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Testo
<blockquote data-quote="Giampiero" data-source="post: 43779" data-attributes="member: 1144"><p>Secondo la disciplina codicistica il mediatore matura il proprio diritto alla provvigione nel momento in cui si conclude l’affare per il quale egli ha prestato la propria attività.</p><p>A questo proposito la giurisprudenza ha chiarito che l’affare sia da ritenersi concluso nel momento in cui, tra le parti poste in relazione dal mediatore, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per l’esecuzione del negozio.</p><p>Di conseguenza anche la stipula di un contratto preliminare può considerarsi quale atto conclusivo dell’affare e pertanto idoneo all’ottenimento della provvigione (Corte di Cassazione, sez. III civile, 30 dicembre 1997 n.13132).</p><p>Qualsiasi tipo di contratto preliminare fa sorgere il diritto alla provvigione?</p><p>La regola generale è che il diritto alla provvigione sorge nel momento della conclusione di un contratto preliminare che consenta a ciascuna delle parti di agire per la sua esecuzione in forma specifica (ex art. 2932 cod. civ.) o per il risarcimento del danno.</p><p>Detto questo non fa sorgere il diritto alla provvigione la conclusione di un contratto preliminare con il quale le parti si impegnano a stipulare un nuovo contratto preliminare (preliminare di preliminare), né tutti i contratti preliminari nulli o annullabili (per cause conosciute o che avrebbero dovuto essere conosciute dal mediatore) in quanto per tali contratti non è possibile ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso. Al contrario, per esempio, un contratto preliminare di cosa altrui deve essere considerato atto conclusivo dell’affare, in quanto tale tipo di contratto non è né nullo, né annullabile, importando solo l’obbligo a carico del venditore di acquistare dal proprietario il bene per trasmetterlo al compratore che ne diventa proprietario nel momento in cui il venditore ne consegue la proprietà (Cass. civ., Sez. III, 18/05/2001, n.6827).</p></blockquote><p></p>
[QUOTE="Giampiero, post: 43779, member: 1144"] Secondo la disciplina codicistica il mediatore matura il proprio diritto alla provvigione nel momento in cui si conclude l’affare per il quale egli ha prestato la propria attività. A questo proposito la giurisprudenza ha chiarito che l’affare sia da ritenersi concluso nel momento in cui, tra le parti poste in relazione dal mediatore, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per l’esecuzione del negozio. Di conseguenza anche la stipula di un contratto preliminare può considerarsi quale atto conclusivo dell’affare e pertanto idoneo all’ottenimento della provvigione (Corte di Cassazione, sez. III civile, 30 dicembre 1997 n.13132). Qualsiasi tipo di contratto preliminare fa sorgere il diritto alla provvigione? La regola generale è che il diritto alla provvigione sorge nel momento della conclusione di un contratto preliminare che consenta a ciascuna delle parti di agire per la sua esecuzione in forma specifica (ex art. 2932 cod. civ.) o per il risarcimento del danno. Detto questo non fa sorgere il diritto alla provvigione la conclusione di un contratto preliminare con il quale le parti si impegnano a stipulare un nuovo contratto preliminare (preliminare di preliminare), né tutti i contratti preliminari nulli o annullabili (per cause conosciute o che avrebbero dovuto essere conosciute dal mediatore) in quanto per tali contratti non è possibile ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso. Al contrario, per esempio, un contratto preliminare di cosa altrui deve essere considerato atto conclusivo dell’affare, in quanto tale tipo di contratto non è né nullo, né annullabile, importando solo l’obbligo a carico del venditore di acquistare dal proprietario il bene per trasmetterlo al compratore che ne diventa proprietario nel momento in cui il venditore ne consegue la proprietà (Cass. civ., Sez. III, 18/05/2001, n.6827). [/QUOTE]
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