Salve a tutti, sono nuovo, svolgo la libera professione di geometra e nel contempo di mediatore creditizio da pochissimi anni, pertanto, trovandomi davanti ad un caso che mi lascia perplesso, chiedo a chiunque abbia un po’ di esperienza in materia, ringraziando anticipatamente delle risposte che riceverò.
Alcuni miei clienti, dovendo acquistare un appartamento, mi hanno incaricato di fare tutti i dovuti controlli (situazione urbanistica, catastale, impianti, preparazione al rogito, ecc.) e allo stesso tempo di trovare una banca con un pacchetto adeguato alle loro esigenze. A tal proposito, secondo le condizioni sottoscritte precedentemente fra entrambe le parti, i miei clienti, mi hanno dato in custodia un assegno a titolo di acconto e caparra confirmatoria da consegnare alla proprietà a condizione che la banca rilasci la delibera per l’accensione di un mutuo ipotecario per l’acquisto dell’immobile in questione.
A seguito di alcune ricerche, riscontro che il proprietario ha ricevuto l’immobile attraverso una donazione fatta dalla madre tredici anni fa, e che quest’ultima è deceduta due anni fa. Il direttore della banca scelta, torcendo un po’ il naso (ed è comprensibile), mi ha chiesto di accertarmi se tutti gli eredi hanno soddisfatto i propri diritti e che in futuro nessuno possa reclamare qualcosa.
Approfondendo le ricerche, scopro che l’asse ereditario era composto da tre appartamenti dalle stesse caratteristiche nello stesso stabile, scopro che i figli sono anch’essi tre, che due di loro tra cui il proprietario dell’immobile in questione, hanno ricevuto ciascuno un appartamento con lo stesso suddetto atto di donazione, che la madre mentre era ancora in vita ha disposto un testamento a favore della terza figlia al fine di darle in eredità l’ultimo appartamento e al fine di non creare disparità coi fratelli, che due anni fa infine, essendo deceduta la madre, anche la terza figlia ha soddisfatto il proprio diritto di erede attraverso una successione testamentaria.
Di conseguenza, avendo tutti i figli ricevuto in eredità un appartamento ciascuno, la banca avvia la pratica, si ottiene la delibera, esce il perito, anche il valore attribuito all’immobile va bene, si comincia a decidere la data dell’atto, ma inaspettatamente e all’ultimo momento, la banca chiede che anche gli altri eredi firmino dal notaio una specie di liberatoria – rinunzia. Presumo che tale richiesta sia fatta per evitare che un domani qualcuno degli eredi possa dire che il suo appartamento valeva di meno rispetto agli altri due (non mi vengono altre spiegazioni).
Comunque sia, detto questo, riferisco tranquillamente la cosa ai miei clienti e al proprietario, il quale quest’ultimo, con mia grande sorpresa spiega che lui insieme all’altro fratello hanno avuto in passato degli attriti con la sorella, e che di conseguenza non andando d’accordo non garantisce che quest’ultima firmi dal notaio.
Consultandomi col notaio, mi ha detto che a lui non servono tali firme, ma che comunque è normale che la banca possa richiederle per tutelarsi; tuttavia mi ha detto anche che nell’eventuale diniego da parte della sorella, di provare a propormi personalmente alla banca per una perizia giurata che attesti che i tre appartamenti hanno lo stesso valore, ma per motivi ovvi, non sono assolutamente propenso a questa soluzione (e forse nemmeno la banca).
Nell’attesa degli ultimi sviluppi, ora io mi chiedo: se malauguratamente la sorella non firma, cosa succede? Salta tutto? E in questo caso chi deve pagare le spese (banca, perizia, ecc.)? Io posso comunque chiedere il mio compenso per la mediazione creditizia? Posso essere accusato dai miei clienti di non averli informati di eventuali rischi che comunque anch’io non conoscevo? I miei clienti possono chiedere il doppio della caparra al proprietario?
Alcuni miei clienti, dovendo acquistare un appartamento, mi hanno incaricato di fare tutti i dovuti controlli (situazione urbanistica, catastale, impianti, preparazione al rogito, ecc.) e allo stesso tempo di trovare una banca con un pacchetto adeguato alle loro esigenze. A tal proposito, secondo le condizioni sottoscritte precedentemente fra entrambe le parti, i miei clienti, mi hanno dato in custodia un assegno a titolo di acconto e caparra confirmatoria da consegnare alla proprietà a condizione che la banca rilasci la delibera per l’accensione di un mutuo ipotecario per l’acquisto dell’immobile in questione.
A seguito di alcune ricerche, riscontro che il proprietario ha ricevuto l’immobile attraverso una donazione fatta dalla madre tredici anni fa, e che quest’ultima è deceduta due anni fa. Il direttore della banca scelta, torcendo un po’ il naso (ed è comprensibile), mi ha chiesto di accertarmi se tutti gli eredi hanno soddisfatto i propri diritti e che in futuro nessuno possa reclamare qualcosa.
Approfondendo le ricerche, scopro che l’asse ereditario era composto da tre appartamenti dalle stesse caratteristiche nello stesso stabile, scopro che i figli sono anch’essi tre, che due di loro tra cui il proprietario dell’immobile in questione, hanno ricevuto ciascuno un appartamento con lo stesso suddetto atto di donazione, che la madre mentre era ancora in vita ha disposto un testamento a favore della terza figlia al fine di darle in eredità l’ultimo appartamento e al fine di non creare disparità coi fratelli, che due anni fa infine, essendo deceduta la madre, anche la terza figlia ha soddisfatto il proprio diritto di erede attraverso una successione testamentaria.
Di conseguenza, avendo tutti i figli ricevuto in eredità un appartamento ciascuno, la banca avvia la pratica, si ottiene la delibera, esce il perito, anche il valore attribuito all’immobile va bene, si comincia a decidere la data dell’atto, ma inaspettatamente e all’ultimo momento, la banca chiede che anche gli altri eredi firmino dal notaio una specie di liberatoria – rinunzia. Presumo che tale richiesta sia fatta per evitare che un domani qualcuno degli eredi possa dire che il suo appartamento valeva di meno rispetto agli altri due (non mi vengono altre spiegazioni).
Comunque sia, detto questo, riferisco tranquillamente la cosa ai miei clienti e al proprietario, il quale quest’ultimo, con mia grande sorpresa spiega che lui insieme all’altro fratello hanno avuto in passato degli attriti con la sorella, e che di conseguenza non andando d’accordo non garantisce che quest’ultima firmi dal notaio.
Consultandomi col notaio, mi ha detto che a lui non servono tali firme, ma che comunque è normale che la banca possa richiederle per tutelarsi; tuttavia mi ha detto anche che nell’eventuale diniego da parte della sorella, di provare a propormi personalmente alla banca per una perizia giurata che attesti che i tre appartamenti hanno lo stesso valore, ma per motivi ovvi, non sono assolutamente propenso a questa soluzione (e forse nemmeno la banca).
Nell’attesa degli ultimi sviluppi, ora io mi chiedo: se malauguratamente la sorella non firma, cosa succede? Salta tutto? E in questo caso chi deve pagare le spese (banca, perizia, ecc.)? Io posso comunque chiedere il mio compenso per la mediazione creditizia? Posso essere accusato dai miei clienti di non averli informati di eventuali rischi che comunque anch’io non conoscevo? I miei clienti possono chiedere il doppio della caparra al proprietario?