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Spetta all'amministratore di condominio uscente dare la prova del ...
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[SIZE=-1]ALESSANDRO GALLUCCI
La Suprema Corte di Cassazione con una recente pronuncia, la n. 13878 del 9 giugno 2010, torna ad occuparsi del tema dei crediti vantati dall’amministratore uscente nei confronti del condominio già amministrato. I giudici di legittimità, ribadendo che il rapporto giuridico deve essere inquadrato nell’ambito del contratto di mandato, specificano che è il mandatario revocato a dover dare prova del credito per anticipazioni sorto in costanza dell’incarico dimostrando gli esborsi effettuati in ragione di ciò. Si tratta di una prova che, se è stato approvato il rendiconto, risulta essere certamente più agevole rispetto al caso di mancata approvazione del medesimo documento contabile.
Due le questioni di interesse generale affrontate dalla sentenza in esame: a) la qualificazione giuridica del rapporto amministratore - condominio; b) l’onere della prova nel caso di credito dell’amministratore e di revoca dello stesso. L’amministratore è nominato dall’assemblea con una deliberazione che, per considerarsi valida, deve riportare il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti alla riunione che rappresentino quantomeno 500 millesimi (art. 1136, quarto comma, c.c.). Alla deliberazione di nomina deve seguire l’accettazione dell’incarico, salvo il caso in cui con la decisione assembleare non si sia inteso accettare un’offerta (ossia il preventivo) formulata dall’amministratore stesso. Uno scambio di volontà tipico della disciplina contrattuale. Ci si è chiesti, in assenza di una specifica previsione normativa che regolasse questo tipo di rapporto giuridico quale fosse quella applicabile. La dottrina maggioritaria (contra, per i condomini con più di quattro partecipanti, si veda Branca, Comunione Condominio negli edifici, Zanichelli, 1982) e la giurisprudenza, pressoché unanime, sono concordi nell’affermare che “l’amministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza: con la conseguente applicazione, nei rapporti tra l’amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato” (così Cass. SS.UU. 8 aprile 2008 n. 9148). In sostanza l’amministratore assume l’incarico e deve eseguire il mandato ricevuto secondo la diligenza del buon padre di famiglia (art. 1710 c.c.). Ciò implica - in virtù delle norme specificamente dettate in relazione al condominio negli edifici e più in generale in ragione della disciplina sul mandato - che al termine dell’anno di gestione, il mandatario è tenuto a presentare il conto della propria gestione all’assemblea. I condomini riuniti in assemblea dovranno discutere ed eventualmente approvare il rendiconto. L’approvazione di questo documento contabile ha la funzione di ratificare l’operato dell’amministratore, accertare le eventuali posizioni di debito e/o di credito dei singoli condomini e rendere quindi esigibili le somme in esso riportate. Ciò vuol dire che se l’amministratore, nel corso dell’anno di gestione, ha anticipato delle somme, con l’approvazione del rendiconto consuntivo si vedrà riconosciuta tale circostanza e quindi avrà maggiore facilità nel recuperare il giusto dovuto. Nel caso di conferma dell’incarico ciò avverrà attraverso il pagamento dei così detti conguagli spese, nel caso di revoca facendo esclusivamente leva sull’approvazione del più volte citato documento contabile. Se, invece, la revoca non è stata preceduta dall’approvazione del rendiconto, l’amministratore dimissionato dovrà dare prova analitica degli esborsi effettuati (Cass. 30 marzo 2006 n. 7498).
Nel caso sotteso alla sentenza n. 13878/10, un amministratore di condominio uscente chiedeva ed otteneva decreto ingiuntivo di pagamento per delle somme vantate in ragione del rapporto con la compagine condominiale. Ne seguiva l’opposizione proposta dal condominio ed il suo accoglimento. L’ex mandatario quindi proponeva appello, che gli veniva respinto. In entrambi i gradi di merito si evidenziava, sostanzialmente, che il mandatario non aveva dato prova del credito vantato. Il giudizio di Cassazione, cui si è giunti su ricorso dello stesso amministratore, rigettava le doglianze del ricorrente e confermava le statuizione dell’impugnata pronuncia. I giudici di legittimità fondavano il loro convincimento sul principio di diritto in base al quale “poiché il credito per il recupero delle somme anticipate nell’interesse del condominio si fonda, ex art. 1720 c.c. sul contratto di mandato con rappresentanza che intercorre con i condomini, l’amministratore deve offrire la prova degli esborsi effettuati presentando un rendiconto del proprio operato che deve necessariamente comprendere la specificazione dei dati contabili delle entrate, delle uscite e del saldo finale” (così Cass. 9 giugno 2010 n. 13878). Nel caso di specie la Cassazione ha ritenuto corrette le valutazioni effettuate nei giudizi di merito e quindi insufficiente la prova offerta. Più in generale, prendendo spunto dal principio espresso si può concludere affermando che per il recupero del credito da parte dell’amministratore uscente la produzione in giudizio di un rendiconto approvato è prova idonea a dimostrare l’esistenza del credito, mentre il solo rendiconto non approvato, essendo atto proveniente da una sola parte, dovrà essere accompagnato dalla produzione della documentazione attestante le spese effettuate e i versamenti ricevuti al fine di permettere una corretta quantificazione del credito vantato.
tratto da "Diritto&Giustizia"...[/SIZE]
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