Definire i “gravi motivi” non è cosa facile, visto che la legge stessa non lo delinea e si deve invece fare riferimento alla giurisprudenza. In termini generali si deve trattare di un motivo legato ad un evento imprevisto, non dipendente in alcun modo dalla volontà dell’inquilino, e sopravvenuto dopo la stipula del contratto, tale da rendere oltremodo gravosa la prosecuzione della locazione. L’esempio tipico per le locazioni ad uso abitativo è quello dell’inquilino che improvvisamente ed inaspettatamente deve trasferirsi in un’altra città per motivi di lavoro non dipendenti da una sua scelta . Sempre a titolo esemplificativo – e questa volta per le locazioni ad uso commerciale – “gravi motivi” possono essere la cessazione dell’attività, una calamità naturale, una congiuntura economica imprevista. Il relativo apprezzamento (in caso di contestazione da parte del locatore, peraltro raro, dati i costi del giudizio) è rimesso al giudice di merito che dovrà tenere conto di tutte le caratteristiche dello specifico caso.

Viene riconosciuta, quindi, la rilevanza dei soli motivi di natura oggettiva, relativi cioè all’oggetto della locazione, non dando invece rilevanza ai motivi soggettivi, inerenti la persona del conduttore. La giurisprudenza è portata a interpretare la norma in esame in modo molto restrittivo, ritenendo, quindi, sussistere i “gravi motivi” solo nei casi in cui davvero essi siano non solo sopravvenuti alla stipula del contratto, ma anche assolutamente indipendenti dalla volontà del conduttore e al di fuori della sua normale prevedibilità.
 
Nelle locazioni ad uso diverso, il comma 8 dell’art. 27 della legge n°392/1978 prevede la lettera raccomandata come forma di comunicazione del preavviso di recesso. Nelle locazioni ad uso abitativo, il comma 6 dell’art. 3 della legge n°431/1998 sancisce comunque l’obbligo di comunicazione del preavviso semestrale. Nonostante nulla si dica sulla forma di questa comunicazione, l’imposizione di un preavviso implica necessariamente la forma scritta dell’atto di recesso, così che la prova temporale del suo invio al locatore non possa essere fornita da una tacita manifestazione che abbia evidenziato una volontà contraria alla prosecuzione della locazione. D’altro canto, secondo soluzione costantemente accolta dalla giurisprudenza, nei contratti formali le cause modificative o estintive del rapporto di locazione devono essere espresse nella forma richiesta per il contratto a cui si riferiscono. Di conseguenza, l’atto recettizio unilaterale con il quale il conduttore esercita il diritto di recesso, rimane soggetto allo stesso vincolo di forma scritta imposto per il contratto di locazione. Pertanto è bene che il recesso del conduttore dal contratto di locazione ad uso abitativo si comunichi al locatore con lettera raccomandata o con altro mezzo equipollente comunque idoneo allo scopo, esplicitando i gravi motivi (trattandosi di recesso “titolato”), e ciò al fine di consentire al locatore di poterli eventualmente contestare, pena la invalidità del recesso stesso.

Riguardo al quesito se la raccomandata debba essere semplice o con ricevuta di ritorno, la questione va inquadrata nell’ambito dell’art. 1335 del cod. civ., secondo cui, nelle ipotesi di atti aventi caratteri recettizio (quale, senza dubbio, è la comunicazione di recesso anticipato), sussiste una presunzione di conoscenza dell’atto al momento in cui questo giunge all’indirizzo del destinatario, salvo che questi non provi di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia. La presunzione di conoscenza delle comunicazioni altrui opera per il solo fatto oggettivo dell’arrivo nel luogo indicato dalla norma, indipendentemente dal mezzo di trasmissione operato. La Corte di Cassazione, con sentenza n°5164 del 1991, ha ribadito che la lettera raccomandata di disdetta del contratto di affitto si reputa conosciuta dal momento in cui giunge all’indirizzo del destinatario (conoscibilità dell’atto): ciò significa che è da questo momento che decorrono i sei mesi previsti dalla legge (o preavviso inferiore ai sei mesi, se pattuito contrattualmente, in deroga alla legge stessa) necessari affinchè il recesso abbia effetto.
 

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