
Dopo l'eruzione del 1944, il Vesuvio è in fase di quiescenza. Tale periodo di riposo, in base alla descrizione del ciclo sopra descritta, appare atipico, per cui la ripresa dell'attività eruttiva pare fortemente in ritardo. Per questo, si ritiene che il Vesuvio sia uscito dal tipo di attività studiato. Per qualche motivo ancora ignoto, il condotto (praticamente sempre aperto dal 1631) dev'essersi
ostruito in profondità, o devono essersi svuotate le "sacche" di magma che alimentavano l'attività ciclica, per cui il vulcano è tornato all'apparenza inerte, come doveva essere prima del 1631. Nel 1987, l'AGIP effettuò una trivellazione su un fianco del Vesuvio per cercare di convertirne il calore interno in energia elettrica: nonostante lo scavo sia arrivato al di sotto del basamento, non si trovò calore. Nel 2001, invece, una ricerca condotta dalle Università di Napoli e di Nizza, e i cui risultati sono stati pubblicati su Science, ha permesso di accertare che a una profondità di circa otto chilometri sotto la superficie è presente un accumulo di magma che si estende per circa quattrocento chilometri quadrati, dal centro del golfo di Napoli fino quasi ai contrafforti preappenninici. Per via di ciò, è lecito aspettarsi segnali di una ripresa dell'attività in qualunque momento: quindi, il Vesuvio è strettamente monitorato.