Umberto Granducato

Fondatore
Membro dello Staff
Agente Immobiliare
di Diomede Falconio
Notaio in Napoli


Premessa
Sulla figura del "contratto preliminare di cosa altrui o parzialmente altrui", aleggiano vecchi pregiudizi che l'hanno confinata in una sorta di esilio dal mondo degli studi scientifici.

Una prima ombra viene gettata dall'opinione secondo la quale non siano ammissibili contratti preliminari di contratti obbligatori [nota 1]. Tale orientamento è tuttavia superato dalla considerazione che i contratti obbligatori hanno un contenuto diverso da quelli preliminari in quanto producono obbligazioni finali e non prodromiche [nota 2].

Sulla scia dell'indirizzo negativo della dottrina, la stessa giurisprudenza della Cassazione, con pronunce anche degli anni '80 e '90 [nota 3], ha ritenuto inammissibile l'esperibilità dell'esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. del contratto preliminare di cosa altrui, per poi concludere in senso diametralmente opposto con una sentenza del 1996 [nota 4]costituente fino ad oggi il precedente più persuasivo e condiviso.

Un ultimo deterrente psicologico nel ricorrere al preliminare di vendita di cosa altrui ha, per chi scrive, un carattere squisitamente personale, essendo collegato alle lezioni del professor Guido Capozzi nella sua scuola napoletana di Vicoletto Cimarosa 5. Il mitico Presidente nelle spiegazioni riguardanti le vendite obbligatorie, esordiva con una frase che suonava pressappoco così: «Il notaio non fa mai la vendita di cosa altrui …». Figuriamoci il preliminare! Dopo un tale marchio d'infamia, l'argomento diveniva, a dir poco, "tabù" per un giovane praticante appena avviato alla preparazione concorsuale.

Essendo chiamati a riflettere sul tema, occorre invece accettare l'idea di "sdoganare" il preliminare di cosa altrui dalla congiura del silenzio, partendo dalla considerazione che esistono due grandi famiglie di vendita di cosa altrui: quella fisiologica o cosciente (in cui è la volontà deliberata dei privati a servirsi dello strumento di vendita obbligatoria) e quella patologica o casuale (in cui le parti - e (sic!) il notaio - cadono nell'errore di considerare propria del venditore la cosa venduta, quando essa è in titolarità d'altri).

Chiarito che la vendita cosciente di cosa altrui ha piena cittadinanza nel diritto vivente, si rende opportuno scorrere in rassegna una serie di ipotesi concrete in cui si dimostri l'utilità sociale e la meritevolezza degli interessi coinvolti e protetti da un contratto preliminare di cosa altrui, approfondendo nell'opportuna sede anche i vantaggi fiscali del caso. Ne fuoriscirà un capovolgimento dei pregiudizi antichi, tanto da poter ritenere che ci si trovi di fronte a un'aquila che si crede un pollo?

Per converso la copiosa giurisprudenza sulla variante patologica della figura in esame tornerà strumentale ad una analisi in controluce dell'istituto, onde ricavarne anche taluni suggerimenti di tecnica redazionale il più possibile aderenti alle esigenze dei contraenti per il buon esito dell'affare.

Casistica
L'esperienza negoziale già oggi si serve del contratto preliminare di cosa altrui, ma le istanze della prassi, sollecitando soluzioni innovative per situazioni emergenti, spingono la realtà anche oltre gli orizzonti che la fantasia giuridica finora ha immaginato.

è da precisare che sovente il promittente venditore di cosa altrui può definirsi "qualificato" in quanto agisca in forza di un titolo che, quantunque non gli conferisca un diritto reale sul bene dedotto in contratto, almeno gli riconnetta una situazione obbligatoria di rango rafforzato. Ad esempio, può sussistere già un preliminare con il terzo reale proprietario ovvero possono verificarsi situazioni procedimentali in fieri che, non avendo ancora raggiunto effetti traslativi in capo alla parte promittente venditrice, ragionevolmente la pongono in una aspettativa più che tutelata. D'altronde, non sono improbabili opposti scenari in cui la promessa di vendita, lungi dal poggiare su solide basi, sconfini in un elevato tasso di aleatorietà economica dell'affare. L'analisi che segue riguarda l'ordine dei contraenti qualificati, con l'avviso che il maggior effettivo grado di tutela potrà raggiungersi solo con la trascrizione, come sarà precisato in prosieguo.

Per comprendere il peso specifico del fenomeno si abbiano a mente solo alcuni dei casi qui in prosieguo elencati secondo lo spirito pragmatico di questa indagine:

a) il trading: non è infrequente che gli operatori economici compromettano in vendita beni di cui non siano ancora divenuti formalmente proprietari e dei quali forse mai lo diverranno. Si focalizzi l'attenzione su soggetti che, magari avendo a loro volta stipulato convenzioni preliminari quali promittenti acquirenti, ribaltino l'immobile in oggetto su un terzo ulteriore promittente acquirente, il quale viene reso consapevole dell'altruità del bene dedotto in contratto. Cosicchè, all'esito finale dell'affare, si ottenga una compravendita definitiva tra il proprietario originario del bene e il terzo promittente acquirente. Ovviamente l'utile del promittente venditore di cosa altrui, consisterà nel plusvalore che avrà totalizzato tra la promessa d'acquisto a monte e la promessa di vendita a valle;

b) il preliminare figlio della crisi: agli antipodi del precedente caso di trading immobiliare, sospinto da un palese intento lucrativo, si colloca una ipotesi non infrequente nei periodi di crisi economica. Talora il promittente acquirente di un immobile subisce, nella fase intermedia tra la stipula del contratto preliminare e quella dell'atto definitivo, un rovescio patrimoniale o un inopinato momento di insolvenza o scarsa liquidità, sicchè non rimane più in grado di onorare gli impegni assunti. Per non venir meno alla promessa reperisce i fondi da un terzo promittente acquirente di cosa altrui. In questa ipotesi sfuma l'acquisto dell'immobile, ma vi può essere un recupero d'ossigeno che impedisca l'inadempimento o stati più avanzati di decozione;

c) il mandato senza rappresentanza: al di là delle variegate ricostruzioni teoriche [nota 5] su questo argomento, non si dubita in dottrina dell'idoneità traslativa del mandato ad alienare in nome proprio [nota 6], talchè il mandatario ben si può porre nei confronti del futuro acquirente nella posizione giuridica del promittente venditore di cosa altrui, per così dire "qualificato". Tanto più che in materia immobiliare, attesi i dovuti adempimenti pubblicitari, l'esigenza di segretezza, naturalmente connessa a questa fattispecie gestoria, non può esser soddisfatta in toto: di qui la coerenza della dichiarazione contrattuale di scienza dell'alienità della cosa. Peraltro, in ambiti particolari come quello familiare, la pratica include proposte contrattuali o altri negozi preparatori sottoscritti dal figlio in luogo del genitore o da altri fidati parenti;

d) la comunione in corso di scioglimento: si può dare il caso di coeredi o soggetti altrimenti comproprietari che non avendo ancora formalizzato un apporzionamento delle rispettive quote, magari in presenza di un preliminare di divisione, ovvero in conto futura divisione, consentano a uno dei comunisti di promettere in vendita un bene che è parzialmente altrui incassandone l'anticipo-prezzo. Si tratterebbe di un congegno inserito nel programma di dividere i beni comuni, costituente una alternativa alla cosiddetta «vendita di esito divisionale» [nota 7];

e) la provvista dei prelazionari: nei piani di dismissione di patrimoni pubblici o privati si assiste non di rado al riconoscimento di corrispettivi di favore verso i soggetti titolari di una prelazione legale o volontaria. Quando il prelazionario si avvalga delle riduzioni di prezzo, può - laddove la compravendita in suo favore non sia assistita da divieti di alienazione [nota 8] temporanei generalmente connessi a questo genere di contrattazioni - realizzare un legittimo lucro, rivendendo a terzi l'immobile per un prezzo superiore a quello di acquisto. Poiché il prelazionario potrebbe non disporre della somma necessaria a esercitare il suo diritto prioritario di comprare, il terzo finale acquirente potrebbe fornirgli la necessaria provvista, ponendo un'esigenza di tutela dell'anticipazione di capitale erogata. In tal caso la stipula di un contratto preliminare di cosa altrui dopo l'avvenuto esercizio della prelazione, costituirebbe un titolo per agire utendo iuribus ex art. 2900 c.c., per non parlare dell'effetto prenotativo di una trascrizione del preliminare;

f) il preliminare stipulato da uno solo dei coniugi in comunione legale: a titolo ricognitivo tale ipotesi non si può escludere da una rassegna casistica, precisandosi che non tutti gli orientamenti propendono per la sua classificazione nel novero dei contratti preliminari di cosa parzialmente altrui [nota 9];

g) il conferimento societario in corso: si immagini una società che stia predisponendo un conferimento immobiliare in natura in sede di aumento del capitale. Qui i soci sono ancora gli effettivi titolari formali del bene, ma le ragioni di mercato possono imporre una commercializzazione dell'immobile da parte della società conferitaria. Non v'è dubbio che tecnicamente si stia dando luogo a un contratto preliminare di cosa altrui;

h) l'assegnazione in fieri di beni in natura ai soci: la recente legge 27 dicembre 2006, n. 296 (art. 1 commi 111 - 118) sulla liquidazione della società di comodo ha riproposto questo tema, oggetto di una recente pronuncia della Corte di Cassazione [nota 10] dove, a dir il vero, la configurazione tecnico-giuridica della fattispecie è stata maldestramente sviata dal naturale alveo del contratto preliminare di cosa altrui.

Probabilmente, l'elencazione può ancora continuare, ma quanto detto è sufficiente a entrare nel vivo di alcuni interrogativi già sommessamente profilati sulle conseguenze civilistiche e fiscali della scelta che si indirizzi verso lo strumento del preliminare di cosa altrui o parzialmente altrui.

Sequenze esecutive: segmenti di una fattispecie complessa a formazione progressiva

Le sequenze esecutive mediante le quali venga data attuazione al programma negoziale sotteso al contratto preliminare di cosa altrui possono assumere almeno quattro scansioni.

Per chiarire l'operatività di tali sequenze si rende utile fissare una terminologia di riferimento che aiuti a sintetizzare i meccanismi in esame.

Con l'espressione "terzo proprietario a monte" o "proprietario a monte" si indicherà il reale titolare dei diritti sulla cosa al momento della stipula del preliminare di cosa altrui.

"Acquirente a valle" o "promittente acquirente a valle" sarà denominato il promittente acquirente di cosa altrui. Mentre il promittente venditore di cosa altrui verrà così chiamato per esteso o in breve "promittente venditore".

A rigore, il modo ortodosso in cui si esplichi l'adempimento del preliminare di cosa altrui, dovrebbe seguire questa seguente sequenza (per comodità "sequenza uno"):

a1) contratto preliminare di vendita di cosa altrui;

b1) vendita di cosa altrui;

c1) compravendita della cosa dal proprietario a monte al promittente venditore (con conseguente:);

d1) passaggio della proprietà in capo all'acquirente a valle.

Sono di palmare evidenza le diseconomie civilistiche e fiscali della "sequenza uno": vi sarebbero due vendite (una di cosa altrui e una a effetti reali immediati) realizzandosi un doppio passaggio di proprietà. Non si dimentichi che, sia pure per un istante logico e non cronologico [nota 11], il promittente venditore che stipula la compravendita sub "c1)" diviene proprietario del bene che poi immediatamente si trasferisce all'acquirente a valle.

Da ciò scaturisce anche la doppia tassazione con imposte piene, trattandosi di due compravendite.

Negli stessi inconvenienti di infrazione del "principio di economia dei mezzi giuridici" e della doppia imposizione fiscale si imbatte la "sequenza due":

a2) contratto preliminare di vendita di cosa altrui;

b2) compravendita tra il terzo proprietario a monte e il promittente venditore;

c2) compravendita tra il promittente venditore e l'acquirente a valle.

La Corte di Cassazione ha più volte [nota 12] e da ultimo [nota 13], legittimato la "sequenza tre" così snodata:

a3) contratto preliminare di vendita di cosa altrui;

b3) vendita diretta dal proprietario a monte all'acquirente a valle procurata dall'attività giuridica del promittente venditore.

Rinviando al prosieguo l'analisi delle ragioni tecnico-giuridiche delle argomentazioni della Suprema Corte con tutte le ricadute teoriche che esse comportano, al momento si può solo evidenziare che sotto il profilo pratico con un unico negozio (la vendita diretta sub "b3") si ottiene la soddisfazione degli interessi dei tre soggetti coinvolti, con unico carico fiscale per l'intera operazione.

Infine, vi può essere un quarto modo di scomporre l'operazione, che tuttavia necessita ab initio del correttivo di stipulare tra il proprietario a monte e il promittente venditore un contratto preliminare avente ad oggetto una vendita per persona da nominare [nota 14], cosicchè si possa realizzare la "sequenza quattro":

a4) contratto preliminare di vendita per persona da nominare tra proprietario a monte e promittente venditore;

b4) contratto preliminare di cosa altrui tra promittente venditore e acquirente a valle;

c4) vendita per persona da nominare tra proprietario a monte e promittente venditore;

d4) dichiarazione di nomina da parte del promittente venditore in favore dell'acquirente a valle.

Ribadendo che la vendita per persona da nominare (sub "c4") costituisce l'esecuzione di un preliminare appositamente strutturato così sin dall'origine, l'electio amici viene richiesta non all'atto di stipula del definitivo, ma successivamente e nei termini segnatamente già pattuiti. Cosicchè, in tal caso, sarà la dichiarazione di nomina a consentire l'acquisto della proprietà in capo all'acquirente a valle.

Anche in questa ipotesi l'imposizione fiscale più onerosa riguarderà un solo atto (la vendita per persona da nominare), mentre la dichiarazione di nomina (se contenuta nei tre giorni) [nota 15] sconterà una tassa fissa.

Richiamandosi alla casistica precedentemente esposta, laddove si è cercato di individuare un elemento di qualificazione giuridica della posizione del promittente venditore (ad es.: preesistente preliminare con il proprietario a monte; mandato in nome proprio; operazioni divisorie o societarie in fieri), viene spontaneo domandarsi se non si sia di fronte ad una fattispecie complessa a formazione progressiva. Ciascuno dei segmenti delle "sequenze" (e, in particolare, delle "sequenze" "tre" e "quattro") insieme ai momenti di qualificazione della posizione del promittente venditore, sembra così costituire un frammento di un composito programma negoziale che vede la sua causa nell'unitarietà della fattispecie, fuori da una visione, per così dire, "atomistica" del singolo strumento negoziale adottato nella sequenza stessa. Di qui sorgono le esigenze di una adeguata tecnica redazionale.

Analisi giurisprudenziale: dissociazione tra titolo e modo d'acquisto?

Senza necessariamente strizzare l'occhio a quelle teorie più o meno fortunate [nota 16], che rileggono l'economia del rapporto preliminare-definitivo in una chiave svalutativa di quest'ultimo (nel senso di configurarlo quale atto dovuto di adempimento e come tale a bassa, se non nulla, attitudine all'autoregolamento di interessi), è proprio l'analisi giurisprudenziale del contratto preliminare di cosa altrui che revoca in dubbio le ricostruzioni dottrinali più consolidate in argomento.

Secondo l'impostazione tradizionale [nota 17] il promittente alienante si obbliga a prestare un futuro consenso (obbligazione di facere), circostanza alla quale si adempie in sede di contratto definitivo sviluppando l'ulteriore attività negoziale del "controllo delle sopravvivenze".

La ricordata sentenza di Cassazione a Sezioni Unite n. 1624/2006, compie una virata clamorosa rispetto all'opinione dominante, affermando che l'oggetto del negozio preliminare è non solo e non tanto un facere, ma anche e soprattutto un sia pure futuro dare: la trasmissione della proprietà [nota 18].

Partendo da questo moderno presupposto si possono trarre, tra le altre, una conclusione di ordine generale e una intimamente connessa al contratto preliminare di cosa altrui.

Sotto il profilo generale, è possibile configurare due specie di contratto preliminare, in entrambe le quali coesistono l'obbligo di facere e quello di dare, ma che in un caso vedono preponderare il primo [nota 19] e in un altro caso il secondo [nota 20]. Il che vale a dire che il preliminare è uno schema che deve essere riempito di contenuti, potendo atteggiarsi, secondo i vari casi concreti, o quale tecnica di costruzione del rapporto o quale tecnica di costruzione del titolo.

Nell'attività professionale si rende necessario elevare la qualità della prestazione sin dal momento del contratto preliminare perché, in virtù delle osservazioni giurisprudenziali e dottrinali più avanzate, è già in questa fase della contrattazione che si sviluppa un alto tasso di negozialità che richiede il controllo di legalità notarile.

è superfluo sottolineare quanto sia utile predeterminare con perizia e approfondimento tutta la filiera dei passaggi che condurranno al trasferimento (regolazione delle modalità di pagamento accertamenti dei titoli urbanistici abilitativi, fiscalità, condizioni e termini). L'esperienza e la professionalità del notaio, inoltre, non sono soltanto serventi a questi fini, ma divengono centrali, se accedendo agli orizzonti ricostruttivi dell'obbligazione di dare, si giunge a superare la frontiera del consenso traslativo quale strumento esclusivo del passaggio di proprietà.

Allora il paradigma del contratto preliminare di cosa altrui diviene elemento fondante di questa nuova prospettiva: quando il bene già appartiene al promittente alienante, pur senza confondersi, l'obbligo di dare e l'obbligo di fare coincidono nello stesso soggetto; nell'ipotesi di alienità del bene, l'obbligazione (di facere), consistente nel manifestare successivamente una volontà, rimane distinta (anche soggettivamente) dall'obbligazione (di dare) consistente nel trasmettere la proprietà. In altri termini, il risultato pratico avuto di mira dai contraenti può essere raggiunto anche mediante il trasferimento diretto della cosa dal terzo proprietario a monte all'acquirente a valle.

Da quest'ottica si scorge una dissociazione tra il titolo e il modo d'acquisto, dove, ad esempio nella vendita diretta tra proprietario a monte e acquirente a valle (il punto "c2" della sequenza quattro), si coglie appieno la natura dell'atto in termini di pagamento traslativo con funzione solutoria della precedente obbligazione assunta con la sottoscrizione del contratto preliminare di cosa altrui.

Ritorna così in gioco l'idea della fattispecie complessa a formazione progressiva, dove l'atto finale diretto a perfezionare la sequenza impone una expressio causae, chiarendo che questo atto traslativo viene concluso solvendi causa, in adempimento degli obblighi assunti in sede diversa. Pertanto la giustificazione causale dell'atto dispositivo è da rintracciare nella situazione di qualificazione del promittente venditore e nel contratto preliminare di cosa altrui precedentemente stipulati, cosicché le dichiarazioni attributive contenute nell'atto finale della sequenza siano da considerare connesse geneticamente e funzionalmente ai già assunti obblighi di trasferimento [nota 21].

A sommesso avviso di chi scrive, almeno nella stesura del contratto che segna la chiusura alla fattispecie complessa a formazione progressiva, sarebbe opportuno inserire una ampia premessa che, fotografando la realtà, dia conto di tutti i passaggi della filiera per poter documentare l'unitarietà causale del fenomeno. In altri termini, dovrà chiarirsi la preesistenza di un contratto preliminare di cosa altrui, la sussistenza di quelle posizioni giuridicamente qualificate (analizzate nella carrellata casistica), nonché la circostanza che l'atto finale costituisca esecuzione di tutti gli obblighi derivanti dalla fattispecie complessa, e soprattutto l'adempimento dell'obbligo di trasferire la proprietà del bene.

Segue: operatività delle garanzie, riducibilità del prezzo: opportunità di tecnica redazionale

All'indicata precisazione sull'expressio causae da inserire nell'atto finale della sequenza possono aggiungersi ulteriori suggerimenti di tecnica redazionale, frutto di una sorta di "slalom gigante" tra le altalenanti opinioni della Suprema Corte.

In tema di garanzie per evizione, vi è una costante catena di sentenze [nota 22] che - ancorchè interrotte da una isolata pronuncia [nota 23] - configura un consolidato indirizzo, secondo il quale il terzo proprietario a monte, che interviene in sede di stipula del contratto definitivo, non acquista la qualifica di parte contrattuale, dovendosi ritenere che il contratto traslativo della proprietà intercorra comunque tra le parti originarie del preliminare.

La conseguenza immediata è che la qualifica di venditore va riconosciuta pur sempre al promittente venditore sul quale ricadranno le obbligazioni connesse a tale qualità, compresa quella relativa alla garanzia per evizione.

Si aggiunge così una tessera al mosaico che va componendosi: l'esplicitazione della partecipazione del promittente venditore alla conclusione dell'affare. è chiaro che ciò vale per le "sequenze" "tre" e "quattro" dove questo aspetto non è connaturato alla fattispecie.

Se il promittente venditore interviene addirittura all'atto finale della sequenza, val la pena di inserire una clausola ricognitiva non tanto di "presa d'atto" della negoziazione, quanto di assunzione sullo stesso promittente venditore di tutte le obbligazioni connesse alla sua qualità sostanziale di alienante (ivi compresa la garanzia per evizione e per vizi).

Nell'ipotesi in cui il promittente venditore non compaia nell'atto di vendita diretta, converrà pur sempre precisare che egli sarà comunque tenuto all'evizione. D'altronde, questo assetto risponde alla logica e allo spirito del caso concreto, in cui l'acquirente ha interagito con il promittente venditore e si è affidato anche alla garanzia generica offerta da costui [nota 24].

La contrapposizione tra due orientamenti sempre la Cassazione, culminata - come sovente accade - in una sentenza a Sezioni Unite, consente di far luce anche sulle possibili manovre di riduzione del prezzo in caso di adempimento "limitato" del contratto preliminare di cosa parzialmente altrui: l'ipotesi più frequente è quella di un preliminare di vendita di un immobile, considerato nella sua interezza, stipulato soltanto da alcuni dei comproprietari pro indiviso.

La giurisprudenza ha fornito risposte contraddittorie all'interrogativo se il promissario acquirente possa ottenere una pronuncia costitutiva ex art. 2932 c.c., al fine di ottenere il trasferimento della proprietà limitatamente alla quota dei promittenti venditori vincolati dal preliminare (estromettendo le quote in capo ai comproprietari assenti dallo stesso preliminare), contestualmente richiedendo ex art. 1480 c.c. (c.d. actio quanti minoris) un prezzo inferiore a quello pattuito.

Una gamma di pronunce [nota 25], basandosi sul principio dell'intangibilità del contratto preliminare, ha escluso che possa emettersi una sentenza costitutiva relativa alla sola quota in titolarità del comunista promittente venditore. La sentenza costitutiva deve realizzare esattamente il risultato previsto e voluto dalle parti nel preliminare: ciò esclude il trasferimento parziale in una alla riduzione del prezzo.

A conclusioni contrarie giunge un altro filone della Cassazione [nota 26]: il promissario acquirente può esperire l'azione ex art. 2932 c.c. limitatamente alla quota di comproprietà del promittente venditore ottenendo contestualmente la riduzione del prezzo pattuito.

Una simile soluzione si fonda sull'idea che al giudice non è affatto interdetto un legittimo intervento riequilibrativo delle contrapposte prestazioni, rivolto ad assicurare che l'interesse del promissario acquirente alla sostanziale conservazione degli impegni assunti non sia elusa da fatti ascrivibili al promittente venditore.

La promessa di vendita di cosa parzialmente altrui sarebbe inefficace in rapporto all'intera "res", ma, trattandosi di inefficacia relativa, rilevabile solo dal promissario acquirente, nulla impedirebbe a quest'ultimo di chiedere una esecuzione parziale. Non vi sarebbe un interesse apprezzabile del comproprietario promittente venditore a pretendere la vendita per intero del bene, a meno che il consenso di tutti i comunisti non sia stato espressamente dedotto in contratto.

Vi è anche un indirizzo intermedio tra le due opposte opinioni: va verificato e controllato per ogni singolo caso se il comproprietario abbia interesse a vendere il bene soltanto congiuntamente agli altri contitolari, ovvero anche in quota isolata [nota 27]. Il conflitto di decisioni in materia è stato composto dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 7481 del 1993 [nota 28], ripristinando il dogma dell'intangibilità del contenuto del contratto preliminare. La Corte presuppone che le parti di regola considerino il bene in comunione come un unicum inscindibile e non come somma delle singole quote; i comproprietari costituiscono un'unica parte plurisoggettiva complessa; le dichiarazione dei singoli comunisti non sono autonome l'una dall'altra, ma si fondono in unica volontà negoziale (quella della parte promittente venditrice). Quando nel contratto preliminare sia carente una di tali dichiarazioni di volontà, il contratto non si è concluso o si è invalidamente concluso, non essendo mai venuto ad esistenza.

Tuttavia la stessa sentenza apre una via di fuga: nulla esclude che un documento sia formulato come riproduzione di più preliminari.

Sul piano operativo, può ricavarsi la considerazione che, in ogni caso, ciò che è proibito al giudice (incidere sul volutum apprezzabile ex post e in base alla dichiarazione negoziale) non è vietato al notaio, il quale nel suo dovere di consiglio, discendente dalla funzione di adeguamento e dall'obbligo di indagare la volontà delle parti, può giungere alla redazione di pattuizioni che determinino ex ante chiarezza sull'intento programmato in concreto dai contraenti. In pratica, il mosaico contrattualie si arricchirà di una ulteriore clausola che stabilisca l'eseguibilità in forma specifica anche solo oggettivamente parziale con contestuale riduzione del prezzo.

Il notaio sarà così il primo interprete e fedele traduttore della volontà delle parti che - contrariamente all'assunto delle Sezioni Unite - non si può sempre a priori riconoscere nella valutazione della cosa comune quale unicum inscindibile.

Restando sul piano della tecnica redazionale, discernendo tra la volontà di considerare la cosa inscindibile o scindibile, potrà valutarsi l'opportunità o meno di inserire una clausola di promessa del fatto del terzo ex art. 1381 c.c. In tal caso, se alcuni dei comproprietari assenti al preliminare di cosa altrui, si rifiutino di stipulare il definitivo, l'acquirente a valle potrà almeno beneficiare dell'indennità discendente dal mancato fatto del terzo, eventualmente scegliendo di comprare (o non) solo alcune quote. O, in altra chiave, potrà utilizzarsi una clausola penale quale mezzo rafforzativo dell'adempimento.

Quanto detto, ad ogni buon conto, consente di osservare che non vi è una diretta applicazione analogica delle norme in tema di vendita di cosa altrui. Come si è potuto vedere per l'art. 1480 c.c. (actio quanti minoris), anche per l'art. 1479 c.c. (actio redibitoria) si discute se il promittente acquirente in buona fede (al pari dell'acquirente di cosa altrui) possa chiedere l'immediata risoluzione del contratto, salvo che il venditore, nel frattempo, non gli abbia fatto acquistare la proprietà.

Contro l'indirizzo favorevole all'analogia [nota 29] (per la verità centrato su casi di preliminare patologico di cosa altrui), valgono preferibilmente le argomentazioni che non individuano l'eadem ratio tra vendita e preliminare di cosa altrui [nota 30]: mentre il venditore di cosa altrui può incorrere nel difetto di legittimazione a disporre, tale vizio non è rinvendibile nel promittente venditore di cosa altrui, stante la natura solo obbligatoria del contratto preliminare.

Pubblicità immobiliare

Il ragionamento analogico torna tuttavia di nuovo utile quando si discorra di pubblicità immobiliare, laddove la trascrivibilità del contratto preliminare tout-court ha contribuito affermativamente al dibattuto problema della trascrivibilità delle vendite obbligatorie. D'altro canto, per chi, già prima della novella del 1997, individuava il momento negoziale solo nel preliminare si configura una assimilazione completa delle figure.

La soluzione comunemente accolta per trascrivere una vendita obbligatoria si iscrive nel meccanismo ex art. 2659 c.c., vale a dire trascrizione del contratto e annotazione dell'acquisto.

Nonostante controverse opinioni [nota 31], la prassi prevede per la vendita di cosa altrui la trascrizione (che chiameremo "trascrizione A") del contratto a favore dell'acquirente e contro il venditore, facendo menzione nella nota (quadro "A" e "D") della circostanza dell'altruità dell'immobile.

Nel momento in cui il venditore di cosa altrui acquisisce la proprietà dal reale titolare del bene, l'atto che produce tale effetto subisce una doppia vicenda pubblicitaria:

a) trascrizione (che chiameremo "trascrizione B") contro l'originario proprietario e a favore del venditore di cosa altrui;

b) annotazione a margine della "trascrizione A" per cancellare la menzione di altruità della cosa.

Dall'insieme dei tre elementi (trascrizione "A", trascrizione "B" e annotazione) si perfeziona la pubblicità dell'acquisto finale in capo alla parte acquirente intervenuta nella vendita (obbligatoria) di cosa altrui.

Spostandoci in materia di contratto preliminare, la domanda spontanea è: in che misura può aver luogo il meccanismo descritto, tenuto conto della efficacia non dichiarativa ma prenotativa della trascrizione ex art. 2645-bis c.c.?

Ammessa la trascrizione del contratto preliminare di cosa altrui contro il promittente venditore e a favore dell'acquirente a valle, quest'ultimo potrà opporre il suo diritto agli altri aventi causa dal promittente venditore di cosa altrui, ma non agli aventi causa dal proprietario a monte, a meno che:

1) il promittente venditore a sua volta abbia stipulato un contratto preliminare, regolarmente trascritto, con il proprietario a monte;

2) il promittente venditore sia vincolato al proprietario a monte da un contratto preliminare a favore del terzo (individuato nell'acquirente a valle).

Entrambe le due ipotesi presuppongono una discovery del momento di qualificazione della "fattispecie complessa a formazione progressiva" che stiamo esaminando, senza che la contravvenzione ad un teorico bisogno di segretezza implichi violazione delle esigenze economiche a cui mirano le parti. In altri termini, ab initio la trascrizione del preliminare fra proprietario a monte e promittente venditore o la clausola di stipulazione in favore del terzo acquirente a valle vanno a scoprire le carte in tavola in armonia, peraltro, con la natura cosciente della vendita di cosa altrui.

Quanto fin qui detto chiarisce il perché dell'osservazione en passant già qui proposta, secondo cui il più alto grado di tutela rinvenibile nel preliminare di cosa altrui è legato alla trascrizione del medesimo ed è a sua volta rafforzato dalla trascrizione di un preliminare tra proprietario a monte e promittente venditore [nota 32].

Quale esercizio di ricognizione delle conclusioni tratte, val la pena di applicare gli adempimenti pubblicitari della vendita di cosa altrui alle "sequenze uno, due, tre e quattro" esaminate in precedenza.

Sequenza uno:

a1) trascrizione del contratto preliminare di vendita tra proprietario a monte e promittente venditore di cosa altrui;

b1) trascrizione del contratto preliminare di vendita di cosa altrui;

c1) trascrizione della vendita di cosa altrui;

d1) trascrizione della compravendita tra proprietario a monte e promittente venditore;

e1) annotazione della vendita sub "d1" alla trascrizione di cui al punto "c1".

Sequenza due:

a2) trascrizione del contratto preliminare di vendita tra proprietario a monte e promittente venditore di cosa altrui;

b2) trascrizione del contratto preliminare di vendita di cosa altrui;

c2) trascrizione della vendita tra il terzo proprietario a monte e il promittente venditore;

d2) annotazione della vendita sub "c2" alla trascrizione "b2";

e2) trascrizione della vendita tra il promittente venditore e l'acquirente a valle.

Sequenza tre:

a3) trascrizione del contratto preliminare di vendita tra proprietario a monte e promittente venditore di cosa altrui;

b3) trascrizione del contratto preliminare di vendita di cosa altrui;

c3) trascrizione della vendita diretta tra il terzo proprietario a monte e l'acquirente a valle;

d3) annotazione della vendita sub "c3" alla trascrizione di cui al punto "b3".

Sequenza quattro:

a4) trascrizione del contratto preliminare di vendita per persona da nominare tra proprietario a monte e promittente venditore;

b4) trascrizione del contratto preliminare di vendita di cosa altrui tra promittente venditore e acquirente a valle;

c4) trascrizione della vendita per persona da nominare tra proprietario a monte e promittente venditore;

d4) trascrizione della dichiarazione di nomina contro il promittente venditore (stipulante del contratto sub c4) e a favore dell'acquirente a valle;

e4) annotazione della vendita di cui al punto "c4" alla trascrizione sub "b4".

A questo punto sorge un ulteriore quesito: sono sempre necessarie le annotazioni testè indicate (e1, e2, d3, e4) oppure se ne può fare a meno?

Escluso il caso della "sequenza uno" (nel quale l'annotazione opera sulla vendita di cosa altrui e non sul relativo contratto preliminare), si può azzardare che, qualora la vicenda pubblicitaria non subisca interferenze e turbative da formalità astrattamente pregiudizievoli prese successivamente alla trascrizione del preliminare, non trova utilità pratica l'effetto prenotativo ex art. 2645-bis, poiché la catena delle trascrizioni esplica la sua regolare continuità. Al contrario, in presenza di trascrizioni o iscrizioni intermedie rispetto alla pubblicità del contratto preliminare, le annotazioni assolvono a una funzione di complemento della tutela prenotativa contribuendo a segnalare le posizioni e i soggetti effettivamente "coperti" dalla trascrizione.

Un'ultima considerazione riguarda il procedimento pubblicitario della "sequenza tre", che pone l'esigenza di rispettare uno schema redazionale che - come immaginato in altra parte di questo discorso - consenta l'emersione dell'intera fattispecie complessa a formazione progressiva, al fine di giustificare l'effetto prenotativo a favore dell'acquirente a valle. Basti pensare a questa scansione:

1) trascrizione del preliminare tra proprietario a monte e promittente venditore di cosa altrui;

2) trascrizione del preliminare di cosa altrui;

3) trascrizione di pignoramento o iscrizione contro il proprietario a monte;

4) vendita diretta tra proprietario a monte e acquirente a valle.

Qualora non vi sia l'expressio causae e la conseguente possibilità di annotare la vendita diretta alla nota di trascrizione del preliminare di cosa altrui, difficilmente potrebbe sostenersi che l'acquisto del compratore a valle sia libero da trascrizioni o iscrizioni in concreto pregiudizievoli.

Considerazioni fiscali: elusione o consentito risparmio d'imposta?

L'utilità del contratto preliminare di cosa altrui va, infine, misurata anche sotto il profilo fiscale.

Il primo vantaggio che emerge dal raffronto tra il contratto preliminare di vendita di cosa altrui e la vendita di cosa altrui stricto sensu riguarda l'applicabilità al primo (salvo il discorso per caparre e acconti tassabili all'aliquota rispettivamente dello 0,50% e del 3%) dell'imposta di registro in misura fissa, a fronte dell'imposta piena proporzionale riferibile alla vendita obbligatoria [nota 33].

Una seconda considerazione tributaria di carattere favorevole al contratto preliminare di cosa altrui riguarda la possibilità di imputare le somme versate all'erario per la caparra (0,50%) o l'acconto (3%) all'imposta dovuta in sede di registrazione del contratto definitivo ai sensi della nota all'art. 10 della Tariffa parte prima allegata al D.P.R. 131/1986. Non sembra incompatibile con tale detrazione alcuna delle fattispecie rientranti nelle diverse sequenze esecutive in precedenza illustrate (nemmeno relativamente alla "sequenza tre" avente ad oggetto la vendita diretta), qualora ovviamente siano ben esplicitate tutte le fasi della negoziazione, chiarendone il collegamento genetico e funzionale fra loro sussistente.

Una riflessione più coraggiosa va compiuta, nondimeno, per le ipotesi che documentino la realizzazione di un plusvalore in capo al cosiddetto promittente venditore di cosa altrui, il quale lucri sulla differenza tra il prezzo d'acquisto pattuito a suo carico e il prezzo di rivendita da versare in suo favore (si veda ad esempio l'ipotesi di trading riferita nella carrellata casistica).

Al riguardo l'indagine va sezionata secondo la diversità dei presupposti del singolo caso. Un primo spartiacque riguarda la circostanza se il promittente venditore di cosa altrui agisca all'interno di un'attività economica abituale di stampo imprenditoriale. Il plusvalore lucrato in tal caso costituirà un provento in materia di imposte dirette da assoggettare all'Ires e in tema di imposte indirette da sottoporre ad IVA, trattandosi di cessione di un servizio.

Una volta che, invece, si fuoriesca dall'attività imprenditoriale e la plusvalenza riguardi un privato che non agisca nell'ambito dell'attività commerciale, artistica o professionale, a ben guardare, il trattamento fiscale può mutare in base alla sequenza esecutiva prescelta.

Non sembra possa dubitarsi che nelle "sequenze uno" e "due", emergendo una plusvalenza immobiliare, si ricada nella previsione sui redditi diversi ex art. 67 lett. "b" del T.U.I.R. (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917). Con la precisazione che solo nella ricorrenza della "sequenza due" potrà aver luogo l'assolvimento del debito tributario mediante imposta sostitutiva ex art. 1 comma 496 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, in quanto nella sequenza "sequenza uno" il prezzo "maggiorato" attiene alla vendita di cosa altrui, la quale cronologicamente precede l'acquisto in capo al promittente venditore che sarà stato effettuato al valore di un minor prezzo ancora ignoto.

Diversa è la posizione del promittente venditore di cosa altrui nella "sequenza tre" e "quattro": egli non acquista (nemmeno per un istante logico e non cronologico) mai la proprietà del bene; ergo non si configura plusvalenza ex art. 67 lett. b) T.U.I.R. Qui dunque la situazione si inquadra in una cornice di enorme incertezza, la quale non costituisce mai un bene per gli operatori del diritto e del mercato.

Secondo una prima prospettiva si potrebbe ricondurre all'IRPEF il corrispettivo incamerato dal promittente venditore invocando la lettera "l" dello stesso art. 67. Al riguardo si oppone tuttavia l'opinione [nota 34] di chi esclude questa prospettiva, poiché il plusvalore conseguito dal promittente venditore non potrebbe risalire al reddito derivante da un'attività di lavoro autonomo non esercitata abitualmente [nota 35] o dall'assunzione di obbligazione di fare [nota 36] non fare [nota 37] o permettere [nota 38].

L'assenza di una norma impositrice chiara e determinata sul punto, la diversità di formulazione dell'attuale art. 67 T.U.I.R. rispetto al vecchio art. 81 [nota 39], nonché la previsione dell'art. 7 del D.lgs. 8 ottobre 1997 n. 358 (che, al di fuori delle ipotesi specificamente elencate, esclude di considerare elusive altre fattispecie) concorrono a sollecitare un interrogativo apparentemente strano: è possibile che il plusvalore lucrato dal nostro promittente venditore di cosa altrui sia esentasse?

Una simile conclusione potrebbe essere "eccentrica", benché esistano altri settori in cui il provento ricavato (come per la ritenzione di caparre confirmatorie o per l'introito di clausole penali) non produca reddito tassabile ai fini IRPEF (benché sorretto da una causa risarcitoria) [nota 40].

Ad ogni modo, la fattispecie merita un supplemento d'indagine in altra sede, sollevando legittimi dubbi sia la tesi favorevole all'imposizione residuale sia la tesi dell'esenzione. Mentre sul piano dell'elusione la riserva di legge, in materia tributaria prescritta dell'art. 23 della Costituzione, vietando presupposti impositivi in assenza di apposita normativa, nonché l'art. 7 del D.lgs. 8 ottobre 1997, n. 358 dovrebbero impedire di ricondurre l'operazione prospettata in tale ambito. E ciò ancor più se si parta dall'argomento che le vicende in esame (in particolare la "sequenza tre" e "quattro") debbano transitare dapprima per una corretta qualificazione giuridica sotto il profilo civilistico per poi, in base alla loro natura così configurata, essere sottoposte all'idonea disciplina fiscale. Ebbene, qualora si colga appieno l'essenza del concetto di "fattispecie complessa a formazione progressiva", che si è tentato fin qui di delineare, non può sfuggire che le sequenze esecutive in oggetto rifuggano e dall'idea e dal risultato empirico del "doppio passaggio" della proprietà. E se, d'altro canto, si spinge l'acceleratore sulla qualifica della condotta del promittente venditore di cosa altrui come adempimento dell'obbligo di dare, l'attività di quest'ultimo tesa a predisporre la "vendita diretta" tra proprietario a monte e acquirente a valle, verrebbe a differenziarsi con più nettezza dalle categorie di corrispettivo per obblighi di fare, non fare o permettere. Ma qui, gli interrogativi restano aperti.

Per completezza del dato fiscale, va anche detto che, per quanto riguarda l'imposta di registro, laddove sia esplicitato il lucro del promittente venditore, favorendo e auspicando, nei suggerimenti di tecnica redazionale fin qui esposti, la partecipazione di quest'ultimo al contratto definitivo in modo da fotografare tutto il reale andamento dell'affare, evidentemente il plusvalore dichiarato e eventualmente documentato come corrispettivo in suo favore [nota 41] difficilmente sfuggirà alla tassazione nella misura proporzionale del 3% ex art. 9 della Tariffa parte prima allegata al D.P.R. 131/1986.

Conclusioni
Il governo della contrattazione preliminare, in generale, e del preliminare di cosa altrui, in particolare, richiede un timoniere esperto e sicuro che sappia maneggiare con cura tutte le fasi della fattispecie. Il notaio è dunque il naturale referente di questa materia sia perché è dotato della adeguata competenza e delle necessarie attitudini nel settore immobiliare sia perché garantisce, ormai in misura crescente [nota 42], la trascrivibilità.

In questo scenario, il contratto preliminare di cosa altrui, sfrondato degli antichi pregiudizi, si presta a svolgere una arricchita funzione economico sociale con tutte le sue luci, ma anche con le sue ombre.

Le criticità sia civilistiche sia fiscali legate a questa figura vanno però affrontate con determinazione, sapendo anche osare e guardare oltre i confini tradizionali, senza con ciò disperdere gli equilibri necessari tra certezza dei traffici economici e creatività giuridica.

D'altra parte se l'inventiva giuridica non si fosse spinta progressivamente in avanti saremmo ancora all'era del baratto…

Le regole del gioco della contemporanea pratica degli affari postulano il rispetto di esigenze di trasparenza e al contempo sollevano l'istanza di un equo risparmio di costi.

Tra la scelta di lavarsi pilatescamente le mani, fingendo, non senza ipocrisia, che i fatti si svolgano soltanto in una dimensione superficiale, e l'alternativa di sperimentare nuove soluzioni con tutti i rischi che ne possano conseguire, il notaio non può aderire a opzioni dal fiato corto. Deve, al contrario, gettare il cuore oltre l'ostacolo.

Il terreno del contratto preliminare di cosa altrui è uno dei luoghi in cui si può misurare la qualità della prestazione professionale. Quanto detto sul piano tecnico non è sufficiente ad aver trasformato un pollo in un'aquila. Ma forse, nella consapevolezza che la qualità della prestazione quasi sempre inizia dai preliminari, è sufficiente a non far finire il pollo … allo spiedo.

Fonte: fondazionenotariato.it
 

Gratis per sempre!

  • > Crea Discussioni e poni quesiti
  • > Trova Consigli e Suggerimenti
  • > Elimina la Pubblicità!
  • > Informarti sulle ultime Novità

Le Ultime Discussioni

Alto