felyna

Nuovo Iscritto
Buongiorno, ho trovato molto utile il vostro forum e le vostre risposte sono sempre esaustive, più dei consulenti che su questa materia sanno poco o quasi niente.
Vi espongo la mia situazione:
Lavoro da quasi 6 anni presso un'agenzia immobiliare che il titolare per motivi personali ha deciso di vendere. Premesso che ho l'attestato di frequenza "corso agenti immobiliare" e sono in attesa degli esami che si svolgeranno purtroppo non prima di 7/8 mesi. Io vorrei comprare l'agenzia per non buttare all'aria l'avviamento e non perdere il portafoglio clienti, sarebbe un belò vantaggio piuttosto che aprirne una mia tra un anno e riniziare tutto da capo.
Avrei una persona amica con il patentino che potrebbe coprirmi per circa una anno, ma che tipo di ingaggio potrei fare? Io vorrei aprire una ditta individuale e fare un ingaggio occasionale o al massimo per 1, 2 ore al giorno (per limitarte le spese). Come posso fare per essere in regola e per non far rischiare troppo l'amico che ha il patentino?
Grazie in anticipo per le risposte
Cordiali saluti KATIA STALLONE:D
 

pensoperme

Membro Storico
Privato Cittadino
Puoi fare una srl o una sas, dove tu avrai la maggioranza e l'altro farà l'amministratore.
Per "lavorarci" puoi fare un contratto a progetto, dove il progetto è proprio al tua formazione come agente immobiliare, senza alcun vincolo di orario, che scadrà (mi pare durino due anni massimo) nel momento in cui potrai fare l'agente immobiliare. Fai un contratto a modo con il socio amministratore che riceverà una % sugli utili e un compenso amministratore. L'avviamento di una agenzia, spesso, è nelle persone che ci lavorano, a meno che non sia una grande agenzia in centri a grande densità, quindi valuta anche questo e sopratutto ricordati della clausola di non concorrenza con il vecchio gestore, al quale devi limitare la libertà di aprire anche tramite terzi nella tua zona, la cui "liquidazione" deve esser compresa nel prezzo di acquisto.

PS.

Qui qualcuno ti darà dell'abusiva, ma tu lascia correre e non ti curar di loro, a breve gli passa pure questa fissa.
 

gennaro63

Membro Attivo
Mediatore Creditizio
Nelle varie fasi del rapporto di lavoro, tra datore di lavoro-imprenditore e lavoratore dipendente, si contrappongono interessi diversi.

Il legislatore del codice civile ha previsto una serie di norme a tutela del datore-imprenditore a fronte della concorrenza e della divulgazione dei segreti e dei metodi produttivi da parte del lavoratore sia in corso di rapporto, sia alla cessazione dello stesso attribuendogli la facoltà eccezionale di poter comprimere, previo accordo tra le parti, il libero esercizio dell’attività professionale del lavoratore.

E’ in questa dualità di interessi che si estrinseca la ratio delle norme oggetto di questo breve excursus, tra i quali spicca l’ art. 2105 che impone al prestatore l’obbligo di non fare (divieto di concorrenza e obbligo di riservatezza) e ciò in ottemperanza al dovere di fedeltà che è obbligazione accessoria a quella principale di lavorare; di altrettanta rilevanza è l’art. 2125 cc. che prevede il patto di non concorrenza quale estensione dell’obbligo di fedeltà al termine del rapporto di lavoro proteggendo da un lato l’imprenditore da un’eventuale attività di concorrenza da parte dell’ex-dipendente e dall’altro il lavoratore imponendo la stipulazione del patto a limiti oggettivi; e infine l’art. 2596 cc. del generale divieto di concorrenza applicabile al lavoratore autonomo, nonchè l’art. 1751-bis che estende l’obbligo di non fare anche all’agente.

Ciò su cui lo scrivente vuole approfondire la sua analisi è il patto di non concorrenza di cui all’art. 2125, in base al quale il datore di lavoro dopo la cessazione del rapporto di lavoro in essere può limitare l’attività del prestatore, previo accordo tra le parti; tale patto produce i suoi effetti solo se redatto in forma scritta, ad substantiam, ai sensi degli artt. 2125 e 1350 n. 13 cc.

Codesta clausola pattizia soggiace alla pena di nullità, anche qualora non presenti il carattere dell’onerosità; al prestatore di lavoro, infatti dev’essere riconosciuta un’indennità a titolo di corrispettivo a riconoscimento della limitazione dell’esercizio della propria attività lavorativa.

La natura giuridica del patto in esame ci conduce alla disciplina del contratto a titolo oneroso ed a prestazioni corrispettive, salva ovviamente la sussistenza di tutti i limiti: oggetto, tempo e luogo che costituiscono conditio sine qua non per la sua validità.

A sostegno di questa tesi, riterrei opportuno riportare una massima del Tribunale di Torino del 2000 che così testualmente recita: “Il patto di non concorrenza è un contratto e, al pari di qualsiasi altro contratto, non può venir meno per volontà di una sola delle parti che l’hanno stipulato; la comunicazione, da parte del datore di lavoro, della liberazione del lavoratore dagli obblighi derivanti dal patto di non concorrenza è assolutamente inefficace”.

Il patto di non concorrenza riguarda esclusivamente il rapporto di lavoro subordinato e pertanto non può applicarsi ad ipotesi diverse, come quella, per esempio, del rapporto d’agenzia, dato che l’agente non è un lavoratore subordinato, ma un lavoratore autonomo; in tali ipotesi risulta essere applicabile, invece, l’art. 1751-bis del cc. (1); la Suprema Corte (2) considera altresì escluso dall’ambito di applicazione soggettivo dell’art. 2125 il lavoratore parasubordinato, essendo costui equiparato per analogia iuris al lavoratore autonomo.

Tale norma giuridica prevede al secondo comma che il patto di non concorrenza, dalla cessazione del rapporto di lavoro, non può avere una durata superiore a tre anni per i lavoratori dipendenti, a cinque per i dirigenti; nel caso in cui tali limiti temporali non fossero rispettati, per il tempo eccedente la durata legale, il patto non produrrebbe nessun effetto.

I lavoratori autonomi ai quali viene applicato l’art. 2596, non possono essere vincolati al divieto di concorrenza per più di cinque anni, mentre gli agenti, ai sensi dell’art. 1751-bis, per più di due anni.

A favore del lavoratore, il patto di cui all’art. 2125, in quanto contratto a titolo oneroso, come accennato sopra, deve obbligatoriamente prevedere un corrispettivo il cui ammontare potrà essere stabilito in misura fissa o in percentuale alla retribuzione sempre nel rispetto dell’entità dell’obbligo imposto.

Il corrispettivo dell’obbligo di non concorrenza, pattuito in favore del lavoratore in una percentuale sulla retribuzione e da corrispondersi nel corso del rapporto di lavoro (costituisce retribuzione, come ogni erogazione effettuata dal datore di lavoro “in dipendenza” e, più precisamente, in ogni occasione del rapporto di lavoro e, pertanto, è soggetto a contribuzione previdenziale ai sensi dell’art. 12 della legge 30 aprile 1969 n. 153 ed allo stesso termine di prescrizione previsto dall’art. 2948 n. cc. per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi (3).

In relazione all’oggetto, l’imprenditore, nel definirlo, deve consentire al lavoratore nella sua successiva attività un guadagno idoneo ad appagare le esigenze del lavoratore e della sua famiglia (4); inoltre può estendersi anche all’attività coincidente con quella praticata dall’azienda che sia concorrenziale ad essa e non solo alle mansioni del lavoratore, purchè residui la possibilità di utilizzare le capacità professionali (5), non può contrariamente riguardare qualsiasi attività o oggetto molto ampio con corrispettivo simbolico (6); se il corrispettivo del patto oggetto dell’art. 2125 non è adeguato il patto è nullo.

L’onerosità non è necessariamente prevista per i patti ai sensi dell’2596 e 1751-bis, ed è invece esclusa qualora il patto che venga stipulato tra cedente e cessionario delle quote di partecipazione ad un’impresa collettiva, di cui il cedente sia anche direttore commerciale (7).

Nel caso in cui il lavoratore abbia goduto del corrispettivo erogato a fronte del patto di non concorrenza e in seguito si verifichi la nullità del patto stesso per mancanza di una delle condizioni su indicate, costui è tenuto alla restituzione delle somme elargite (8).

E’ altresì nullo il patto, il cui luogo comporta un’eccessiva estensione, assumendo tra l’altro che il limite territoriale dovrebbe essere verificato congiuntamente a quello di oggetto.

La giurisprudenza in passato si è pronunciata asserendo che è illegittimo il patto che estende il divieto di concorrenza a tutto il territorio nazionale, mentre al contrario è legittimo limitare l’attività in tutto il territorio CEE se in concreto il lavoratore conserva la possibilità di usare la propria professionalità (9).


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1( ) CASS, Sez. Lav. Civ., sent. n. 9118/1991, in UnicoLavoro, ed Sole 24 ore.

2( ) CASS., Sez. Civ., sent. n.. 11282/1990, in UnicoLavoro, ed Sole 24 ore.

3( ) CASS., Sez. Lav. Civ., sent. n. 3507/1991, in Giust.it.

4( ) CASS., Sez. Civ. Lav., sent. n. 5477/2000, in UnicoLavoro, ed Sole 24 ore.

5( ) CASS., Sez. Civ., sent. n. 10062/1994, UnicoLavoro, ed Sole 24 ore.

6( ) TRIB., Modena, 2000.

7( ) CASS. Sez. Civ., sent. n. 16026/2001, in Foro Italiano.

8( ) TRIB. Milano, 1992.

9( ) PRET. Milano, 1992.

n.b. mi meraviglio che nel tuo intervento non abbia specificato meglio questa clausola...:risata::risata::risata: dimenticavo...felyna auguri
 

pensoperme

Membro Storico
Privato Cittadino
Beh, è palese che non era il punto principale della domanda, ma un consiglio, quindi se gli interessa approfondirà... eprsonalmente se comprassi io una attività del genere, una parte la pagherei a rate mensili, sotto forma di compenso per la non concorrenza. ;)
 

felyna

Nuovo Iscritto
Scusate ma ho potuto leggere le risposte solo oggi, la connessione causa maltempo faceva i capricci. Grazie intanto per le risposte, tengo comunque a precisare, che il mio titolare lascia proprio questo tipo di lavoro, in quanto sta comprando un albergo, inoltre cambierà anche città, quindi non credo di incorrere in nessun tipo di concorrenza sleale o scorrettezza nei suoi confronti. Il punto è sono in regola se ingaggio l'amico AI solo per 1, 2 ,mesi o a progetto come dici tu? Da un lato vorrei "in regola", dall'altro vorrei far correre pochi rischi a l'AI e nello stesso tempo (dato che sono all'inizio) spendere il meno possibile per l'ingaggio. La Sas potrebbe essere una soluzione, anche se preferirei una ditta individuale. Comunque il contratto a progetto è interessante, ma non so se posso farlo dato che già lavoro presso un'Agenzia. katia Stallone
 

pensoperme

Membro Storico
Privato Cittadino
La ditta individuale è esclusa. A progetto dovresti andarci tu: tu e il tipo diverrete soci di una società di capitali, tu hai il 99, lui l'1%. Questa società assume te a progetto. Lui fa l'amministratore. Quando non ti serve più lo liquidi (dovete esser d'accordo in questo senso). Se vuoi tenere il piede in due scarpe, lavorando in un altra agenzia, temo non sia possibile lo stesso.
 

Antonio Troise

Membro Storico
Agente Immobiliare
semplice, costituisci una società che non sia di mediazione, una società di compravendita immobili, gestione patrimoni immoibliari e altro importante tutto tranne intermediazioni immobiliari:ok:
Poi senza nessun tipo di rapporto societario, nomini preposto il tuo amico agente immobiliare, IMPORTANTE , che il preposto non svolga attività di mediazione presso altra agenzia :ok:
 

felyna

Nuovo Iscritto
Quindi dovrei fare avviare un'attività di servizi (come fanno in tanti), penso che potrebbe essere una soluzione, se tutto ciò è in regola. Nella sostanza dovrei fare pubblicità, segretariato, ecc. e lui comparire nelle acquisizioni e trattative, giusto? Come preposto è previsto anche l'ingaggio?
 

felyna

Nuovo Iscritto
La ditta individuale è esclusa. ...... Se vuoi tenere il piede in due scarpe, lavorando in un altra agenzia, temo non sia possibile lo stesso.
Scusami forse non mi sono spiegata, posso fare l'ingaggio a progetto se ho lavorato per 6 anni presso l'agenzia immobiliare che vorrei acquistare? L'ingaggio a progetto come dici tu può essere la mia formazione, ma se ho già lavorato ci rientro?

Aggiunto dopo 11 minuti...

La ditta individuale è esclusa. ...... Se vuoi tenere il piede in due scarpe, lavorando in un altra agenzia, temo non sia possibile lo stesso.
Scusami forse non mi sono spiegata, posso fare l'ingaggio a progetto se ho lavorato per 6 anni presso l'agenzia immobiliare che vorrei acquistare? L'ingaggio a progetto come dici tu può essere la mia formazione, ma se ho già lavorato ci rientro?
 

pensoperme

Membro Storico
Privato Cittadino
Scusami forse non mi sono spiegata, posso fare l'ingaggio a progetto se ho lavorato per 6 anni presso l'agenzia immobiliare che vorrei acquistare? L'ingaggio a progetto come dici tu può essere la mia formazione, ma se ho già lavorato ci rientro?

Non sono ferratissimo, ma non credo ci siano ostative. Anche perché avrai lavorato con inquadramento diverso da Agente Immobiliare, quindi fare un progetto per diventarlo è cosa vera e sostenibile, ma meglio se senti un consulente...
 

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