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L'Esperto Immobiliare Risponde
Locazione Comodato Nuda Proprietà e Usufrutto
Si può affittare un appartamento mantenendovi la residenza del proprietario?
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<blockquote data-quote="Pennylove" data-source="post: 347321" data-attributes="member: 31598"><p>Sul tema della residenza del locatore si intrecciano una serie di disposizioni civilistiche, anagrafiche e fiscali che sovente mal si conciliano tra loro.</p><p></p><p>Dal punto di vista giuridico, la residenza viene definita dall’art. 43, co. 2 del codice civile come “<em>il luogo in cui la persona ha la dimora abituale</em>”: essa è determinata dalla volontà soggettiva di rimanere in un determinato luogo, ma anche dal fatto oggettivo della stabile permanenza in questo luogo. Non solo. Questa “abitualità della dimora” non impone la continuità o la definitività, ma richiede solo la conservazione dell’abitazione in quel dato luogo ove il soggetto XXX ritorna quando possibile, mostrando l’intenzione di mantenervi le sue relazioni familiari e sociali.</p><p></p><p>Dal punto di vista anagrafico (regolamento anagrafico della popolazione residente), due nuclei familiari possono condividere la stessa abitazione, richiedere la residenza e - se non sussiste alcun vincolo di matrimonio, parentela, affinità, tutela fra di loro – costituire due famiglie anagrafiche che avranno separati stati di famiglia. Riguardo alla sottoscrizione dei contratti di fornitura di acqua, energia elettrica e gas con apposite aziende, in caso di condivisione dell’abitazione principale con altri conduttori da parte del locatore – se il contatore è unico - l’intestatario del contratto, in genere, è una sola persona: non sono contemplati doppi nominativi, in quanto, per le aziende fornitrici, il consumo è unico e, contabilmente, solo una persona ne risponde per crediti e debiti: pertanto, locatore e conduttori dovranno accordarsi per una ripartizione differenziata dei consumi a rete.</p><p></p><p>Dal punto di vista fiscale, per quanto concerne l’IRPEF, qualora parte dell’abitazione principale del soggetto XXX che vi dimora abitualmente sia parzialmente locata, in sede di compilazione dei redditi (modello Unico PF 2013) occorre indicare nel primo rigo (RB1) , nella colonna 2 (Utilizzo) il codice 1 (immobile utilizzato come “abitazione principale”) e nella colonna 3 i giorni di possesso dell’immobile prima della stipulazione del contratto di locazione; nella colonna 2 (Utilizzo) del secondo rigo (RB2) ad esempio il codice 8 (immobile locato a canone agevolato), nella colonna 3 i giorni di possesso dell’immobile dopo la stipulazione del contratto di locazione, nella colonna 6 il canone di locazione ridotto e nella colonna (Continuazione) va barrata la casella per indicare che si tratta dello stesso fabbricato. Ai fini IMU, invece, l’immobile parzialmente locato, in genere, secondo il parere (discutibile) degli enti comunali, perde la destinazione di unità immobiliare adibita ad abitazione principale.</p><p></p><p>Riguardo, infine, al requisito della residenza nelle agevolazioni prima casa, il nostro sistema fiscale agevola l’acquisto della prima proprietà e non l’acquisto dell’abitazione principale.</p><p></p><p>A tal riguardo l’Agenzia delle Entrate ha affermato - nelle circolari n°19 del 1° marzo 2001 (“<em><strong>L'immobile oggetto del trasferimento agevolato deve essere ubicato,</strong> ai sensi del comma 1, lettera a), della citata nota II bis), salvo i casi particolari precisati dallo stesso legislatore, <strong>nel territorio del comune in cui l'acquirente ha o intende stabilire la residenza.</strong> A tale ultimo proposito si sottolinea che la dichiarazione di intento, consistente nella manifestazione della volonta' di stabilire la residenza nel comune ove e' ubicato l'immobile acquistato, espressa nell'atto di trasferimento, costituisce vero e proprio obbligo dell'acquirente sancito con la decadenza dalle agevolazioni; da tale dichiarazione consegue l'onere per l'acquirente stesso di trasferire effettivamente la residenza, entro il termine di diciotto mesi a pena di decadenza, nel comune in cui e' situato l'immobile acquistato e di darne prova all'ufficio spontaneamente o a richiesta</em>”) e n°38/E del 12 agosto 2005 – che per il godimento dei benefici fiscali per l’acquisto della “prima casa” non è più previsto l’obbligo di adibire l’immobile ad abitazione principale, ritenendosi tale orientamento ormai consolidato (vedi Agenzia delle Entrate, risoluzione n° 140 del 10 aprile 2008: “<em>Atteso ciò, si osserva che per il godimento dell’agevolazione ‘prima casa’ non è più previsto l’obbligo di adibire l’immobile ad abitazione principale (v. circolare 12 agosto 2005, n. 38/E). Il venir meno del predetto obbligo, però, non esclude che vi sia un nesso causale tra l’agevolazione ‘prima casa’ e l’immobile acquistato fruendo di detta agevolazione. <strong>È fondato ritenere, infatti, che il legislatore, in considerazione della rilevanza sociale che riveste la casa di abitazione di proprietà, abbia inteso agevolarne l’acquisto anche nell’ipotesi in cui il beneficiario stabilisca la residenza in un altro immobile, purché quest’ultimo sia ubicato nello stesso comune dove si trova quello acquistato con l’agevolazione ‘prima casa</strong></em><strong>’”</strong>).</p><p></p><p>In sostanza, per quanto riguarda la residenza, se l’acquirente “agevolato” risiede già nel comune in cui è situato l’immobile, il requisito è già soddisfatto; se, al contrario, il medesimo risiede in un territorio comunale diverso da quello in cui si trova l’immobile, deve rendere una dichiarazione di intento consistente nella volontà di stabilire la residenza – entro diciotto mesi dalla data dell’atto – nel Comune in cui si trova l’immobile oggetto di acquisto. In tal caso, è il mancato trasferimento della residenza, nel termine previsto, ad originare la decadenza dai benefici tributari. Non solo. E’ dallo spirare del diciottesimo mese che l’Amministrazione finanziaria può accertare se poi la dichiarazione di intento si è trasformata in un comportamento attivo che ha comportato lo spostamento effettivo della residenza</p><p></p><p>Pertanto, se si mantiene la residenza nel Comune, non sussiste nessun problema di decadenza dai benefici fiscali. Allo stesso modo, l’abitazione acquistata può essere anche data in locazione, se non fosse che la concessione in locazione totale dell’immobile costituisce una circostanza incompatibile con la dimora abituale del locatore, con inevitabili ricadute non solo sulle eventuali detrazioni fiscali legate agli interessi sul mutuo ipotecario immobiliare, ma anche sul pagamento dell’IMU sull’immobile non più adibito ad abitazione principale e dimora abituale.</p><p></p><p>Tuttavia, la stessa legge non prevede espressamente una durata minima di mantenimento della residenza nel Comune ove è situato l’immobile né – come detto – esclude la possibilità di affittarlo. Pertanto una parte della dottrina risolve in senso positivo la questione circa la possibilità di spostare la residenza dal Comune in cui è situato l’immobile ad altro Comune successivamente alla registrazione dell’atto: il contribuente agisce nel pieno rispetto della norma qualora:</p><p></p><p><em>a)</em> abbia comprato nel Comune in cui risiede o ivi trasferisca la residenza entro i i termini previsti di cui si è detto;</p><p></p><p><em>b)</em> non abbia altri immobili nel territorio comunale interessato;</p><p></p><p><em>c) </em>non abbia utilizzato le agevolazioni in oggetto.</p><p></p><p>Questa ricostruzione non impedirebbe al contribuente di trasferirsi in un altro Comune successivamente all’acquisto, tuttavia gli impone l’onere di non acquisire successivamente, nel proprio patrimonio immobiliare, un altro immobile usufruendo delle agevolazioni, almeno fino a quando non venda l’immobile.</p><p></p><p>Di avviso contrario, l’altra parte della dottrina: gli osservatori più prudenti suggeriscono, in ogni caso, il mantenimento della residenza per tutto il periodo precedente alla prescrizione triennale di accertamento decorrente dalla richiesta di registrazione (vedi articolo 76, comma 2, lettera a) del DPR n°131/1986 che disciplina l’imposta di registro).</p></blockquote><p></p>
[QUOTE="Pennylove, post: 347321, member: 31598"] Sul tema della residenza del locatore si intrecciano una serie di disposizioni civilistiche, anagrafiche e fiscali che sovente mal si conciliano tra loro. Dal punto di vista giuridico, la residenza viene definita dall’art. 43, co. 2 del codice civile come “[I]il luogo in cui la persona ha la dimora abituale[/I]”: essa è determinata dalla volontà soggettiva di rimanere in un determinato luogo, ma anche dal fatto oggettivo della stabile permanenza in questo luogo. Non solo. Questa “abitualità della dimora” non impone la continuità o la definitività, ma richiede solo la conservazione dell’abitazione in quel dato luogo ove il soggetto XXX ritorna quando possibile, mostrando l’intenzione di mantenervi le sue relazioni familiari e sociali. Dal punto di vista anagrafico (regolamento anagrafico della popolazione residente), due nuclei familiari possono condividere la stessa abitazione, richiedere la residenza e - se non sussiste alcun vincolo di matrimonio, parentela, affinità, tutela fra di loro – costituire due famiglie anagrafiche che avranno separati stati di famiglia. Riguardo alla sottoscrizione dei contratti di fornitura di acqua, energia elettrica e gas con apposite aziende, in caso di condivisione dell’abitazione principale con altri conduttori da parte del locatore – se il contatore è unico - l’intestatario del contratto, in genere, è una sola persona: non sono contemplati doppi nominativi, in quanto, per le aziende fornitrici, il consumo è unico e, contabilmente, solo una persona ne risponde per crediti e debiti: pertanto, locatore e conduttori dovranno accordarsi per una ripartizione differenziata dei consumi a rete. Dal punto di vista fiscale, per quanto concerne l’IRPEF, qualora parte dell’abitazione principale del soggetto XXX che vi dimora abitualmente sia parzialmente locata, in sede di compilazione dei redditi (modello Unico PF 2013) occorre indicare nel primo rigo (RB1) , nella colonna 2 (Utilizzo) il codice 1 (immobile utilizzato come “abitazione principale”) e nella colonna 3 i giorni di possesso dell’immobile prima della stipulazione del contratto di locazione; nella colonna 2 (Utilizzo) del secondo rigo (RB2) ad esempio il codice 8 (immobile locato a canone agevolato), nella colonna 3 i giorni di possesso dell’immobile dopo la stipulazione del contratto di locazione, nella colonna 6 il canone di locazione ridotto e nella colonna (Continuazione) va barrata la casella per indicare che si tratta dello stesso fabbricato. Ai fini IMU, invece, l’immobile parzialmente locato, in genere, secondo il parere (discutibile) degli enti comunali, perde la destinazione di unità immobiliare adibita ad abitazione principale. Riguardo, infine, al requisito della residenza nelle agevolazioni prima casa, il nostro sistema fiscale agevola l’acquisto della prima proprietà e non l’acquisto dell’abitazione principale. A tal riguardo l’Agenzia delle Entrate ha affermato - nelle circolari n°19 del 1° marzo 2001 (“[I][B]L'immobile oggetto del trasferimento agevolato deve essere ubicato,[/B] ai sensi del comma 1, lettera a), della citata nota II bis), salvo i casi particolari precisati dallo stesso legislatore, [B]nel territorio del comune in cui l'acquirente ha o intende stabilire la residenza.[/B] A tale ultimo proposito si sottolinea che la dichiarazione di intento, consistente nella manifestazione della volonta' di stabilire la residenza nel comune ove e' ubicato l'immobile acquistato, espressa nell'atto di trasferimento, costituisce vero e proprio obbligo dell'acquirente sancito con la decadenza dalle agevolazioni; da tale dichiarazione consegue l'onere per l'acquirente stesso di trasferire effettivamente la residenza, entro il termine di diciotto mesi a pena di decadenza, nel comune in cui e' situato l'immobile acquistato e di darne prova all'ufficio spontaneamente o a richiesta[/I]”) e n°38/E del 12 agosto 2005 – che per il godimento dei benefici fiscali per l’acquisto della “prima casa” non è più previsto l’obbligo di adibire l’immobile ad abitazione principale, ritenendosi tale orientamento ormai consolidato (vedi Agenzia delle Entrate, risoluzione n° 140 del 10 aprile 2008: “[I]Atteso ciò, si osserva che per il godimento dell’agevolazione ‘prima casa’ non è più previsto l’obbligo di adibire l’immobile ad abitazione principale (v. circolare 12 agosto 2005, n. 38/E). Il venir meno del predetto obbligo, però, non esclude che vi sia un nesso causale tra l’agevolazione ‘prima casa’ e l’immobile acquistato fruendo di detta agevolazione. [B]È fondato ritenere, infatti, che il legislatore, in considerazione della rilevanza sociale che riveste la casa di abitazione di proprietà, abbia inteso agevolarne l’acquisto anche nell’ipotesi in cui il beneficiario stabilisca la residenza in un altro immobile, purché quest’ultimo sia ubicato nello stesso comune dove si trova quello acquistato con l’agevolazione ‘prima casa[/B][/I][B]’”[/B]). In sostanza, per quanto riguarda la residenza, se l’acquirente “agevolato” risiede già nel comune in cui è situato l’immobile, il requisito è già soddisfatto; se, al contrario, il medesimo risiede in un territorio comunale diverso da quello in cui si trova l’immobile, deve rendere una dichiarazione di intento consistente nella volontà di stabilire la residenza – entro diciotto mesi dalla data dell’atto – nel Comune in cui si trova l’immobile oggetto di acquisto. In tal caso, è il mancato trasferimento della residenza, nel termine previsto, ad originare la decadenza dai benefici tributari. Non solo. E’ dallo spirare del diciottesimo mese che l’Amministrazione finanziaria può accertare se poi la dichiarazione di intento si è trasformata in un comportamento attivo che ha comportato lo spostamento effettivo della residenza Pertanto, se si mantiene la residenza nel Comune, non sussiste nessun problema di decadenza dai benefici fiscali. Allo stesso modo, l’abitazione acquistata può essere anche data in locazione, se non fosse che la concessione in locazione totale dell’immobile costituisce una circostanza incompatibile con la dimora abituale del locatore, con inevitabili ricadute non solo sulle eventuali detrazioni fiscali legate agli interessi sul mutuo ipotecario immobiliare, ma anche sul pagamento dell’IMU sull’immobile non più adibito ad abitazione principale e dimora abituale. Tuttavia, la stessa legge non prevede espressamente una durata minima di mantenimento della residenza nel Comune ove è situato l’immobile né – come detto – esclude la possibilità di affittarlo. Pertanto una parte della dottrina risolve in senso positivo la questione circa la possibilità di spostare la residenza dal Comune in cui è situato l’immobile ad altro Comune successivamente alla registrazione dell’atto: il contribuente agisce nel pieno rispetto della norma qualora: [I]a)[/I] abbia comprato nel Comune in cui risiede o ivi trasferisca la residenza entro i i termini previsti di cui si è detto; [I]b)[/I] non abbia altri immobili nel territorio comunale interessato; [I]c) [/I]non abbia utilizzato le agevolazioni in oggetto. Questa ricostruzione non impedirebbe al contribuente di trasferirsi in un altro Comune successivamente all’acquisto, tuttavia gli impone l’onere di non acquisire successivamente, nel proprio patrimonio immobiliare, un altro immobile usufruendo delle agevolazioni, almeno fino a quando non venda l’immobile. Di avviso contrario, l’altra parte della dottrina: gli osservatori più prudenti suggeriscono, in ogni caso, il mantenimento della residenza per tutto il periodo precedente alla prescrizione triennale di accertamento decorrente dalla richiesta di registrazione (vedi articolo 76, comma 2, lettera a) del DPR n°131/1986 che disciplina l’imposta di registro). [/QUOTE]
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