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A fare spending review saranno solo i contribuenti

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di Anna Paperno

14/01/2014

Tra le pieghe della legge di stabilità 2014 si scorge una nuova versione, tutta italiana, della spending review.

Nel caso lo Stato non riesca a raggiungere gli obiettivi di gettito prefissati dalla legge di bilancio, e nell'impossibilità di finanziare eventuali buffi a debito visto che i paletti imposti dall'Ue sono più stretti di quelli di uno slalom speciale, si procederà con adeguati tagli.

Tagli che, peraltro, potrebbero essere addirittura già individuabili visto il lavoro e i chili di carta a tale scopo prodotti da innumerevoli commissioni e gruppi di saggi e task force di esperti incaricati dal governo di turno a studiare il problema (se ne parla con insistenza da almeno il 2006, allora fu il ministro dell'Economia Tommaso Padoa-Schioppa a sollevare l'argomento).

Peccato, però, che non si tratta di tagli di spesa pubblica, come ci si potrebbe attendere leggendo il dispositivo della legge senza andare troppo a fondo.

Ma piuttosto del reddito disponibile dei contribuenti tramite tagli alle detrazioni fiscali.

Stringi stringi: più tasse.

La legge di stabilità contiene infatti delle clausole di salvaguardia per garantire gli obiettivi di finanza pubblica perseguiti dal governo.

In particolare, per quanto riguarda le detrazioni fiscali, è previsto che il governo proponga un disegno di razionalizzazione del sistema che, come obiettivo complementare, deve portare nelle casse del fisco 488,4 milioni di euro di maggiori entrate nel 2014, 772,8 nel 2015 e 564,7 a partire dal 2016.

Se i provvedimenti non saranno adottati, o se comunque l'obiettivo di gettito non sarà raggiunto (anche in caso di provvedimenti presi, ma che si dovessero rivelare insufficienti), si legge in legge di stabilità, si procederà con un “taglio lineare che toccherà tutte le tipologie di spesa, elencate al comma 1 dell'articolo 15”.

Di cosa si tratta?

Basta spulciare commi e articoli: semplicemente delle detrazioni d'imposta - già ridotte al 19% per quanto riguarda per esempio gli interessi passivi pagati sui mutui prima casa o le spese di intermediazione immobiliare - che passeranno al 18% per il 2013 (cioè con validità retroattiva) e al 17% per il 2014.
 

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