Bagudi

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Non farti spaventare dalle minacce di proprietari e avvocati: è prassi...

E' chiaro che, nonostante la mancanza di scritti, voi avete molte frecce al vostro arco, ma vi toccherà comunque prendere un legale per rintuzzare la malafede di chi vi ha tirato un gancio...

Silvana
 

pensoperme

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Il 3% o lo 0,50% fa ancora dibattere.
Ma la risoluzione dell'agenzia delle entrate n. 197/E del 1.08.2007 ha chiarito, senza ombra di dubbi, il dilemma.
Leggila e poi ne parliamo.

L'ho letta, parla di confirmatoria in conto prezzo e se sia da considerare acconto soggetto ad IVA..., mi pare, mi risulta anche a me che solo la caparra confirmatoria sconti lo 0,50%. IN quella risoluzione l'ADE decide che la caparra in conto prezzo su una vendita soggetta da IVA sia da computare, ai fini IVA, come acconto con ulteriori 168 euro di imposta fissa.

Nulla a che vedere con la penitenziale, infatti si richiama sempre la confirmatoria, ex art. 1385.

CeRDEF Documentazione economica e finanziaria

Fu quella risoluzione che aprì il dibattito sulla frase "da computarsi in conto prezzo al rogito notarile" che molti notai non ritenevano sufficiente per non far sì che il "conto prezzo" trasformasse la caparra in acconto e quindi scontasse il 3% come vuole l'ADE.
Non chiarisce per nulla il dubbio espresso, non c'entra nulla.

La caparra confirmatoria è speciale, e sarebbe fuori prezzo, andrebbe infatti restituita al rogito, per quello sconta lo 0,50, la penitenziale è altro, è il corrispettivo di un recesso, serve ad altro e sconta, secondo quanto conosco,il 3%. Ci sono testi che dicono che la penitenziale sconta quanto la confirmatoria?
 

gcaval

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Non tutto quello che si trova nel web dice la verità

Certo. Sono assolutamente d'accordo.

La caparra penitenziale è soggetta alla tassazione del 3% Non c'è niente da discutere

Anch'io, ripeto, so così. Il punto è che non spetta a noi discutere o meno. Trovo però, che farsi venire un dubbio, quando si trova anche una sola fonte discordante, non faccia mai male. Sentire anche la versione del notaio non farà male, più che altro per fugare ogni dubbio.
 

Antonello

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La caparra (da capo arra = inizio di garanzia), sia essa confirmatoria o penitenziale, è la somma versata a titolo di garanzia di un contratto contro eventuali inadempienze o quale pena prestabilita in caso di recesso.
Non è un anticipo sul prezzo pattuito nel contratto, ma una garanzia o pegno di natura risarcitoria.
In pratica un compenso che viene attribuito alla parte che subisce il recesso.
Se il contratto avrà esecuzione, la caparra (penitenziale o confirmatoria) sarà considerata un acconto o anticipo sul prezzo.
L'anticipo sul prezzo è invece la parte di un debito versata al creditore come acconto sulla cifra totale.
 

pensoperme

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La caparra (da capo arra = inizio di garanzia), sia essa confirmatoria o penitenziale, è la somma versata a titolo di garanzia di un contratto contro eventuali inadempienze o quale pena prestabilita in caso di recesso.
Non è un anticipo sul prezzo pattuito nel contratto, ma una garanzia o pegno di natura risarcitoria.
In pratica un compenso che viene attribuito alla parte che subisce il recesso.
Se il contratto avrà esecuzione, la caparra (penitenziale o confirmatoria) sarà considerata un acconto o anticipo sul prezzo.
L'anticipo sul prezzo è invece la parte di un debito versata al creditore come acconto sulla cifra totale.

Condivisibile interpretazione, ma ci hai detto di leggere la risoluzione sopra e non c'entrava nulla, l'ADE fa pagare il 3% sulle penitenziali quando registri un contratto (confermato da molti tuoi colleghi) e non esistono testi precisi (a mia conoscenza) che dicono "la penitenziale ex art. 1386 sconta lo 0,50".
 

Antonello

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Poco e niente da interpretare.
La caparra ha un chiaro significato e l'acconto un altro altrettanto chiaro e tutti e due i termini non lasciano spazio a dubbi.
La risoluzione chiarisce che la caparra sconta lo 0,50%, mentre l'acconto il 3%.
Oltre che leggerla, va capita.
Sarò un caso particolare ma ho sempre pagato all'Agenzia delle Entrate per nome e conto dei clienti, dal 2007 ad oggi, lo 0,50% sulle caparre, sia a titolo penitenziale che confirmatoria.
 

pensoperme

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Poco e niente da interpretare.
La caparra ha un chiaro significato e l'acconto un altro altrettanto chiaro e tutti e due i termini non lasciano spazio a dubbi.
La risoluzione chiarisce che la caparra sconta lo 0,50%, mentre l'acconto il 3%.
Oltre che leggerla, va capita.
Sarò un caso particolare ma ho sempre pagato all'Agenzia delle Entrate per nome e conto dei clienti, dal 2007 ad oggi, lo 0,50% sulle caparre, sia a titolo penitenziale che confirmatoria.

Non è quella risoluzione a chiarire quel punto, se la rileggi con attenzione parte da quella certezza per la 1385 e stop per arrivare a fare un ragionamento di tutt'altro genere. Quella risoluzione parla di altro. Rileggila.

Poi leggiti questo articolo di fisco oggi:
Distinzione fra caparra confirmatoria, penitenziale e acconti. La prelazione e l’opzione
La dazione, al momento della stipula di un contratto preliminare, di una somma di denaro o di altre cose fungibili, può effettuarsi a vario titolo: acconto, caparra penitenziale o caparra confirmatoria.
Definire chiaramente la funzione della caparra (confirmatoria o penitenziale) e degli acconti riveste, quindi, un’importanza fondamentale ai fini dell’individuazione della disciplina tributaria a essi applicabile, con riferimento, in particolare, alle imposte indirette.

Per quanto attiene la caparra e l’acconto, è necessario precisare che la prima si distingue in caparra confirmatoria (articolo 1385 Cc) e in caparra penitenziale (articolo 1386 Cc).
Nello specifico si avrà:

la caparra confirmatoria, che costituisce una conferma dell'adempimento, di cui segna quasi un'anticipata e parziale esecuzione. Al di là dei profili strettamente funzionali, vanno evidenziati soprattutto gli effetti che la pattuizione della caparra confirmatoria produce, espressamente descritti dall’articolo 1385 Cc. Sotto il profilo prettamente fiscale, è riconosciuta alla caparra confirmatoria una funzione risarcitoria, in quanto, la stessa è finalizzata a risarcire o, comunque, indennizzare il soggetto che ha subito l’inadempienza. Nell’ipotesi dell’adempimento del contratto, invece, la caparra esaurisce la sua funzione risarcitoria e diventa parte del corrispettivo, assoggettabile a IVA, sempre che ricorrano i presupposti oggettivo, soggettivo e territoriale, attraverso l’imputazione alla cessione effettuata o alla prestazione eseguita; tale operazione non avrà luogo qualora le parti optino per la restituzione, ex articolo 1385 Cc. Sulla natura accessoria ed eventuale della caparra, si conferma che essendo la clausola contenente la caparra non collegata necessariamente al contratto preliminare, come lo è, invece, la quietanza per il prezzo ricevuto rispetto a un contratto di compravendita, la stessa si configura, di conseguenza, come un atto autonomamente tassabile, ai sensi dell’articolo 21, comma 1 del Tur. Infine, per distinguere la caparra dall’acconto, occorre che la volontà delle parti manifestata nel contratto preliminare si traduca in una espressa menzione contrattuale, nel senso che la dazione della somma avviene a titolo di caparra confirmatoria o di acconto. A tal proposito si è concordi con la giurisprudenza che, sul punto, ha ritenuto che "nel dubbio sull’effettiva volontà delle parti, l’anticipo va considerato come acconto e non caparra, poiché non si può supporre che le parti si siano assoggettate tacitamente ad una “pena civile”, ravvisabile nella funzione della caparra confirmatoria" (Ctc, sentenza 6067/1989; Cassazione, sentenza 10874/1994). Sulla distinzione caparra confirmatoria/acconto di prezzo, la recente risoluzione 197/E dell’1/8/2007 ha ribadito che, nel caso in cui l’operazione di trasferimento immobiliare sia soggetta a IVA, la previsione nel preliminare del versamento di una somma di denaro "mediante imputazione al prezzo a titolo di caparra confirmatoria e acconto prezzo" attribuisce alla caparra l’ulteriore funzione di anticipazione del corrispettivo; pertanto, il versamento dell’acconto-prezzo, rappresentando l’anticipazione del corrispettivo pattuito (ex articolo 6 del Dpr 633/1972), assume rilevanza ai fini IVA, con il conseguente obbligo per il cedente o il prestatore di emettere la relativa fattura con addebito dell’imposta. Ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, si renderà applicabile il criterio di alternatività e, pertanto, le disposizioni soggette a IVA non saranno imponibili agli effetti del Registro, risultando dovuta la sola imposta di registro in misura fissa
con riguardo agli acconti, l’articolo 6 del Dpr 633/1972 precisa che, se con riferimento a una cessione di beni si verifichi, pur anteriormente al verificarsi dell'effetto traslativo, il pagamento, ancorché parziale, del corrispettivo, si avrà, con riferimento a tale prestazione, l'immediato assoggettamento a IVA; qualora l’acconto non sia soggetto a IVA, ai sensi del richiamo all’articolo 9 della Tariffa, parte prima, allegata al Dpr 131/1986, l’imposta di registro sarà applicata in misura proporzionale con l’aliquota del 3%
la caparra penitenziale rappresenta, invece, non una cautela contro l’inadempimento, ma il corrispettivo per l’attribuzione della facoltà di recesso. Per quanto concerne l’applicazione dell’imposta di registro, va detto che, non essendo espressamente contemplata dalla nota all’articolo 10 della Tariffa, non può trovare applicazione il rinvio all’articolo 6 della Tariffa stessa. Tenuto conto del carattere accessorio ed eventuale della clausola penitenziale, in quanto non connessa con un rapporto di derivazione necessaria alle disposizioni proprie del preliminare, e del suo contenuto patrimoniale che esula anche dal campo di applicazione dell’IVA, si ritiene debba trovare applicazione l’articolo 9 della Tariffa, che disciplina, in via residuale, tutte le disposizioni non altrove previste che manifestino un contenuto patrimoniale, con conseguente applicazione dell’aliquota proporzionale del 3 per cento (si richiama la risoluzione n. 310388 del 18/06/1990).

Ecco la risoluzione in oggetto:
Risoluzione 18 giugno 1990 n. 310388
Con nota n. 5870, Div. 2°, Sett. del 12 agosto 1986 la Prefettura di B. chiedeva il parere della scrivente in ordine al regime tributario cui doveva essere assoggettato l'atto amministrativo di affida- mento del servizio in oggetto indicato. Il competente ufficio del registro, infatti, aveva ritenuto di dover sottoporre all'imposta di registro in misura fissa un'autonoma disposizione contenuta nell'atto in questio- ne la quale comportava l'applicazione di una clausola penale in caso di inadempimento della ditta affida- taria. Interpellato in merito codesto ispettorato manifestava il convincimento che, ai sensi dell' art. 21, comma 1, del D.P.R. n. 131 del 26 aprile 1986, poteva rilevarsi nell'atto l'esistenza di due disposizioni non derivanti necessariamente le une dalle altre e che, per conseguenza, ciascuna di esse doveva sog- giacere a distinta imposizione consistente per un verso nell'applicazione dell'imposta di registro in misura fissa, relativamente alla prestazione di servizio assoggettata ad IVA (art. 40 del D.P.R. n. 131/1986) e, per altro verso, nell'applicazione, sempre in misura fissa, della stessa imposta alla disposizione relativa alla clausola penale, ai sensi dell' art. 27 del richiamato D.P.R. n. 131/1986. Al riguardo la scrivente ritie- ne di poter concordare con la soluzione esposta da codesto ispettorato. Si osserva, infatti, che la clausola penale di cui in argomento non sembra configurare una disposizione derivante necessariamente, per sua intrinseca natura, dall'affidamento posto in essere, assoggettato ad IVA; al più essa può ritenersi un ele- mento che rafforza l'obbligo di fare il quale ha già la sua autonomia contrattuale al di fuori dell'apposizio- ne della suddetta clausola. Non risulta pertanto possibile inserire la fattispecie in questione nell'ambito di applicazione del comma 2 dell'art. 21 del D.P.R. n. 131/1986, così come sembrerebbe adombrare la loca- le Prefettura nella nota n. 5870, Divisione 2° Sett. del 12 agosto 1986. A conforto della suesposta inter-
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pretazione milita poi anche la considerazione che la clausola penale, comportando una prestazione patri- moniale che esula dal campo di applicazione dell'IVA (v. Art. 15, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972) è da ritenersi soggetta all'imposta di registro per il noto principio di alternatività di cui all'art. 40 del D.P.R. n. 131/986.

Sulla base del fatto che la tariffa NON contempli un regime speciale per la penitenziale in modo espresso e di questa ulteriore risoluzione, gli uffici tassano la penitenziale al 3% (pur non riguardandola direttamente la penitenziale è una penale per recesso, di fondo), però non significa che non ci siano alcuni uffici che prendano per buona l'interpretazione del registrante, tanto il fisco può contestarlo in qualsiasi momento.
Francamente, io capisco bene ciò che leggo e quando parlo di diritto non parto mai dalla mia misera esperienza personale, perché farei uno sbaglio pericoloso e se mi poni a sostegno delle tue tesi il fatto che le cose vano "capite come le capisci tu" perché lavori così, francamente non mi pare sufficiente. Io capisco ciò che c'è scritto, non ciò che tu mi dici che ci dovrebbe esser scritto, ma non c'è, si parla di diritto, non si può capire ciò che NON c'è scritto, semmai dedurlo, la deduzione in fatto di imposte è pericolosa.
 

gcaval

Membro Attivo
Professionista
Sono sempre più dell'avviso che faremmo bene a consultare qualche notaio (una rondine non fa primavera, ma uno stormo induce a pensare che l'inverno è finito! :D). Io ne incontro uno mercoledì, chiederò.

Non mi sento di prendere una posizione assoluta, anche se, ripeto ancora una volta, la maggior parte delle fonti (ma non tutte) fanno propendere per il 3%. Qualcosa quindi non mi convince del tutto. In più, spero che la versione di Antonello sia quella giusta. Non per altro, farebbe molto più comodo a noi che all'AdE ;) Per cui credo valga la pena di indagare meglio.
 

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