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[FONT=Georgia,Times New Roman,Times,serif]Assolutamente condivisibile ma mi sembra un invito che cadrà nel vuoto.... Purtroppo.




Facciamo uno sforzo di sincerità
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[FONT=Georgia,Times New Roman,Times,serif]Ferruccio De Bortoli - Direttore del Corriere della Sera | Italia[/FONT]


[FONT=Georgia,Times New Roman,Times,serif]“Come da tradizione la domenica mattina dei nostri workshop è dedicata all’agenda per l’Italia.
In tanti anni questa sala ha ascoltato molte parole sagge, valutato impegni ambiziosi, assistito a momenti di verità assai meno numerosi di tante promesse cadute nel vuoto.
Troppe.

Nell’aprire questa sezione, e certo di interpretare uno spirito diffuso, vorrei rivolgere ai nostri ospiti una piccola preghiera.
Siate semplici e sinceri, o almeno provate ad esserlo. Non raccontateci di un Paese che non c’è e non fateci sognare un Paese che non ci sarà.
Facciamo tutti insieme una modesta professione di concretezza e di umiltà. Il tempo delle parole vuote è finito.
La stagione degli annunci si è spenta nella miseria dei risultati e in un gioco per nulla divertente di apparenze e di ombre, in cui il pubblico si è mischiato al privato, il politico al personale in un impasto che farebbe la fortuna di un commediografo.
Nella nostra attualità c’è poco teatro, ci sono molti sguaiati teatrini. C’è troppo avanspettacolo.

Il Paese sta attraversando una delle crisi più serie della sua storia. Ha bisogno di essere credibile non solo nei confronti dei mercati e delle istituzioni europee ma anche con se stesso.
Vogliamo tornare a guardarci serenamente allo specchio, orgogliosi delle nostre qualità, dei nostri talenti e dei nostri prodotti, senza doverci vergognare di una immagine deteriorata e impietosa, che non meritiamo. Non meritiamo affatto.
Non diteci che la colpa è sempre dell’altro, dell’alleato di governo riottoso e inaffidabile, dell’oppositore preconcetto e irresponsabile, dell’osservatore internazionale preda di pregiudizi e riserve, del governo in carica sempre e comunque.
Per una volta tanto, facciamo tutti insieme, politici, imprenditori e anche noi giornalisti, non esenti da colpe, uno sforzo supplementare di chiarezza e sincerità.
Così fa una classe dirigente all’altezza del proprio prestigio e consapevole delle proprie responsabilità.
Più che un mistero divino, riprendo le parole pronunciate qui ieri dal presidente Napolitano, la formazione della classe dirigente italiana appare un mistero buffo. Gli scenari globali che stiamo vivendo non tollerano più minuetti e furbizie.
Rischiamo di essere meno competitivi non per la qualità e il prezzo dei nostri prodotti e servizi, ma per l’inaffidabilità del Paese e delle sue istituzioni.

La credibilità, e lo sapete voi che difendete ogni giorno a denti stretti marchi e mercati, è tutto. Lo è soprattutto per un Paese che ogni anno emette trecento miliardi di titoli pubblici per rinnovare il proprio debito. E non può permettersi di pagare a lungo un premio al rischio così elevato. E per fortuna i mercati non quotano la coerenza.

Per queste semplici ragioni gradiremmo sentire qualche voce autocritica, qualche sincera confessione. Ciò ci consentirebbe di dare qualche credito alle promesse e agli impegni che verranno annunciati.
Siamo stanchi di riti e qualche volta abbiamo la sgradevole sensazione di essere presi in giro. I
Il paradosso delle ultime svariate manovre è che gli emendamenti hanno avuto molti padri; le proposte sono desolatamente orfane.
Non per una insana curiosità, ma vorremmo che chi ha proposto il superprelievo sui redditi, ce ne spiegasse le ragioni; chi ha estratto dal cilindro la norma sul riscatto di laurea e servizio militare alzasse la mano; che il genio che riteneva possibile l’abolizione delle feste laiche si palesasse soltanto per un attimo.

Ma vorremmo anche che coloro i quali incalzano, giustamente, il governo nella lotta all’evasione o nell’imposizione di una patrimoniale si astenessero dal farlo, almeno per un modesto senso estetico, se residenti all’estero e gonfi di società in paradisi fiscali.
E sarebbe rassicurante se chi ogni giorno chiede rigore e sacrifici agli altri non sabotasse, con una incessante azione di lobbying, ogni proposta destinata a sfiorarlo, anche in minima parte.
Un aumento dell’IVA, la liberalizzazione degli orari dei negozi, la Robin tax.

E forse sarebbe anche auspicabile che si ragionasse, in questo disgraziato ma bellissimo Paese - ditelo anche nelle vostre conversazioni private, non si sa mai - sulla estrema resistenza di corporazioni e microinteressi davanti a ogni piccolo sacrificio. Un neofeudalesimo irresponsabile e stucchevole. Un blocco conservatore, vasto e radicato, che rende priva di significato la distinzione fra destra e sinistra.
Non ci sono più torte da dividere, né orticelli e privilegi da difendere. C’è molta serietà da ritrovare, lo dico anche per la mia professione, e una credibilità da ricostruire. La sincerità è un modo civile per farlo. Anche in pubblico. Altrimenti consegneremo alle generazioni future, ai nostri figli, non solo un alto debito ma anche lo spiacevole ricordo di un’età ricca di sprechi e di egoismi. Grazie.”
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studiopci

Membro Storico
Non sono in accordo su :

qualche volta abbiamo la sgradevole sensazione di essere presi in giro

non è qualche volta e non è una sensazione, siamo presi in giro.

E cadrà nel vuoto come tutte le parole che sono state dette , l'Italia è un paese dove purtroppo non esiste più il senso civico e l'autonomia del pensiero è fuggita all'estero come i cervelli, dove la coscienza popolare si forma seguendo la televisione ed il gossip, dove le norme imperative sono : " e allora , che fà ? " " non c'è niente di strano ", è un paese dove è normale che la " padania " sia un'entità geografica e politica, dove è normale che un Ministro della Repubblica sputi sulla Costituzione e sulla Bandiera mostrando il dito medio( unica azione di senso compiuto ), è un paese dove si crede esista una maggioranza ed un'opposizione che si scontrino per il bene del paese, l'Italia è un paese che ha contribuito e contribuisce a fare grandi gli altri paesi , ma non riesce a farlo con il nostro, L'Italia è un paese che ha un passato, che ci è stato dato da grandi e piccoli uomini, ma a cui è stato tolto il futuro da una minoranza di grandi malfattori. Fabrizio
 

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