alla provvigione, è sufficiente che la sua attività costituisca l'antecedente necessario per pervenire, anche attraverso fasi e atti strumentali, alla conclusione dell'affare, rimanendo irrilevante che le parti originarie sostituiscano altri a sé nell'operazione conclusiva, ovvero una parte sia receduta dal preliminare. </p><p>(Nella fattispecie, la Suprema Corte di Cassazione ha, perciò, accolto il ricorso del mediatore e cassato con rinvio la sentenza impugnata, che aveva negato il diritto del ricorrente alla percezione della provvigione malgrado avesse messo in relazione le parti per la stipula del preliminare, non potendosi ritenere ostativi in proposito né il successivo recesso di una delle parti originarie né la circostanza che l'affare fosse stato poi definitivamente concluso con altro soggetto). </p><p></p><p>Cass. civ., 5-3-009, n. 5348 </p><p>L'obbligo di buona fede oggettiva o correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico, espressione di un generale principio di solidarietà sociale, che, nell'ambito contrattuale, implica un obbligo di reciproca lealtà di condotta che deve presiedere sia all'esecuzione del contratto che alla sua formazione ed interpretazione, accompagnandolo, in definitiva, in ogni sua fase. </p><p>Affinché sorga il diritto del mediatore alla provvigione è sufficiente che la conclusione dell'affare possa ricollegarsi all'opera dello stesso svolta per l'avvicinamento dei contraenti, purché, però, tale attività costituisca il risultato utile della condotta posta in essere dal mediatore stesso e, poi, valorizzata dalle parti, <span style="font-family: 'Arial Black'">senza che abbia rilievo in proposito, quando il conferimento dell'incarico sia avvenuto con patto di esclusiva per un determinato periodo di tempo, la circostanza che l'opera prestata dal mediatore sia stata ultimata in modo idoneo ed efficiente alla conclusione dell'affare successivamente alla scadenza del termine previsto, poiché la stipula di detto patto non è indicativa anche della volontà del preponente di rifiutare l'attività del mediatore profusa oltre il termine medesimo. </span></p><p></p><p>In base a queste sentenze traggo le seguenti conclusioni:</p><p>alla luce delle norme esaminate e della loro applicazione giurisprudenziale si deve ritenere che la stipula del contratto preliminare integri la conclusione di un affare ai sensi dell'art. 1755, comma 1, c.c. e che la previsione della durata dell'incarico di mediazione non sia rivelatrice della volontà del preponente di rifiutare l'attività del mediatore anche dopo la scadenza del termine. </p><p>Pertanto se, come nella fattispecie, l'affare si è concluso grazie all'intervento del mediatore, sorge, senza alcun dubbio,il diritto di quest’ultimo alla provvigione anche se il contratto viene stipulato oltre la scadenza.</p><p></p><p>Mi pare che il discorso fili; che ne ve pare?</p></blockquote><p></p>
[QUOTE="Graf, post: 173829, member: 9824"] Mi sta venedo l’acquolina in bocca: proviamo a risolvere la questione giuridica che non ritengo, gia da subito, insormontabile. Tanto, poi, chi se ne frega, se la soluzione é sbagliata non mi bocciano mica!:p Articolo del Codice Civile da tenere presente, secondo me, nella redazione del parere: Art. 1366 c.c. Interpretazione di buona fede Art. 1375 c.c. Esempio di buona fede Art. 1754 c.c. Mediatore Art. 1755 c.c. Provvigione Analizziamo, adesso, la questione de quo: L’argomento giuridico in esame riguarda la problematica inerente l'insorgenza del diritto alla provvigione del mediatore. Ci chiediamo: in quale momento esso sorge in maniera indiscutibile? A tale proposito, innanzitutto, l'art. 1754 c.c. stabilisce che «è mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza». Il successivo art. 1755 c.c., poi, indica due presupposti circa il sorgere del diritto alla mediazione: la conclusione dell'affare ed il fatto che essa sia avvenuta per effetto dell'intervento del mediatore. Dal primo punto di vista si deve ritenere che la conclusione dell'affare debba trasporsi in un rapporto contrattuale giuridicamente vincolante per le parti, le quali potranno essere abilitate ad agire per l'adempimento dei patti stipulati o in difetto per il risarcimento dei danni (da questo punto di vista anche la conclusione di un contratto preliminare fa sorgere il diritto alla provvigione). Dal secondo punto di vista è sufficiente dimostrare che la conclusione dell'affare possa direttamente ed immediatamente ricollegarsi all'opera svolta dal mediatore per l'avvicinamento dei contraenti purché tale attività costituisca il risultato utile della condotta posta in essere dal mediatore stesso. In ogni caso il contratto deve essere eseguito ed interpretato secondo buona fede e secondo il combinato disposto degli artt. 1366 e 1375 c.c. L'obbligo di buona fede oggettiva o correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico espressione di un generale principio di solidarietà sociale. Giurisprudenza. Sentenze utili a sostegno della nostra tesi: Cass. civ., 21-5-2010, n. 12527 In tema di contratto di mediazione, l'affare - da intendersi nel senso di qualsiasi operazione economica generatrice di un rapporto obbligatorio - deve ritenersi concluso, per effetto della messa in relazione da parte del mediatore, quando si costituisca un vincolo giuridico che abiliti ciascuna delle parti ad agire per l'esecuzione specifica del negozio o per il risarcimento del danno; ne consegue che, ai fini del riconoscimento al mediatore del diritto alla provvigione, è sufficiente che la sua attività costituisca l'antecedente necessario per pervenire, anche attraverso fasi e atti strumentali, alla conclusione dell'affare, rimanendo irrilevante che le parti originarie sostituiscano altri a sé nell'operazione conclusiva, ovvero una parte sia receduta dal preliminare. (Nella fattispecie, la Suprema Corte di Cassazione ha, perciò, accolto il ricorso del mediatore e cassato con rinvio la sentenza impugnata, che aveva negato il diritto del ricorrente alla percezione della provvigione malgrado avesse messo in relazione le parti per la stipula del preliminare, non potendosi ritenere ostativi in proposito né il successivo recesso di una delle parti originarie né la circostanza che l'affare fosse stato poi definitivamente concluso con altro soggetto). Cass. civ., 5-3-009, n. 5348 L'obbligo di buona fede oggettiva o correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico, espressione di un generale principio di solidarietà sociale, che, nell'ambito contrattuale, implica un obbligo di reciproca lealtà di condotta che deve presiedere sia all'esecuzione del contratto che alla sua formazione ed interpretazione, accompagnandolo, in definitiva, in ogni sua fase. Affinché sorga il diritto del mediatore alla provvigione è sufficiente che la conclusione dell'affare possa ricollegarsi all'opera dello stesso svolta per l'avvicinamento dei contraenti, purché, però, tale attività costituisca il risultato utile della condotta posta in essere dal mediatore stesso e, poi, valorizzata dalle parti, [FONT=Arial Black]senza che abbia rilievo in proposito, quando il conferimento dell'incarico sia avvenuto con patto di esclusiva per un determinato periodo di tempo, la circostanza che l'opera prestata dal mediatore sia stata ultimata in modo idoneo ed efficiente alla conclusione dell'affare successivamente alla scadenza del termine previsto, poiché la stipula di detto patto non è indicativa anche della volontà del preponente di rifiutare l'attività del mediatore profusa oltre il termine medesimo. [/FONT] In base a queste sentenze traggo le seguenti conclusioni: alla luce delle norme esaminate e della loro applicazione giurisprudenziale si deve ritenere che la stipula del contratto preliminare integri la conclusione di un affare ai sensi dell'art. 1755, comma 1, c.c. e che la previsione della durata dell'incarico di mediazione non sia rivelatrice della volontà del preponente di rifiutare l'attività del mediatore anche dopo la scadenza del termine. Pertanto se, come nella fattispecie, l'affare si è concluso grazie all'intervento del mediatore, sorge, senza alcun dubbio,il diritto di quest’ultimo alla provvigione anche se il contratto viene stipulato oltre la scadenza. Mi pare che il discorso fili; che ne ve pare? [/QUOTE]
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