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Sino all'altro ieri, benchè la giurisprudenza avesse sostenuto diversamente, la dichiarazione nell'atto di trasferimento di un valore inferiore a quello indicato nella perizia giurata di rivalutazione poteva determinare l'accertamento del fisco che ricalcolava la plusvalenza dovuta utilizzando il valore di acquisto iniziale (spesso molto basso) senza tenere in nessun conto quello emerso dalla rivalutazione.

Una bella spada di Damocle sul contribuente che la risoluzione 53/e ha definitivamente escluso.
Permettendo di dichiarare valori anche sensibilmente inferiori purché nell'atto di compravendita venga richiamata la pratica di rivalutazione.

Così si esprime l'Agenzia delle Entrate:

"si evidenzia che la ratio sottostante alla norma in esame, volta a contrastare l’occultamento della base imponibile ai fini delle imposte indirette, viene meno nei casi in cui, pur non facendosi menzione in atto della intervenuta rideterminazione, lo scostamento del valore indicato nel medesimo atto rispetto a quello periziato, ossia quello “minimo di riferimento” previsto dalla norma, sia poco significativo e tale da doversi imputare ad un mero errore più che alla volontà di conseguire un indebito vantaggio fiscale mediante una apprezzabile sottrazione a tassazione di base imponibile, ai fini dell’imposizione indiretta. Allo stesso modo, si ritiene che la predetta esigenza di non intralciare l’attività di controllo possa considerarsi non disattesa nell’ipotesi in cui il contribuente, pur avendo dichiarato in atto un corrispettivo anche sensibilmente inferiore a quello periziato, abbia comunque fatto menzione nello stesso atto della intervenuta rideterminazione del valore del terreno"
 

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