Bastimento

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Su “riespandere” la regola generale di attribuzione del reddito fondiario basata sulla rendita catastale ho appena letto nuovamente la circolare 11/2014: penso che ti riferissi a questa frase finale del par. 1.3 anche per il regime di CS .

Non so voi che meccanismi usate, ma certo per me non addetto ai lavori, è
- difficile leggere bene tutto il testo delle circolari/leggi ecc, e correttamente interpretarlo
- ancor più difficile ricordarne tutti i risvolti.

Questa chiusa di rimando alla rendita catastale mi era sfuggita. Immobilio (... Penny...) me ne ha insegnata un'altra!
(
 

Pennylove

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Privato Cittadino
Scusa ma il tema relativo a come regolarmi con i ritardi nel pagamento di canoni commerciali è per me al momento di attualità, e da quanto hai risposto sopra mi sono sorte queste domande d tipo procedurale, che seguono a quanto chiaramente ci hai esposto.

- ammesso di esercitare la risoluzione di legge (art 1453 e 1456) cosa succede dopo?
a) il locatore fa la diffida ad adempiere: ai sensi del 1454: se il conduttore non provvede nei termini, il contratto si intende risolto allo scadere del termine dato?
b) se è stato stabilita la clausola risolutiva espressa, art. 1456, si risolve al momento della comunicazione?
c) se si ritrovasse (caso strano) un accordo a riproseguire, diventerebbe tassativa la stipulazione-registrazione di un nuovo contratto?
d) una volta risolto, si può procedere alla comunicazione alla AdE per risoluzione anticipata (67€) immediatamente o si deve attendere l'effettivo rilascio?
e) se il conduttore rimanesse ne locali per un ulteriore periodo, e facesse ulteriori pagamenti, come si configurano queste entrate? Alla stregua delle occupazioni degli alloggi oltre la scadenza del contratto? (ricevuta come indennità da occupazione, credo)



Quanto mi piacerebbe rispondere:

a) Sì
b) Si
c) Solo se il rapporto viene risolto contrattualmente o giudizialmente
d) Secondo l’Agenzia delle Entrate si deve attendere l’effettivo rilascio
e) Sì

ma, si sa, la sintesi non è roba che fa per me :occhi_al_cielo: e allora provo ad approfondire alcune cose. :) La (composita) tematica in discorso è stata ridimensionata quindici anni fa nientemeno che dalla Corte Costituzionale (n°362/2000), attraverso la formulazione di principi perequativi di portata generale, che, come tali, trovano applicazione indistintamente sia nella locazione di immobili a destinazione abitativa che commerciale (il giudice delle leggi non fa alcuna distinzione tra immobili ad uso abitativo e ad uso diverso). In particolare la Corte ha sottolineato che se la risoluzione avviene per contratto – come da art. 1456 – e se il locatore intende avvalersi della risoluzione contrattuale per inadempimento a seguito della morosità, da tale giorno, si considera efficace la risoluzione e, quindi, da questo momento i canoni non incassati non concorrono più alla formazione del reddito ai fini tributari.

Pertanto la presenza di tale clausola e la volontà del locatore di volersene avvalere (al momento dell’inadempimento) sono da ritenere elementi sufficienti a legittimare il locatore a non dichiarare i canoni non riscossi (Cass. n°12905/2007): in pratica, tale clausola serve ad anticipare il momento in cui i canoni assumono irrilevanza fiscale, senza necessariamente attendere una eventuale pronuncia giudiziale: l’attivazione sarà, invece, necessaria per fare accertare la morosità, finalizzata non solo all’utilizzo del credito di imposta, ma anche per evitare la debenza dell’indennità di avviamento.

In questa ipotesi, è opportuno ricordare che qualora venga esercitata la facoltà di risolvere anticipatamente il rapporto, sarebbe bene segnalare la circostanza all’ufficio competente. L’esecuzione di questo passaggio persegue, infatti, ai fini delle imposte dirette, lo scopo di dare coerenza e giustificazione alla più ridotta consistenza reddituale del locatore in conseguenza del mancato incasso dei canoni (tutte queste considerazioni valgono a prescindere dal regime fiscale scelto). Gli uffici locali delle Entrate, ai fini delle imposte indirette, per prassi interna, scaricano il contratto in anagrafe tributaria dalla data in cui l’alloggio viene effettivamente rilasciato (il contratto fino a quel momento è come se fosse ancora in vita), richiedendo, in genere, la corresponsione dell’imposta di registro afferente la risoluzione del contratto.

Il Fisco – come si è detto - non può richiedere il pagamento delle imposte dopo la risoluzione di diritto del contratto in base ad una clausola risolutiva espressa. In un mondo ideale, si sarebbe potuto pensare che l’Agenzia delle Entrate si sarebbe adeguata alla pronuncia della Corte. Niente affatto. Alcuni uffici locali continuano ad avviare procedure di accertamento e contestazione (secondo l’ufficio, l’affitto è tassabile anche se il contratto è risolto), ma venendo in genere sconfessati dai giudici tributari che impongono la correzione di rotta (secondo le commissioni preposte a dirimere la questione, l’affitto non è tassabile se il contratto è risolto: in senso conforme, giusto per citare l’ultima pronuncia: CTP Forlì n°661/2 emessa il 15 dicembre 2014 avente ad oggetto una locazione commerciale).

Continuerei, ma il treno mi aspetta, per cui chiudo qui.

Penny:amore:
 
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