akaihp

Membro Attivo
Professionista
Ho pubblicato un video sul rapporto tra emergenza #coronavirus e #architettura e espresso alcune considerazioni.
Ne aggiungo altre.
-
In queste ultime settimane molti architetti stanno immaginando come si possa #evolvere la #città e l'#abitare, ipotizzando scenari anche apocalittici.
Io non sono così pessimista. Non penso, per esempio, che nel futuro sia opportuno introdurre un attacco per erogatore dell'ossigeno in ogni appartamento, come suggerito da Fuksas. Penso però che l'#interiordesign vada accuratamente pensato per favorire anche le lunghe permanenze. In tal senso probabilmente alcuni tipi di appartamenti saranno penalizzati.
Come si evolverà quindi l'architettura?
Gli scenari immobiliari dell'immediato futuro non sono rosei a leggere l'ultimo rapporto #Nomisma (ormai vecchio di un mese, che in questo periodo di incertezza sembra un tempo più lungo). Il mercato immobiliare #RealEstate del futuro è quindi in crisi continua.
Non sono un esperto né di economia né di virus, limiterò le mie considerazioni solo a ciò che so fare: creare spazi per vivere e lavorare.
Anche ammesso quindi che le pandemie non siano un caso isolato ma che saranno un compagno per i prossimi anni, non possiamo sapere se avranno tutte il medesimo andamento clinico. Non sappiamo quindi se per le prossime serviranno ossigeno o altro dispositivo medico. Dal momento che gli edifici hanno una vita media discretamente lunga, dovremo far sì che questi siano flessibili. Possano quindi assolvere ai loro doveri (darci riparo) sia in periodi "normali" sia in quelli di emergenza. Siano adattabili anche dal punto di vista "medico", senza per questo trasformarsi in ambulatori.
Non bisogna essere un esperto inoltre per profetizzare che più spazio per abitante si ha a disposizione, meglio ci si può organizzare e vivere.
A parità di potere di spesa, è possibile che le persone cerchino gli spazi più in periferia. O addirittura nei sobborghi, purché questi siano bene collegati, soprattutto con le infrastrutture digitali.
Questa esperienza ha forzato molte realtà a muoversi verso il telelavoro e, in parte, ad apprezzarne i lati positivi.
Il lavoro agile, spesso chiamato in Italia Smart Working, è una grande opportunità per le imprese e per i dipendenti. Lo era prima, lo sarà ancora di più in futuro. Se prenderà ancora più piede, il tempo del pendolarismo potrà essere ridotto a poche giornate essenziali, favorendo lo spostamento della popolazione verso le periferie. In questo scenario, il valore immobiliare dei piccoli paesi, in caduta libera da almeno un decennio, potrebbe ritrovare un momento felice. Il tutto a scapito di soluzioni abitative nel centro città, molto compresse e prive di spazi esterni vivibili.
 

akaihp

Membro Attivo
Professionista
Oggi ho letto il delirante intervento proprio dell' Archistar Fuksas, che allego


Beato lui che vive in un mondo tutto suo.


L'intervento di Fuksas contiene dei punti che non condivido ma non è proprio così delirante.
Suggerisco di andare a prendere la fonte e non leggere il commento di seconda mano di un quotidiano schierato politicamente in maniera opposta e che non fa altro che ridicolizzare un professionista.

Alcune considerazioni:
il limite dei 60 mq.
Esiste già un limite minimo per le abitazioni che dal 1975 in Italia è di 28 mq. Fino a un paio d'anni fa a Milano era 30 mq. Non è così sbagliato prevedere un miglioramento ulteriore delle condizioni di vita. Possiamo discutere sul numero, non sul principio.

andare a vivere in campagna.
Nè più ne meno quello che ho scritto anche io un po' più su. Lo ipotizza anche Stefano Boeri e altri. In effetti in un mondo in cui per molte professioni non vi sia la necessità di vicinanza al posto di lavoro - grazie al lavoro agile - non sarà da scartare questa possibilità.
 

cafelab

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Membro dello Staff
Professionista
Una riflessione condivisibile,
per quanto ho dei seri dubbi sul recupero di interesse per i piccoli paesi, al momento l'unica vera attrattiva che hanno case come queste è proprio il basso costo di acquisto,
nella mia esperienza l'edilizia dei paesi periferici le grandi città si divide principalmente in due grandi aree

1. l'edilizia vernacolare, per cui le nostre soprintendenze nutrono un'amore sviscerato,
la famosa edilizia povera ma sapiente, il frutto del lavoro del muratore "dalle mani d'oro" che dovrebbe "sorprendere per la felice sintesi forma-materia" ... e vabbè

2. l'edilizia fatta di lottizzazioni speculative, microalloggi con l'angolo cottura, l'angolo giardino, l'angolo-angolo...

fra le due non saprei scegliere quale garantisce la peggiore qualità della vita in tempi come come questi.

E' vero vivere in campagna non deve essere un lusso, ma la soluzione non passa per quei modelli abitativi, bisognerà pensare a formule diverse che combinino costi abbordabili, qualità della vita e risparmio dell'uso del suolo
e anche spazi comuni, non solo per lavorare, ma per non ricadere nell'alienante perdita di socialità delle case a schiera
 

Giuseppe Di Massa

Membro Senior
Agente Immobiliare
Ho pubblicato un video sul rapporto tra emergenza #coronavirus e #architettura e espresso alcune considerazioni.
Ne aggiungo altre.
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In queste ultime settimane molti architetti stanno immaginando come si possa #evolvere la #città e l'#abitare, ipotizzando scenari anche apocalittici.
Io non sono così pessimista. Non penso, per esempio, che nel futuro sia opportuno introdurre un attacco per erogatore dell'ossigeno in ogni appartamento, come suggerito da Fuksas. Penso però che l'#interiordesign vada accuratamente pensato per favorire anche le lunghe permanenze. In tal senso probabilmente alcuni tipi di appartamenti saranno penalizzati.
Come si evolverà quindi l'architettura?
Gli scenari immobiliari dell'immediato futuro non sono rosei a leggere l'ultimo rapporto #Nomisma (ormai vecchio di un mese, che in questo periodo di incertezza sembra un tempo più lungo). Il mercato immobiliare #RealEstate del futuro è quindi in crisi continua.
Non sono un esperto né di economia né di virus, limiterò le mie considerazioni solo a ciò che so fare: creare spazi per vivere e lavorare.
Anche ammesso quindi che le pandemie non siano un caso isolato ma che saranno un compagno per i prossimi anni, non possiamo sapere se avranno tutte il medesimo andamento clinico. Non sappiamo quindi se per le prossime serviranno ossigeno o altro dispositivo medico. Dal momento che gli edifici hanno una vita media discretamente lunga, dovremo far sì che questi siano flessibili. Possano quindi assolvere ai loro doveri (darci riparo) sia in periodi "normali" sia in quelli di emergenza. Siano adattabili anche dal punto di vista "medico", senza per questo trasformarsi in ambulatori.
Non bisogna essere un esperto inoltre per profetizzare che più spazio per abitante si ha a disposizione, meglio ci si può organizzare e vivere.
A parità di potere di spesa, è possibile che le persone cerchino gli spazi più in periferia. O addirittura nei sobborghi, purché questi siano bene collegati, soprattutto con le infrastrutture digitali.
Questa esperienza ha forzato molte realtà a muoversi verso il telelavoro e, in parte, ad apprezzarne i lati positivi.
Il lavoro agile, spesso chiamato in Italia Smart Working, è una grande opportunità per le imprese e per i dipendenti. Lo era prima, lo sarà ancora di più in futuro. Se prenderà ancora più piede, il tempo del pendolarismo potrà essere ridotto a poche giornate essenziali, favorendo lo spostamento della popolazione verso le periferie. In questo scenario, il valore immobiliare dei piccoli paesi, in caduta libera da almeno un decennio, potrebbe ritrovare un momento felice. Il tutto a scapito di soluzioni abitative nel centro città, molto compresse e prive di spazi esterni vivibili.
Anche io sono ottimista, sarà che l'11 settembre 2001 avevo appena aperto la mia prima agenzia e dopo quell'evento le migliori previsioni parlavano di terza guerra mondiale, portoni dei palazzi blindati, mercati finanziari internazionali finiti, mai più un mutuo, zero turismo "per decenni" ecc, invece...
 

cafelab

Moderatore
Membro dello Staff
Professionista
Durante il weekend ho colto l'occasione di una analisi che mi era stata inviata per pubblicare una riflessione sulla situazione delle case italiane
Perchè, dover rimanere in casa mette così in difficoltà le persone? Se davvero le nostre case sono ritagliate su misura dei nostri gusti, come mai sento parlare così tanto di "arresti domiciliari"?

Evidentemente le cose non stanno proprio così, secondo le analisi Isat, che ho riassunto anche in questa infografica:
  • il 76,6% delle case italiane ha più di 30 anni;
  • quasi la metà ha un taglio compreso tra 60 e 80 mq;
  • nel 30% delle quali sono stipate 4 o più persone;
  • e 14 milioni di abitazioni hanno un solo bagno
in definitiva siamo pieni di case relativamente piccole, vecchie e sovraffollate

infografica---vivere-la-casa-al-tempo-del-coronavirus.png
 

akaihp

Membro Attivo
Professionista
Anche io sono ottimista, sarà che l'11 settembre 2001 avevo appena aperto la mia prima agenzia e dopo quell'evento le migliori previsioni parlavano di terza guerra mondiale, portoni dei palazzi blindati, mercati finanziari internazionali finiti, mai più un mutuo, zero turismo "per decenni" ecc, invece...

Io sono più preoccupato dalle tensioni sociali che un aumento della disoccupazione può portare.
Le classi sociali più povere sono le più esposte a queste crisi.
Mi hanno fatto riflettere a New York le vetrine dei negozi di lusso protetti in attesa di atti vandalici o furti.
Per fortuna che viviamo in Europa e in Italia, stato assistenziale. Perfettibile, beninteso, ma migliore del sistema senza tutele nordamericano.
 

Bagudi

Fondatore
Membro dello Staff
Agente Immobiliare
L'intervento di Fuksas contiene dei punti che non condivido ma non è proprio così delirante.

l'ho trovato delirante, perchè non tiene conto della realtà.

Ovvio, come diceva Catalano, che vivere in una casa grande è meglio che vivere in una casa piccola... ma se teniamo conto dei costi delle aree e dei costi di costruzione (che nell'ultimo decennio non sono diminuiti con la crisi, ma comunque aumentati) chi se le può permettere le case grandi ?

E poi, grandi...
Io sto vendendo un complesso immobiliare che ha avuto molte traversie, da un ritardo di due anni e mezzo nell'inizio della costruzione (prevista nel 2008 con tutti gli appartamenti venduti sulla carta) dovuta al ritrovamento di reperti archeologici, alla rinuncia di metà degli acquirenti quando finalmente la situazione si è sbloccata e si era in piena crisi, alle difficoltà nel finire gli interventi...

Io stavo vendendo parecchio, finalmente, e gli appartamenti hanno ampie o addirittura grandi zone giorno, sono belli (almeno per me che negli anni 2000 mi sono ritrovata a vendere soggiorni con angolo cottura di 16 mq...), ma hanno camere ai minimi delle metrature consentite.
In compenso hanno due bagni, grandi, terrazzi vivibili e, spesso, il ripostiglio.

Diciamo che sono appartamenti che in caso di isolamento sociale sono comunque vivibili e questo mi fa pensare di poter continuare a vendere...
 

specialist

Membro Storico
Privato Cittadino
Per fortuna che viviamo in Europa e in Italia, stato assistenziale. Perfettibile, beninteso, ma migliore del sistema senza tutele nordamericano.
Vai a raccontare ai parenti dei bergamaschi che sono morti in casa perché non ci sono abbastanza respiratori o posti letto o tamponi quanto è efficiente il nostro stato assistenziale anche in Lombardia.
 

eldic

Membro Storico
Privato Cittadino
per onestà faccio due doverose premesse.
la prima è che non sono del mestiere.
la seconda è che fuksas mi sta sullo stomaco, ma proprio tanto (in realtà mi sa una spanna più giù, ma la censura automatica del forum non mi concede di collocarlo li).

questo chiarito mi sembrano discorsi di una banalità galattica del tipo "è meglio ricco che povero" o, scendendo nel triviale, "chiu pilu per tutti".

60 mq non vuol dire niente.
per un single o una coppia sono una reggia; per una famiglia con due bambini piccoli 100 mq vanno stretti

la campagna, figata!
peccato che, quando fuksas va a fare la spesa (ammesso che ci vada lui...) prende la macchina, si fa 10 km in una strada deserta, raccatta le sue primizie, torna a casa. unico problema la polvere nel passaruota. chissenefrega, ci pensa battista.
se nella campagna senese ci finisse mezza toscana, la strada deserta diventa trafficata come il GRA alle 8 di mattina, cosa che farebbe perdere buona parte del suo appeal.
a parte questo pagherei qualcosa per vedere la faccia schifata di fucksas nel trovarsi circondato da un esercito di onesti ma poveri travet.

poi, magari ci spiega anche come fa la gente comune a permettersi quello di cui vagheggia. va bene che lui è abituato a progetti da ennecentomijoni (che non finisce), ma il mondo reale non è così.
 

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