Silano

Membro Attivo
Privato Cittadino
A questo punto io comincio a non esserne più così sicuro. E non perchè penso che presto ripartirà l'economia e quindi anche il mercato immobiliare, ma semplicemente perchè vedo che i proprietari non cedono. Nessuno ha bisogno di vendere, nessuno vuole "svendere"... e i prezzi rimangono lì.
Vendere x comprare btp che rendono il 2%?:risata:

i prezzi nn scenderenno piu' semmai staranno fermi:p

chi ha case da vendere ha anche soldi x vivere bene:ok:
 
E

enzo6

Ospite
A questo punto io comincio a non esserne più così sicuro. E non perchè penso che presto ripartirà l'economia e quindi anche il mercato immobiliare, ma semplicemente perchè vedo che i proprietari non cedono. Nessuno ha bisogno di vendere, nessuno vuole "svendere"... e i prezzi rimangono lì.

Guarda che lentamente sta cambiando il sentiment della gente, adesso iniziano ad arrivare anche notizie positive e non solo quelle indicate periodicamente da Silano.
Sono stati persi dei mesi ma mediamente la gente non sta piu' considerando che i prezzi crolleranno ma che siamo in via di stabilizzazione.
Non appena si consoliderà questa sensazione l'88% degli italiani occupati tornerà ad acquistare unitamente agli stranieri.
Mi sembra la situazione di oggi sia migliore di quella di un anno fa anche perchè gli altri paesi sono quasi fuori dalla recessione, a ruota segue l'italia.
 

Silano

Membro Attivo
Privato Cittadino
Analisi giustissima!!!:applauso:

La gente che ha soldi capisce che i rendimenti ormai sono nulli ,l'affitto e' un fondo perduto,la casa e' un valore che da felicita' ,calore umano ,appartenenza,status,serenita':ok:
 

Ale.

Membro Senior
Professionista
i prezzi nn scenderenno piu' semmai staranno fermi:p


bene, allora aspettiamo che crescano i redditi, non vedo alternative......parliamo di quanti anni serviranno alla crescita dei redditi. l'immobiliare sarà poi una conseguenza.....

Non appena si consoliderà questa sensazione l'88% degli italiani occupati tornerà ad acquistare unitamente agli stranieri.

certo che ne spari di grosse......sicuro di essere un bocconiano ?? dall' 88% di occupati devi togliere la percentuale di proprietari che si aggira intorno all'80 % e ti resta un 8 %:risata:

ma fate finta di non capire o vi illudete ?

IL Mercato casa ha solo un problema : è saturo....

andate a ripassarvi che vuol dire mercato saturo ;) :D

La saturazione di un mercato si ha quando il potenziale produttivo delle imprese superano la capacità di assorbimento del mercato stesso. C'è da precisare che ciò non comporta per forza di cose una diminuzione dei prezzi in quanto si tratta di potenziale produttivo e non di offerta vera e propria la quale supera la domanda solo entro certi limiti, sarebbe a dire che i produttori in una situazione di mercato saturo sono costretti a limitare lo sfruttamento dei fattori produttivi per adeguarsi alla domanda effettiva nel breve periodo e a ridurre il proprio apparato produttivo nel medio e lungo periodo attraverso le ristrutturazioni aziendali ossia il turnaround. Inoltre è detto che il fenomeno non comporti un aumento della concorrenza.
 

Ale.

Membro Senior
Professionista
e leggetevi anche questo, ancora più interessante, spero VOGLIATE capirlo, senza retorica e tifo inutile da squadra ( io vi invito a ragionare , non voglio tifo da squadra)

è un po lungo ma vale la pena...


John Maynard Keynes molti anni fa scrisse un saggio intitolato “Possibilità economiche per i nostri nipoti”. Stava parlando di noi perché la data di pubblicazione di quel saggio è il 1930. Keynes prevedeva che i suoi nipoti (noi) sarebbero stati otto volte più ricchi della sua generazione. I bisogni assoluti delle persone sarebbero stati soddisfatti e il capitalismo si sarebbe pian piano spento come un motore che consuma l’ultima goccia di benzina. Effettivamente la crescita in termini economici del pianeta ha cominciato a rallentare da diversi anni. Ma il motore del capitalismo non si è fermato. Il mercato nei paesi più avanzati è saturo. Questo significa che è sempre più difficile vendere alla gente nuovi prodotti. La gente compra meno ed è portata a comprare di più quando ha di fronte un prodotto che percepisce come una novità. Gli smarttphone vendono benissimo, i tablet vendono ancor meglio. Steve Jobs aveva capito l’essenza del capitalismo quando si ostinava a voler vendere prodotti in grado di “cambiare la vita” delle persone. Perché oramai, abbiamo chiara la percezione di ciò che cambia la vita o no. E per cambiare la vita intendo le abitudini, i modi d’uso. Facile da usare e rivoluzionario, questo chiede la gente. Anni fa sembrava che la nuova frontiera della socializzazione digitale fosse Second Life. Oggi pochi si ricordano di cosa fosse. Si trattava di un universo virtuale dove ci si poteva muovere e interagire con altre persone attraverso un “avatar”, una copia di noi personalizzabile che si muoveva in quell’universo virtuale. Second Life è tramontata (direi fallita se non fosse che tecnicamente è ancora in piedi) perché era troppo difficile da usare. Facebook è invece esplosa perché è facile da usare ed è rivoluzionaria. Una nuova lavatrice non è rivoluzionaria. Anche se facile da usare non è più un oggetto che cambia la vita. Rispetto ai tempi nei quali la lavatrice non esisteva è stato un prodotto rivoluzionario. Oggi non lo è più. E per quante funzioni aggiuntive possiamo metterci dentro, la lavatrice viene cambiata quando si rompe irreparabilmente. Herbert Marcuse parlava di “obsolescenza programmata” dei beni di consumo. Diceva cioè che gli oggetti vengono fabbricati con una vita media prestabilita in modo da farci ricomprare lo stesso oggetto. Le imprese hanno usato questa tecnica: oggi si ripara sempre meno un elettrodomestico che si rompe. Tuttavia non è sufficiente, anche i tempi della “obsolescenza programmata” sono troppo lunghi per un mercato saturo.
Le banche sono state le prime a rendersi conto che il mercato non “tirava” più come una volta. Prestare soldi ai produttori di oggetti giorno dopo giorno si è rivelato un affare poco promettente. Fare soldi con i soldi è diventato più redditizio. Così pian piano l’economia si è sempre più staccata dal prodotto finanziarizzandosi. Ma senza crescita anche la finanza non riesce a macinare guadagno. Nel loro sforzo di trovare profitti le banche si sono indebitate in maniera crescente. Gli Stati sono intervenuti per salvare le banche prestando altri soldi per coprire le perdite. L’idea era che prima o poi la crescita sarebbe ripartita e che, finalmente, con nuove entrate fiscali il debito sarebbe stato ripianato. Non è andata così. Per alcuni buoni motivi. Il principale è che, a dispetto delle previsioni, i mercati non saturi non si sono aperti. L’enorme mercato della Cina e dell’India non ha cominciato abbastanza in fretta a consumare. Ovviamente se ciascuna famiglia cinese (non solo quelle che abitano nelle grandi città semi liberalizzate) decidesse che è giunta l’ora di comprare un frigorifero o una lavatrice l’economia mondiale ripartirebbe. Ci sono margini enormi di crescita, pensate solamente a quanti villaggi ci sono in Cina e in India dove ancora nessuno ha visto una lavatrice. A dispetto della globalizzazione i mercati non si sono realmente aperti. La Cina e l’India hanno fatto crescere parte della loro popolazione in termini di consumi, una parte ancora troppo ristretta. Cina e India non sono diventati, come si sperava, dei grandi mercati di assorbimento ma grandi mercati di lavoro a buon mercato. Poiché il capitalismo è rapido nell’accumulare ma ha qualche grosso problema nel ridistribuire la ricchezza, ci sono ancora troppe persone che non hanno la capacità economica di “entrare nel mercato”. Così europei e americani non consumano più ai ritmi passati e cinesi ed indiani ancora non sono entrati nel mercato del consumo. Anzi, sono entrati nel mercato della produzione. Così invece di assorbire come si sperava hanno dato una mano a produrre di più abbassando il costo complessivo della produzione. Se pago un lavoratore cinese cento euro al mese posso produrre di più a meno. Rimane il problema però di trovare qualcuno disposto a comprare. Insomma da una parte ci sono mercati saturi e dall’altra mercati promettenti ma lenti, troppo lenti oppure chiusi.
Un altro problema di non poco conto è che se compro un elettrodomestico, un’auto nuova, un telefono cellulare per farlo funzionare ho bisogno di energia. Le politiche energetiche degli ultimi cinquanta anni sono state un fallimento disastroso. L’energia nucleare si è rivelata costosa più di quanto ci si aspettasse. Costosa in termini di stoccaggio delle scorie, in termini di sicurezza e di contributo ai bisogni. Solare ed eolico hanno contribuito per minima parte al fabbisogno di energia. Tutto il sistema rimane dipendente dai combustibili fossili. Ma per quanti barili di greggio pompiamo ogni giorno il bisogno di energia è sempre superiore. Se tutti i cinesi e gli indiani avessero domani un frullatore a testa e volessero usarlo il petrolio schizzerebbe a cinquecento dollari il barile. Perché non ci sarebbe abbastanza petrolio da estrarre per accontentare tutti nello stesso momento. Senza considerare che, prima o poi, i combustibili fossili sono destinati a finire. Riassumendo: metà dei mercati sono ancora chiusi e non c’è energia per tutti.
Questa situazione è una manna solo per chi ha in mente schemi precisi su come dovrebbe essere il futuro. Così crescono i consensi per quelli che predicano l’autogestione dei consumi, la loro parziale abolizione, che disegnano scenari da yogurt autoprodotto. Oppure vanno di moda anarchismi ottocenteschi che sognano di togliere ai ricchi stipendi d’oro e ridistribuirli, pistola alla mano, ai poveri. Nessuna di queste soluzioni è credibile o attuabile.
La soluzione a tutto questo problema a voler essere ottimisti è solo nell’entrata di nuovi acquirenti sul mercato e allo sforzo tecnologico di trovare nuove fonti energetiche a buon mercato. Presto o tardi queste due situazioni si verificheranno.
Ma, nel frattempo, la crisi avrà cambiato molti assetti sociali. Ci stiamo avviando velocemente ad una vita fatta di incertezze crescenti e di distribuzione ineguale. La strategia del liberismo, dei sacrifici inutili, della riduzione delle garanzie, della paura del futuro ci ha resi vulnerabili.
 

Silano

Membro Attivo
Privato Cittadino
:risata: In america la borsa ha fatto i record assoluti e l'immobiliare sale benissimo:sorrisone:
Il Giappone e' in forte ripresa e la Cina va bene


Se nn vuoi comprare case sei liberissimo,ma questo PENOSO:p e MALDESTRO:sorrisone: tentativo di convincerci con "lavaggio del cervello" improvvisato :p che l'immobile e' finito ci fa ridere:risata:
perche' perdi il tuo tempo in questo forum ?NOI CREDIAMO NELL'IMMOBILE
SE nn ci credi tu sono fatti tuoi...:^^:
 

Ale.

Membro Senior
Professionista
Valerio....non l'ho scritto io l'articolo e avevo premesso che cerco il ragionamento non il tifo da stadio...ma tu se così, cerchi solo lo scontro e chi non la pensa come te lo neghi a prescindere.....perchè nn mi metti in ignore come in passato ?:p

mi spiace ma le tue case sono destinate a crollare di valore e tu dovrai svendere facendo la felicità di giovani coppie che non devono indebitarsi una vita per mantenere ricco un nonnino illuso e tirchio ....:risata: :p

ciao accaeffe gattosilano e silano:risata:
anticipo le tue mosse: tra poco farai una annuncio di lasciare il forum cercando chissa quali consensi dai tuoi ingenui fans:risata: :sorrisone: :^^:[DOUBLEPOST=1368043260,1368043084][/DOUBLEPOST]
Mercato immobiliare ai livelli degli anni '80 «Nel 2012 il mercato immobiliare si è ridotto di un quarto rispetto all'anno precedente, ritornando al livello di compravendite residenziali della metà degli anni '80, e la ripresa degli scambi intorno alle 500mila transazioni è prevista non prima del 2014


è dal 2008 che spostano di anno in anno la ripresa immobiliare :innocente:
 

Silano

Membro Attivo
Privato Cittadino
:applauso: Ma chi e' Valerio?

Il valore dei miei immobili e in ottima tenuta e, anzi, in leggera salita .Purtroppo c'e' gente che nn capisce che le case nn sono tutte uguali:risata: Io ho sempre comprato attici con terrazze a livello in zone centrali e garage ampi con spazi di manovra comodi:ok: perche' sono un intenditore:applauso:
Le mie case sono sempre apprezzate:p[DOUBLEPOST=1368046422,1368046285][/DOUBLEPOST]Quell'articolo e' del tutto superato e di parte ,nn e' attendibili e ' solo un punto di vista minoritario e marginale:p
 

Ale.

Membro Senior
Professionista
Quell'articolo e' del tutto superato e di parte ,nn e' attendibili e ' solo un punto di vista minoritario e marginale


e sara il tuo punto di vista la maggioranza :risata: basta guardare il sondaggio in alto:risata: :risata: :sorrisone: .......le tue case accaeffe scenderanno eccome;) cosi come gli affitti......e cmq ti do una notizia:

la dove dobbiamo andare tutti non ci sono case e la proprietà privata non esiste:innocente: :sorrisone:

per cui .......relax:stretta_di_mano: :D
 
E

enzo6

Ospite
certo che ne spari di grosse......sicuro di essere un bocconiano ?? dall' 88% di occupati devi togliere la percentuale di proprietari che si aggira intorno all'80 % e ti resta un 8 %:risata:
;) :D

Fatti spiegare cosa sia il mercato di sostituzione (tipico di tutti i mercati) prima di dire certe cose.
E' come se dicessi che siccome tutti hanno un'auto nessune ne compererà nel futuro.
Vai prima alle elementari prima di dire certe banalità.[DOUBLEPOST=1368081303,1368081193][/DOUBLEPOST]
e leggetevi anche questo, ancora più interessante, spero VOGLIATE capirlo, senza retorica e tifo inutile da squadra ( io vi invito a ragionare , non voglio tifo da squadra)

è un po lungo ma vale la pena...


John Maynard Keynes molti anni fa scrisse un saggio intitolato “Possibilità economiche per i nostri nipoti”. Stava parlando di noi perché la data di pubblicazione di quel saggio è il 1930. Keynes prevedeva che i suoi nipoti (noi) sarebbero stati otto volte più ricchi della sua generazione. I bisogni assoluti delle persone sarebbero stati soddisfatti e il capitalismo si sarebbe pian piano spento come un motore che consuma l’ultima goccia di benzina. Effettivamente la crescita in termini economici del pianeta ha cominciato a rallentare da diversi anni. Ma il motore del capitalismo non si è fermato. Il mercato nei paesi più avanzati è saturo. Questo significa che è sempre più difficile vendere alla gente nuovi prodotti. La gente compra meno ed è portata a comprare di più quando ha di fronte un prodotto che percepisce come una novità. Gli smarttphone vendono benissimo, i tablet vendono ancor meglio. Steve Jobs aveva capito l’essenza del capitalismo quando si ostinava a voler vendere prodotti in grado di “cambiare la vita” delle persone. Perché oramai, abbiamo chiara la percezione di ciò che cambia la vita o no. E per cambiare la vita intendo le abitudini, i modi d’uso. Facile da usare e rivoluzionario, questo chiede la gente. Anni fa sembrava che la nuova frontiera della socializzazione digitale fosse Second Life. Oggi pochi si ricordano di cosa fosse. Si trattava di un universo virtuale dove ci si poteva muovere e interagire con altre persone attraverso un “avatar”, una copia di noi personalizzabile che si muoveva in quell’universo virtuale. Second Life è tramontata (direi fallita se non fosse che tecnicamente è ancora in piedi) perché era troppo difficile da usare. Facebook è invece esplosa perché è facile da usare ed è rivoluzionaria. Una nuova lavatrice non è rivoluzionaria. Anche se facile da usare non è più un oggetto che cambia la vita. Rispetto ai tempi nei quali la lavatrice non esisteva è stato un prodotto rivoluzionario. Oggi non lo è più. E per quante funzioni aggiuntive possiamo metterci dentro, la lavatrice viene cambiata quando si rompe irreparabilmente. Herbert Marcuse parlava di “obsolescenza programmata” dei beni di consumo. Diceva cioè che gli oggetti vengono fabbricati con una vita media prestabilita in modo da farci ricomprare lo stesso oggetto. Le imprese hanno usato questa tecnica: oggi si ripara sempre meno un elettrodomestico che si rompe. Tuttavia non è sufficiente, anche i tempi della “obsolescenza programmata” sono troppo lunghi per un mercato saturo.
Le banche sono state le prime a rendersi conto che il mercato non “tirava” più come una volta. Prestare soldi ai produttori di oggetti giorno dopo giorno si è rivelato un affare poco promettente. Fare soldi con i soldi è diventato più redditizio. Così pian piano l’economia si è sempre più staccata dal prodotto finanziarizzandosi. Ma senza crescita anche la finanza non riesce a macinare guadagno. Nel loro sforzo di trovare profitti le banche si sono indebitate in maniera crescente. Gli Stati sono intervenuti per salvare le banche prestando altri soldi per coprire le perdite. L’idea era che prima o poi la crescita sarebbe ripartita e che, finalmente, con nuove entrate fiscali il debito sarebbe stato ripianato. Non è andata così. Per alcuni buoni motivi. Il principale è che, a dispetto delle previsioni, i mercati non saturi non si sono aperti. L’enorme mercato della Cina e dell’India non ha cominciato abbastanza in fretta a consumare. Ovviamente se ciascuna famiglia cinese (non solo quelle che abitano nelle grandi città semi liberalizzate) decidesse che è giunta l’ora di comprare un frigorifero o una lavatrice l’economia mondiale ripartirebbe. Ci sono margini enormi di crescita, pensate solamente a quanti villaggi ci sono in Cina e in India dove ancora nessuno ha visto una lavatrice. A dispetto della globalizzazione i mercati non si sono realmente aperti. La Cina e l’India hanno fatto crescere parte della loro popolazione in termini di consumi, una parte ancora troppo ristretta. Cina e India non sono diventati, come si sperava, dei grandi mercati di assorbimento ma grandi mercati di lavoro a buon mercato. Poiché il capitalismo è rapido nell’accumulare ma ha qualche grosso problema nel ridistribuire la ricchezza, ci sono ancora troppe persone che non hanno la capacità economica di “entrare nel mercato”. Così europei e americani non consumano più ai ritmi passati e cinesi ed indiani ancora non sono entrati nel mercato del consumo. Anzi, sono entrati nel mercato della produzione. Così invece di assorbire come si sperava hanno dato una mano a produrre di più abbassando il costo complessivo della produzione. Se pago un lavoratore cinese cento euro al mese posso produrre di più a meno. Rimane il problema però di trovare qualcuno disposto a comprare. Insomma da una parte ci sono mercati saturi e dall’altra mercati promettenti ma lenti, troppo lenti oppure chiusi.
Un altro problema di non poco conto è che se compro un elettrodomestico, un’auto nuova, un telefono cellulare per farlo funzionare ho bisogno di energia. Le politiche energetiche degli ultimi cinquanta anni sono state un fallimento disastroso. L’energia nucleare si è rivelata costosa più di quanto ci si aspettasse. Costosa in termini di stoccaggio delle scorie, in termini di sicurezza e di contributo ai bisogni. Solare ed eolico hanno contribuito per minima parte al fabbisogno di energia. Tutto il sistema rimane dipendente dai combustibili fossili. Ma per quanti barili di greggio pompiamo ogni giorno il bisogno di energia è sempre superiore. Se tutti i cinesi e gli indiani avessero domani un frullatore a testa e volessero usarlo il petrolio schizzerebbe a cinquecento dollari il barile. Perché non ci sarebbe abbastanza petrolio da estrarre per accontentare tutti nello stesso momento. Senza considerare che, prima o poi, i combustibili fossili sono destinati a finire. Riassumendo: metà dei mercati sono ancora chiusi e non c’è energia per tutti.
Questa situazione è una manna solo per chi ha in mente schemi precisi su come dovrebbe essere il futuro. Così crescono i consensi per quelli che predicano l’autogestione dei consumi, la loro parziale abolizione, che disegnano scenari da yogurt autoprodotto. Oppure vanno di moda anarchismi ottocenteschi che sognano di togliere ai ricchi stipendi d’oro e ridistribuirli, pistola alla mano, ai poveri. Nessuna di queste soluzioni è credibile o attuabile.
La soluzione a tutto questo problema a voler essere ottimisti è solo nell’entrata di nuovi acquirenti sul mercato e allo sforzo tecnologico di trovare nuove fonti energetiche a buon mercato. Presto o tardi queste due situazioni si verificheranno.
Ma, nel frattempo, la crisi avrà cambiato molti assetti sociali. Ci stiamo avviando velocemente ad una vita fatta di incertezze crescenti e di distribuzione ineguale. La strategia del liberismo, dei sacrifici inutili, della riduzione delle garanzie, della paura del futuro ci ha resi vulnerabili.

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