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E' una proposta provocatoria di Vittorio Sgarbi.

Davanti a simili uscite mi viene ironicamente da pensare che, siccome non ci sono tutti i soldi per progettare ed edificare nuovi quartieri, si preferisce usare quei pochi che restano in cassa per abbattere quelli che ci sono!
O almeno lo si pensa.
Il sindaco di Roma Alemanno vuole abbattere il, francamente brutto e degradato, quartiere di Tor Bella Monaca, nell’estrema periferia sud-est di Roma?
L’ assessore della casa della giunta regionale del Lazio,Teodoro Buontempo, vuole demolire il mostruoso palazzone - serpentone di Corviale, lungo "appena" 1200 metri?
E allora, per non essere da meno, Vittorio Sgarbi propone di radere al suolo nientepopodimeno che il quartier romano dei vip, i Parioli!
L’ha scritto sul settimanale Oggi e lo ha ripetuto alla Mostra di Venezia.
Sostiene Sgarbi ( a ragione ) che ai Parioli c’è tantissima brutta edilizia che andrebbe abbattuta senza pietà! Però nessuno sognerebbe di farlo perché quel quartiere è abitato da tanti pezzi grossi. Mentre Tor Bella Monaca e il Corviale sono abitati da povera gente senza nessun peso sociale, economico e politico e proprio per questo devono preoccuparsi per il futuro delle loro abitazioni.
A parte la verve polemica del noto e strabordante critico d’arte, questa querelle romana, una specie di tempesta in un bicchiere d'acqua, mette il dito su diverse piaghe.
A Roma è presente tanta mediocre edilizia residenziale, quella realizzata dagli anni 40 fino all’inizio degli anni ‘80, all’incirca. E questo è un fatto incontrovertibile.
Tanti quartieri, che vanno per la maggiore sono, almeno in parte, francamente brutti e facilmente soggetti al ludibrio estetico da parte di tutti quelli che hanno un minimo di competenza di arte e di architettura.
Livello del prezzo e livello estetico sono due valori che raramente si incontrano e vanno insieme. Ai Parioli men che mai….
La selvaggia speculazione edilizia che ha saccheggiato gran parte della Capitale d’Italia, come altre città italiane, è sempre un pericolo incombente, fino a quando i piani regolatori comunali saranno decisi, sostanzialmente, dai costruttori, specialmente da quelli che hanno solidi agganci in Parlamento…
Stante il “metodo” costruttivo italiano, le infrastrutture, gli impianti e i servizi pubblici ai nuovi quartieri sono solo l’ultimo dei pensieri, si architettano e si costruiscono alla fine e non all’inizio del progetto urbanistico.
Il dilemma principale di politica edilizia, qui in Italia, è questo: meglio abbattere e ricostruire senza distruggere la scarsa campagna rimasta, come fanno negli Usa, oppure si deve continuare secondo la cattiva abitudine di sempre e continuare a rovinare l’ambiente e a cementificare il verde?
Guardate la Lombardia, considerate com’ è già antropizzata al massimo…
Ma se si adotta la prima soluzione dove e come si dovranno poi ospitare temporaneamente gli abitanti dei quartieri che si abbattono e si ricostruiscono nello stesso posto?
Da qualsiasi lato lo si veda, occorrono enormi finanziamenti per sostenere progetti ambiziosi di bonifica e di riqualificazione edilizia ed ambientale.
E poi, infine, una domanda un po’ provocatoria di sociologia urbana.
Se le autorità desiderano combattere energicamente la delinquenza del furto, della prostituzione e dello spaccio di droga, massicciamente presente in determinati quartieri, che si fa, si abbattono i quartieri?
 

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