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Il Pirellone di Milano perde il primato di altezza
Milano e l’altezza sono stati un connubio inscindibile. Senza rovine paragonabili a quelle di Roma e delle Due Sicilie, in una pianura resa «magnifi cente dal lavoro dell’uomo» (Carlo Cattaneo, «Notizie na turali e civili su la Lombar dia») solo un segno verticale che poteva stagliarsi sopra gli abitati, i campi coltivati e le ri saie poteva rendere identifica bile il luogo. Per questo, lo sti le gotico della cattedrale e un «cantiere permanente» come quello della Veneranda Fabbri ca del Duomo sono stati, e so no, i simboli identificativi di Milano, espressioni dello spi rito umano di costruire verso l’alto lavorando incessante mente. Simboli tutt’altro che del passato, tanto che l’afferma zione futurista di Boccioni, del cui movimento si celebra il centenario, avviene nel 1910 proprio con la tela «La città che sale», inno alla me tropoli del futuro che si sviluppa in altezza attraverso il lavoro. Ovvero la Milano di sempre. La Milano che vener dì, con il secondo grattacielo della Regione Lombardia sali rà ancora.
Nessuno violò il record in altezza della Madonnina (108,5 metri; altezza della sta tua 4,16) realizzata dal Giusep pe Perego e posta sulla più al ta guglia che l’architetto Fran cesco Croce costruì nel 1769 sino al grattacielo Pirelli di Gio Ponti. Qualche possibilità c’era stata: ma la Torre del Fila rete al Castello Sforzesco (70 metri) costruita da Luca Bel trami nel 1900 o la Torre Vela sca del gruppo BBPR si erano fermate un po’ al di sotto. La Torre Velasca, del 1958, solo due metri al di sotto. Dunque si era pronti per il sorpasso. E questo arrivò con Gio Ponti e il suo grattacielo in ce mento armato che, con gran de scandalo e polemica, nel 1960 raggiunse l’altezza di 127,40 metri. Naturalmente i grandi grattacieli americani cresciuti come funghi di pie tra dopo la crisi del ’29 erano già più alti. Ponti, che resta l’architetto italiano del Nove cento più noto nel mondo, non aveva però costruito l’edificio più svettante d’Ita lia, poiché sui due gradini più alti del podio restavano la cupola di Michelangelo di San Pietro (136 metri) e la Mole Antonelliana di Torino (167 metri).
Il Pirellone, inaugurato il 4 aprile del ’60, divenne subito il simbolo della borghesia del Nord e del boom economico. E per questo fu preso lettera riamente di mira dall’anarchi co protagonista di «La vita agra» di Luciano Bianciardi, che aveva il desiderio di farlo saltare in aria. Ma il grattacie lo resistette anche il 18 aprile del 2002 quando Milano visse una pallida, ma pur sempre tragica, imitazione dell’11 set tembre, con lo svizzero Gino Fasulo che alle 17.47 lanciò il suo aereo da turismo contro gli ultimi piani del colosso di cemento. Sembrò di assistere a un film già visto, con i nu clei speciali dei vigili del fuo co che si lanciarono su per le scale del Pirellone e si calano dall’alto recuperando vittime, feriti tra uno svolazzare di pol vere e fogli e una foresta di macerie e frammenti.
Venerdì prossimo il gratta cielo della seconda Sede della Regione Lombardia, progetta to da Pei-Cobb attualmente in costruzione nell’area di via Melchiorre Gioia, raggiunge rà e supererà l'altezza del Pirel li diventando il punto più alto di Milano. «Alle 21.30 — ha di chiarato il presidente della Lombardia Formigoni — sulla sommità del cantiere verrà collocata una pietra di quota che segnerà 127,40 metri». E sulla «pietra di quota» verrà poi posizionata la Madonnina di Cantiere, miniatura della Madonnina del Duomo, una cui copia di 85 centimetri è po sta sulla sommità del gratta cielo Pirelli sin dal 1960. Ma è un primato destinato a non durare. I tre grattacieli di Ci tyLife che sorgeranno sul l’area della ex Fiera Campiona ria saranno alti 170 metri (Li beskind), 185 metri (Hadid) e 215 metri (Isozaki). Non ne cessariamente una città alta è una grande città. Milano, pe rò, ha storicamente scelto an che questo: costruire vette di pietra sopra la pianura.
via IMMOBILMENTE: Il Pirellone perde il primato Milano ricomincia a salire.
Milano e l’altezza sono stati un connubio inscindibile. Senza rovine paragonabili a quelle di Roma e delle Due Sicilie, in una pianura resa «magnifi cente dal lavoro dell’uomo» (Carlo Cattaneo, «Notizie na turali e civili su la Lombar dia») solo un segno verticale che poteva stagliarsi sopra gli abitati, i campi coltivati e le ri saie poteva rendere identifica bile il luogo. Per questo, lo sti le gotico della cattedrale e un «cantiere permanente» come quello della Veneranda Fabbri ca del Duomo sono stati, e so no, i simboli identificativi di Milano, espressioni dello spi rito umano di costruire verso l’alto lavorando incessante mente. Simboli tutt’altro che del passato, tanto che l’afferma zione futurista di Boccioni, del cui movimento si celebra il centenario, avviene nel 1910 proprio con la tela «La città che sale», inno alla me tropoli del futuro che si sviluppa in altezza attraverso il lavoro. Ovvero la Milano di sempre. La Milano che vener dì, con il secondo grattacielo della Regione Lombardia sali rà ancora.
Nessuno violò il record in altezza della Madonnina (108,5 metri; altezza della sta tua 4,16) realizzata dal Giusep pe Perego e posta sulla più al ta guglia che l’architetto Fran cesco Croce costruì nel 1769 sino al grattacielo Pirelli di Gio Ponti. Qualche possibilità c’era stata: ma la Torre del Fila rete al Castello Sforzesco (70 metri) costruita da Luca Bel trami nel 1900 o la Torre Vela sca del gruppo BBPR si erano fermate un po’ al di sotto. La Torre Velasca, del 1958, solo due metri al di sotto. Dunque si era pronti per il sorpasso. E questo arrivò con Gio Ponti e il suo grattacielo in ce mento armato che, con gran de scandalo e polemica, nel 1960 raggiunse l’altezza di 127,40 metri. Naturalmente i grandi grattacieli americani cresciuti come funghi di pie tra dopo la crisi del ’29 erano già più alti. Ponti, che resta l’architetto italiano del Nove cento più noto nel mondo, non aveva però costruito l’edificio più svettante d’Ita lia, poiché sui due gradini più alti del podio restavano la cupola di Michelangelo di San Pietro (136 metri) e la Mole Antonelliana di Torino (167 metri).
Il Pirellone, inaugurato il 4 aprile del ’60, divenne subito il simbolo della borghesia del Nord e del boom economico. E per questo fu preso lettera riamente di mira dall’anarchi co protagonista di «La vita agra» di Luciano Bianciardi, che aveva il desiderio di farlo saltare in aria. Ma il grattacie lo resistette anche il 18 aprile del 2002 quando Milano visse una pallida, ma pur sempre tragica, imitazione dell’11 set tembre, con lo svizzero Gino Fasulo che alle 17.47 lanciò il suo aereo da turismo contro gli ultimi piani del colosso di cemento. Sembrò di assistere a un film già visto, con i nu clei speciali dei vigili del fuo co che si lanciarono su per le scale del Pirellone e si calano dall’alto recuperando vittime, feriti tra uno svolazzare di pol vere e fogli e una foresta di macerie e frammenti.
Venerdì prossimo il gratta cielo della seconda Sede della Regione Lombardia, progetta to da Pei-Cobb attualmente in costruzione nell’area di via Melchiorre Gioia, raggiunge rà e supererà l'altezza del Pirel li diventando il punto più alto di Milano. «Alle 21.30 — ha di chiarato il presidente della Lombardia Formigoni — sulla sommità del cantiere verrà collocata una pietra di quota che segnerà 127,40 metri». E sulla «pietra di quota» verrà poi posizionata la Madonnina di Cantiere, miniatura della Madonnina del Duomo, una cui copia di 85 centimetri è po sta sulla sommità del gratta cielo Pirelli sin dal 1960. Ma è un primato destinato a non durare. I tre grattacieli di Ci tyLife che sorgeranno sul l’area della ex Fiera Campiona ria saranno alti 170 metri (Li beskind), 185 metri (Hadid) e 215 metri (Isozaki). Non ne cessariamente una città alta è una grande città. Milano, pe rò, ha storicamente scelto an che questo: costruire vette di pietra sopra la pianura.
via IMMOBILMENTE: Il Pirellone perde il primato Milano ricomincia a salire.