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Il boomerang dei carboni (troppo) ardenti
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<blockquote data-quote="Graf" data-source="post: 63647" data-attributes="member: 9824"><p>Gli “omini verdi” verso il boomerang di immagine?</p><p>Verso una riduzione del valore emozionale del loro brand?</p><p></p><p>A quanto pare l’incidente di Frascati ha lasciato il segno almeno sulla blogosfera.</p><p></p><p>Si parla tanto di Team Building, di Firewalking, di prova motivazionale, di percorso di guerra, di tragitto verso la vittoria, di successo, di personalità, di carisma, di coraggio, di forza, di decisione…..ma in fondo si tratta solo di vendere delle case non di vincere la Terza Guerra Mondiale.</p><p> La prova estrema di camminare sui carboni ( troppo) ardenti rivela in modo palese, in fondo, l’ atteggiamento mentale di approccio alla professione immobiliare intesa come una guerra, un’attività belligerante, un rapporto di equidistanza CONFLITTUALE con le parti…..</p><p>Insomma i franchising, per vendere una semplice casa, dichiarano preventivamente guerra sia al venditore che al compratore e considerano la provvigione la preda, il bottino della contesa.</p><p></p><p>I clienti sono i nemici che io devo sbaragliare per vedere trionfare il mio ego…insomma la provvigione viene vissuta alla stregua di una spoliazione…da conquistare dopo un condotta degna di un combattente al fronte.</p><p>Mors tua, vita mea.</p><p>La mediazione come metafora della guerra. </p><p>Tale posizione può sembrare persino ragionevole, non per niente si ritiene ( come affermava un grande studioso della materia ) che il"marketing è guerra"</p><p> </p><p>Però qui non si tratta di piazzare dentifrici o pere e mele...</p><p></p><p>Vendere case è una scelta che impegna il sentimento, la memoria, il passato.</p><p>Una casa ha una storia da raccontare, il formaggino no!</p><p>Vendere casa non è una dichiarazione di guerra...La case non si vendono con i piedi più o meni bruciacchiati ma con il cuore. Quello sì che deve essere ardente.</p><p></p><p></p><p>Io continuo a pensare che la buona riuscita del franchising in Italia sia un po’ un mistero. Non me lo spiego fino in fondo.</p><p>Gli italiani sono un popolo di grande equilibrio, di largo sentimento e arricchiti da una cultura ed educazione essenzialmente umanista.</p><p>Cosa c’entrano le esasperazioni sproporzionate di tali “percorsi motivazionali” con il nostro costume?</p><p>Cosa c’entra con le nostri salde tradizioni domestiche l’isterismo infuriato di certi “motivatori”?</p><p>Nelle urla e nello scontro per la provvigione risiede tutto il business plan del franchising? Dietro gli urli il successo?</p><p>Mediare non significa mettere pace, trovare un accordo, un punto in comune? </p><p>Non significa fare l’”assistente sociale” di tanti clienti? </p><p>Non significa fare appello a molteplici fattori psicologici di più e meglio di uno psicologo?</p><p>Cosa c’entra la coltivazione di tutta questa “ricchezza umana” con la lotta nella giungla?</p><p> Si può avere successo in Italia con un simile approccio intellettuale?</p><p>In teoria risponderei di no. </p><p>Ma purtroppo, devo rispendere di sì, invece.</p><p>In fondo gli italiani sono esterofili...</p><p></p><p>Ma il “boomerang di Frascati” può dare un contributo decisivo a far scoprire gli altarini di certi franchising anche presso il grande pubblico…</p><p>Internet è piccolo, il blog mormora….</p></blockquote><p></p>
[QUOTE="Graf, post: 63647, member: 9824"] Gli “omini verdi” verso il boomerang di immagine? Verso una riduzione del valore emozionale del loro brand? A quanto pare l’incidente di Frascati ha lasciato il segno almeno sulla blogosfera. Si parla tanto di Team Building, di Firewalking, di prova motivazionale, di percorso di guerra, di tragitto verso la vittoria, di successo, di personalità, di carisma, di coraggio, di forza, di decisione…..ma in fondo si tratta solo di vendere delle case non di vincere la Terza Guerra Mondiale. La prova estrema di camminare sui carboni ( troppo) ardenti rivela in modo palese, in fondo, l’ atteggiamento mentale di approccio alla professione immobiliare intesa come una guerra, un’attività belligerante, un rapporto di equidistanza CONFLITTUALE con le parti….. Insomma i franchising, per vendere una semplice casa, dichiarano preventivamente guerra sia al venditore che al compratore e considerano la provvigione la preda, il bottino della contesa. I clienti sono i nemici che io devo sbaragliare per vedere trionfare il mio ego…insomma la provvigione viene vissuta alla stregua di una spoliazione…da conquistare dopo un condotta degna di un combattente al fronte. Mors tua, vita mea. La mediazione come metafora della guerra. Tale posizione può sembrare persino ragionevole, non per niente si ritiene ( come affermava un grande studioso della materia ) che il"marketing è guerra" Però qui non si tratta di piazzare dentifrici o pere e mele... Vendere case è una scelta che impegna il sentimento, la memoria, il passato. Una casa ha una storia da raccontare, il formaggino no! Vendere casa non è una dichiarazione di guerra...La case non si vendono con i piedi più o meni bruciacchiati ma con il cuore. Quello sì che deve essere ardente. Io continuo a pensare che la buona riuscita del franchising in Italia sia un po’ un mistero. Non me lo spiego fino in fondo. Gli italiani sono un popolo di grande equilibrio, di largo sentimento e arricchiti da una cultura ed educazione essenzialmente umanista. Cosa c’entrano le esasperazioni sproporzionate di tali “percorsi motivazionali” con il nostro costume? Cosa c’entra con le nostri salde tradizioni domestiche l’isterismo infuriato di certi “motivatori”? Nelle urla e nello scontro per la provvigione risiede tutto il business plan del franchising? Dietro gli urli il successo? Mediare non significa mettere pace, trovare un accordo, un punto in comune? Non significa fare l’”assistente sociale” di tanti clienti? Non significa fare appello a molteplici fattori psicologici di più e meglio di uno psicologo? Cosa c’entra la coltivazione di tutta questa “ricchezza umana” con la lotta nella giungla? Si può avere successo in Italia con un simile approccio intellettuale? In teoria risponderei di no. Ma purtroppo, devo rispendere di sì, invece. In fondo gli italiani sono esterofili... Ma il “boomerang di Frascati” può dare un contributo decisivo a far scoprire gli altarini di certi franchising anche presso il grande pubblico… Internet è piccolo, il blog mormora…. [/QUOTE]
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