Maurizio Zucchetti

Fondatore
Membro dello Staff
Agente Immobiliare
Da Norman Foster a Bonelli, Erede, Pap­palardo. Gli studi pro­fessionali subiscono un duro contraccolpo dalla cri­si economica internazionale. Una flessione che ha intacca­to ricavi e occupazione. In Ita­lia le stime del Cup (Comitato unitario degli ordini e dei col­legi professionali) per il 2009 prevedono quasi 300 mila po­sti di lavoro persi da liberi pro­fessionisti a partita IVA che non possono contare su am­mortizzatori sociali o misure di tutela straordinarie. Specia­listi che dovranno riconvertir­si, sperimentare altri settori o addirittura cambiare lavoro. Ad accusare il colpo ci sono nomi illustri ma soprattutto una miriade di piccole realtà che nel 2008 hanno guadagna­to, in media 15 mila euro in meno, hanno dovuto ridurre il budget destinato alle consu­lenze e alle risorse umane, quindi tagliare contratti e po­sti di lavoro.

La caduta del mattone
Tra le categorie più colpite gli architetti, legati a doppio fi­lo alla crisi dell’edilizia, al pun­to che firme di primo piano co­me l’olandese Erick Van Ege­raat chiude il suo studio mila­nese dopo lo stallo del proget­to Milanofiori. Turbolenze an­che per qualche grosso studio italiano, come il Cmr: «Il 2009 ha avuto un inizio abbastanza difficoltoso — conferma Mas­simo Roj, amministratore dele­gato dello studio — a gennaio abbiamo avuto un blocco di 5-6 lavori di grandi dimensio­ni, a febbraio abbiamo inizia­to la sospensione di alcune collaborazioni in funzione di questi blocchi improvvisi. A febbraio abbiamo dato la so­spensione a 25 collaboratori su 130. Ma a giugno due dei clienti stranieri che avevano bloccato i lavori hanno vendu­to le operazioni a italiani che ci hanno affidato l’attività so­spesa e abbiamo preso altre 15 persone» Oltre ai dipendenti degli stu­di professionali, che sono cir­ca un milione, e che restano le prime vittime della crisi, ci so­no i professionisti autonomi che lavorano in proprio o so­no titolari degli studi. Si tratta di circa 800 mila persone, dice Gaetano Stella, presidente del­la Confprofessioni, associazio­ne che rappresenta i liberi pro­fessionisti. Qui, spiega, la crisi ha colpito «a macchia di leo­pardo ». Quelli che stanno peg­gio sono architetti e ingegneri, con un calo del fatturato del 30%, a causa del mercato im­mobiliare fermo. Una situazio­ne analoga riguarda i notai: so­no crollate le compravendite, le stipule di mutui, le costitu­zioni di società. Calo del 15% del fatturato per le professioni economiche (commercialisti, ragionieri, consulenti del lavo­ro) che hanno visto ridursi il lavoro da parte delle aziende. Guadagni in diminuzione an­che per i dentisti perché «i pa­zienti, se non hanno urgenza, rimandano a tempi migliori gli interventi importanti».

Compravendite in stallo
Forte crisi anche per gli av­vocati: uno studio prestigioso Bonelli, Erede, Pappalardo ha abbassato il numero dei colla­boratori, ha chiuso la sede ita­liana di White & Case, studio internazionale americano con sede a Milano. Cambi anche nello studio Ashurst: Riccardo Agostinelli e Lorenzo Vernetti (entrambi fondatori della se­de italiana) si sono spostati in Latham & Watkins. «In difficol­tà sono soprattutto i giovani — dice Maurizio de Tilla, pre­sidente dell’Oua, l’organismo unitario dell’avvocatura — quelli che fanno gli avvocati d’ufficio e che non ricevono i compensi dallo Stato da due anni». Come se non bastasse, le sti­me prevedono, per tutta la ca­tegoria, che la crisi si inasprirà nei prossimi mesi e nel 2010 perché le parcelle arrivano sempre in ritardo rispetto alla prestazione. «Il disagio econo­mico è dato da molteplici ra­gioni — afferma Guido Alpa, consiglio nazionale forense —. La diminuzione dei redditi ha influito sulle scelte riguar­danti gli investimenti nelle strutture professionali e gli eventuali tagli. Occorrerebbe rivisitare il sistema fiscale, che oggi affligge senza alcuna logi­ca (che non sia quella puniti­va) le professioni intellettua­li ». Acque agitate anche tra i consulenti del lavoro: le azien­de entrano in crisi di liquidità, mettono in mobilità i lavorato­ri e cominciano a rallentare i pagamenti. «In certi casi ab­biamo sostituito le banche nel credito alle imprese — com­menta Marina Calderone, pre­sidente del Cup, Comitato uni­tario degli Ordini e dei collegi professionali —. Il punto è che, non essendo aziende, sia­mo esclusi da protezioni o age­volazioni. Ciò che chiediamo sono interventi di sostegno so­prattutto per le fasce deboli: i giovani professionisti e per le donne». La conferma delle difficoltà arriva da professionisti affer­mati e molto noti come quelli dello studio Attilio Miotto di Padova oppure dallo studio di consulenza del lavoro «Signo­rini » di Firenze, Alessandro Si­gnorini, partner: «Abbiamo bloccato le assunzioni — affer­ma Alessandro Signorini, part­ner — ma non abbiamo sospe­so le collaborazioni. Però se la situazione congiunturale do­vesse perdurare, saremo co­stretti a ridurre il personale»
(Corriere della Sera - 21 settembre 2009)

... mal comune mezzo gaudio? :? Boh!

;)
 

roberto.spalti

Membro Senior
Agente Immobiliare
Re: La Crisi colpisce i professionisti: 300.000 a rischio chiusu

Che sia la volta buona che i professionisti si metteranno tutti d'accordo per ottenere minori balzelli fiscali?
Alcune categorie, fino ad oggi protette da Ordini, Albi e altro si ritrova a causa della crisi nelle nostre stesse condizioni; però con gli strumenti per far sentire la propria voce.
Sperem.
 

Roby

Fondatore
Agente Immobiliare
PErche non ha ragione?


Prima di qualsiasi analisi su quanto è cambiato nel mio lavoro dopo il fallimento di Lehman Brothers vorrei cercare di trasmettere, per quanto possibile, ai lettori de ilsussidiario.net le sensazioni e lo stato d’animo con cui si sono vissuti i mesi dell’autunno 2008 dall’altra parte della barricata, quel mondo strano e un po’ speciale delle banche d’investimento e delle società di servizi finanziari.


La primissima considerazione è che si assisteva attoniti e sgomenti a eventi fino al quel momento considerati più che impossibili e fuori dall’ordine delle cose, che non venivano contemplati (o solo come ipotetici casi di scuola) nemmeno nei testi universitari. Già all’inizio della primavera 2007 si era fatta strada la percezione diffusa che qualcosa nei mercati finanziari fosse sbagliato e che si fosse in una situazione di eccessiva e immotivata euforia, ma nulla faceva prevedere la vastità e la rapidità degli sconvolgimenti che si sono poi verificati.



Le file fuori dalle banche per ritirare i soldi erano immagini da crisi del ‘29 a poco più di un anno dalla fine di uno dei periodi migliori dell’economia e dei mercati. Chi adesso dà dello sprovveduto a economisti e analisti in moltissimi casi si fa forza del senno di poi e di qualche generalissima predizione molto simile a un “prima o poi pioverà” quando il cielo è nuvoloso; una previsione facile da azzeccare ma di utilità e originalità molto dubbie.



La seconda considerazione è che da questa parte della barricata i rischi che si stavano correndo e le conseguenze di quanto stava accadendo erano molto più chiare di quanto lo fossero per chi stava “nell’economia reale”. Tanto è vero che le imprese sono andate avanti per mesi senza accusare eccessive conseguenze per poi ritrovarsi quasi di colpo nel pieno della tempesta più nera.



La crisi ha spazzato via i ristretti schemi mentali e i punti di riferimento con cui si era abituati a ragionare di società e investimenti. Molti elementi e possibilità non venivano contemplati nella certezza che si fosse davanti a ipotesi remote o di qualche rilevanza solo in un orizzonte temporale molto più lungo di quanto interessasse a chiunque. In parole semplici ci si era abituati a un contesto che veniva considerato “normale” e fisso e non c’era nessun incentivo a osservare la realtà in altro modo. Oggi non è più possibile prescindere da una visione più generale e completa che richiede di prestare attenzione ad aspetti molteplici e diversi tra loro e che spesso non sono direttamente legati all’oggetto di studio.



La crisi ha reso più evidenti alcuni aspetti non numerici e materiali delle imprese; un’impresa funzionale che ha saputo e ha ancora voglia di investire bene e con lungimiranza senza ricorrere a leva finanziaria fine a sé stessa è più riconoscibile di quanto lo fosse l’autunno scorso e ciò è un grande aiuto per chi vuole investire per il medio-lungo termine. Chi ha attraversato questo periodo è oggi professionalmente più attrezzato e una risorsa preziosa per il futuro.



Se l’accusa invece è che l’andazzo generale è rimasto lo stesso nell’ultimo anno, allora anche il migliore degli avvocati avrebbe poco spazio di manovra. I media, con poche eccezioni, non hanno aiutato a capire quanto successo e soprattutto sembrano non riuscire a indicare bene i punti più sensibili su cui occorre lavorare. L’attenzione si è infatti, forse inevitabilmente, concentrata sugli aspetti più sensazionalistici dei problemi e del mondo finanziario.



Una certa esasperata attenzione a regole più stringenti, ad esempio, può essere quanto di più fuorviante ci sia. Nessuno ovviamente è per il mercato selvaggio o per l’impunità totale ma sembra un’illusione poter rendere tutti onesti con regole particolareggiate pianificate a tavolino. Come in molti altri casi si ha a che fare con un settore dove le “nuove invenzioni” precedono di molto le leggi e dove certe zona d’ombra o certi confini labili sono sostanzialmente ineliminabili.



Altri aspetti sembrano a chi scrive maggiormente degni di nota. Istituzioni finanziarie gigantesche presenti in ogni parte del globo sono difficilmente controllabili dalle autorità, tanto più se a spartirsi il potere è un numero contenuto di soggetti. A questo riguardo negli ultimi mesi le cose sono peggiorate e ora ci troviamo con meno operatori con maggiori quote di mercato; operatori oltre tutto convinti di non poter fallire dopo aver toccato con mano come gli Stati abbiano rimediato a ogni difficoltà a prescindere da qualsiasi distinzione tra gli operatori e da qualsiasi merito o demerito.



Che il sistema finanziario sia ancora in piedi è un bene per tutti, ma forse era augurabile una maggiore attenzione, mentre non lascia tranquilli la preoccupazione di come si possa arginare il potere dei grandissimi rimasti. Insieme alla dimensione degli incentivi (soprattutto nel mondo anglosassone che però è il più meritocratico) che sicuramente lascia perplessi e che sfocia in una concorrenza sleale nei confronti dell’industria nell’attrarre talenti ciò che più colpisce è il ristretto orizzonte temporale su cui sono basati.



Che piaccia o meno la moralità di chi lavora in finanza è in media la stessa della società; non c’è differenza. Nessuno ha passato test in cui si certificava la malvagità o l’insensibilità alle altrui disgrazie. Quello che è vero è che il premio per il rischio è troppo alto e misurato in un orizzonte temporale troppo corto. In generale ancora in questi giorni chi rischia di più vince tanto nel breve e corre pochi rischi nel lungo termine.



Insomma dopo il caso Lehman il sistema finanziario si è preso un grandissimo spavento, ma non sembra al momento aver sviluppato gli anticorpi necessari a evitare la malattia di cui ha rischiato di morire

fonte sussidiario.net
 

Roby

Fondatore
Agente Immobiliare
Figurati è stato un piacere esserti utile almenouna volta :^^:

Sinceramente mi arriva via posta elettronica e devo dire che anche se un pochetto fazioso ci sono argomenti interessanti.
 

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