Il modello ministeriale (allegato C al DM 30 dicembre 2002) ripreso dalle convenzioni locali non accenna alla possibilità del locatore di recedere dal contratto. Nell’ipotesi di un contratto di natura transitoria, all’art. 2 del modello è specificato che la mancata conferma della transitorietà stessa da parte del locatore – riferita, in questo caso, però, solo ad esigenze sue proprie (la posizione del conduttore è totalmente diversa e la sua esigenza, contrariamente al locatore, è “in negativo” e non va confermata) comporta la riconduzione del contratto alla durata minima quadriennale rinnovabile.
Non solo. Anche il venir meno delle cause di transitorietà da parte di ciascuna delle parti (locatore o conduttore) determina eguali effetti paradossali. Il meccanismo è contraddittorio e perverso. Se il locatore disdice medio tempore il contratto, significa che sono venute meno le ragioni di transitorietà (la sua esigenza deve permanee sino alla scadenza) e il vincolo prosegue nel tempo, quindi, l’unico modo per non prolungare il rapporto è confermare “in positivo” - prima della scadenza nel termine stabilito dal contratto - quell’esigenza che l’ha indotto a concordare un contratto di tale natura e durata: solo in questo caso (sic!) il contratto viene a cessare alla scadenza convenuta.
In sostanza, il locatore – in questo (macchinoso e aleatorio) contratto – è sottoposto da un lato ad un onere di conferma e dall’altro rimane in balia degli eventi, con il rischio di trovarsi vincolato – per motivi non dipendenti dalla sua volontà – da un contratto di durata maggiore a canone concordato.