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Ho un appartamento in locazione, e il locatario mi ha chiesto la riduzione del canone.

Gradirei ricevere chiarimenti su come procedere nel caso di accettazione di tale richiesta:
se ho ben capito la riduzione del canone non comporta ne modifica ne annullamento del contratto in essere, ma avviene tramite una scrittura privata. E' corretto?
Inoltre, cosa devo fare affichè tale scrittura sia valida ai fini fiscali (riduzione reddito imponibile)? Occorre registrarla all'Agenzia delle Entrate? In che modo? Se ho ben capito tale registrazione da un paio di anni (decreto sblocca Italia?) non è più necessaria, è vero?

Spero qualcuno sia in grado di illuminarmi su tutto ciò, in quanto, purtroppo, le mille ricerche svolte su Internet non hanno risolto i dubbi ma, anzi, hanno solo aumentato la mia confusione (burocrazia italiana...).

Grazie in anticipo e saluti
Enea Andrietti
 

Avv Luigi Polidoro

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Nella speranza di aiutarti, riporto dio seguito un articolo tratto da una delle riviste del Sole24Ore (più precisamente, Ventiquattrore Avvocato del 7 ottobre 2015 numero 10):

La disciplina
Ai sensi dell’art. 19 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito inlegge 11 novembre 2014, n. 164, risultano esenti dalle imposte di registro e di bollo gli atti attraverso i quali le parti di un contratto di locazione già in essere concordino la riduzione del relativo canone.
L’intervento normativo, operante sia sul fronte civilistico che su quello tributario, è stato titolato “Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive”, denominato anche “Sblocca Italia”.

L’allegato alla legge di conversione ha aggiunto all’originario testo dell’art. 19, il comma 1 bis, ove si riconosce la facoltà per locatori e conduttori, in sede di definizione delle pattuizioni preordinate alla diminuzione del canone locatizio, di avvalersi dell’assistenza delle organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori, sia in relazione ai contratti previsti all’art. 2, comma 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, sia in relazione ai contratti di cui al citato art. 2, comma 3 e 5.

Il comma in commento, peraltro, riconosce e legittima la facoltà in capo al conduttore di avanzare richiesta motivata di riduzione del canonelocatizio, attraverso una comunicazione diretta al locatore.

Specifica, infine, che «ove la trattativa si concluda con la determinazione di un canone ridotto è facoltà dei comuni riconoscere un’aliquota ridotta dell’imposta municipale propria».

La norma succitata è stata inserita nel capo V, contente le misure per il rilancio dell’edilizia, ed è stata rubricata «Esenzione da ogni imposta degli accordi di riduzione dei canoni di locazione».

Le finalità e i benefici

La crisi economica degli ultimi anni ha interessato anche il settore relativo alle locazioni, sia commerciali che abitative, inducendo i conduttori a richiedere la riduzione dei canoni, a fronte delle quali si è registrato ampio assenso da parte dei locatori, interessati a mantenere il rapporto contrattuale, anche a fronte di una redditività inferiore dell’immobile, nell’attuale contesto di sfavorevole congiuntura economica.

L’esenzione dalle imposte di registro e di bollo alle scritture diriduzione del canone agevola, inoltre, la stabilità dei rapporti, e quindi il mercato delle locazioni, ed evita ulteriori oneri nel contesto di recessione.

L’intento manifestato dall’esecutivo, anche mediante l’impiego dello strumento legislativo della decretazione d’urgenza, è stato quello di favorire un generale ribasso dei corrispettivi di locazione, nella finalità di contribuire a riattivare il mercato immobiliare.

Ciò si pone in linea col rilancio della politica abitativa, avviata quasi venti anni fa con la riforma delle locazioni, e posta in atto attraverso lalegge 9 dicembre 1998, n. 431.

Questa, tuttavia, sortì risultati di gran lunga lontani rispetto alle aspettative all’epoca manifestate: a distanza di più di tre lustri, neppure un quinto dell’intera popolazione dimora in immobili locati e, tra questi, un numero inferiore al quinto dei conduttori ha usufruito del modello figurato dal legislatore all’art. 2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.

Il recente intervento normativo consente quindi, alle parti, di registrare, in regime di esenzione fiscale, gli accordi, divenuti peraltro consueti nel presente momento storico, attraverso i quali le parti convengono la riduzione della pigione.

Nel regime ordinario l’imposta di registro, che sarebbe stata dovuta, risulta pari a euro 67,00, mentre l’imposta di bollo sarebbe risultata nella misura di euro 16,00 ogni 4 facciate di scrittura e, in ogni caso, ogni 100 righe, per ciascuna copia da registrare.

La descritta esenzione fiscale incoraggia sia la stipulazione, che la registrazione, di siffatti accordi. Occorre altresì precisare che, come si motiverà infra, non risulta obbligatoria alcuna comunicazione all’amministrazione finanziaria contenente l’informazione di aver stipulato un accordo di riduzione del canone, né la relativa registrazione, ma nel contempo la registrazione si appalesa come necessaria per poter attribuire, all’accordo medesimo, data certa e renderlo in tal modo opponibile ai terzi estranei al contratto.

Inoltre, la registrazione dell’accordo risulta la modalità attraverso la quale il contribuente informa l’agenzia delle entrate dell’intervenutariduzione del canone e, di conseguenza, lo legittima ad assolvere un’imposta di registro proporzionale all’importo ridotto, a decorrere dal periodo locativo successivo.

Infine, la nuova entità del canone avrà incidenza sia ai fini delle imposte sui redditi, IRPEF e Ires, che dell’Irap. A ciò si aggiunga un risparmio sull’IVA, in tutte le ipotesi in cui il canone vi sia soggetto.

Si rileva, infine, che in occasione della registrazione, facoltativa e volontaria, degli accordi in commento, sarà necessario fare riferimento al contratto di locazione originario, e ai relativi estremi di registrazione, quali il numero progressivo e la data.

Non obbligatorietà della comunicazione all’amministrazione finanziaria e della registrazione dell’accordo di riduzione delcanone locatizio

Gli artt. 3 e 17 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, specificano quali vicende, posteriori alla conclusione del contratto di locazione, debbano essere autonomamente assoggettate all’imposta di registro, individuandole nelle cessioni, risoluzioni e proroghe dell’originario negozio, e rispetto alle quali sussiste l’obbligo di registrazione entro il termine di giorni trenta, pure se stipulate in forma verbale o di scrittura privata non autenticata.

Tra le citate fattispecie, tuttavia, non rientra l’accordo di riduzione delcanone, discendendone pertanto la non obbligatorietà della relativa registrazione.

Più in particolare, l’accordo di riduzione della pigione non integra la fattispecie di risoluzione del contratto originario: «(…) le sole variazioni del canone non sono di per sé indice di una novazione di un rapporto di locazione, trattandosi di motivazioni accessorie della correlativa obbligazione (…)» (Cass. civ., 9 aprile 2003, n. 5576), escludendo quindi che l’accordo di riduzione in commento debba essere obbligatoriamente comunicato all’amministrazione finanziaria, ai sensi del succitato art. 17.

Nel contempo non risulta dovuta neppure la relativa comunicazione, sulla base del disposto di cui all’art.�160;19, D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, in conformità del quale sussiste l’obbligo di denunciare, nel termine di 20 giorni dal loro verificarsi, gli «(…) eventi (…) che diano luogo a ulteriore liquidazione di imposta».

Tra questi ultimi si pone certamente l’aumento contrattuale del canone di locazione, in quanto implicante la liquidazione di una maggiore imposta di registro.

Dal lato civilistico, per orientamento unanime della giurisprudenza, le variazioni di misura del corrispettivo, così come la modificazione del termine di scadenza, non rappresentano elementi di novazione del rapporto locatizio, in quanto considerabili, unicamente, alla stregua di modificazioni di carattere accessorio.

Più in particolare, la novazione oggettiva del rapporto obbligatorio, ai sensi dell’art. 1230 c.c., postula il mutamento dell’oggetto o del titolo della prestazione, mentre le variazioni del canone rappresentano modifiche degli elementi accessori, rientrando quindi nell’ambito dell’art. 1231 c.c. Si segnala, infine, che la Suprema Corte (Cassazione civ. 27 ottobre 2003, n. 16089) statuiva la nullità, ai sensi degli artt.79 della legge 27 luglio 1978, n. 392, e 13 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, delle clausole predisponenti un canone più elevato rispetto a quello risultante dal negozio originario, in costanza di svolgimento del rapporto, violando in tal modo il principio di invariabilità, per l’intera durata della locazione, del canone fissato nel contratto.

Presupposti per usufruire dell’esenzione di imposta

L’esenzione dall’imposta di bollo e di registro, nell’ambito degli accordidi riduzione dei canoni di locazione, ai sensi del citato art. 19 dello “Sblocca Italia”, opera quando ricorrono due presupposti. In primis, lariduzione del canone deve rappresentare il contenuto esclusivo del nuovo accordo stipulato tra le parti del rapporto locatizio.

Da ciò consegue che l’esenzione dall’imposizione fiscale non opera qualora le parti accompagnino la diminuzione del precedente importo del canone a ulteriori pattuizioni preordinate a modificare il rapporto locatizio già in essere.

Nell’ambito della normativa fiscale concernente l’imposta di registro, ogni distinto negozio giuridico risulta assoggettato a una particolare tassazione, pure nell’ipotesi in cui più negozi risultino consacrati in un unico documento, nella chiara finalità di evitare elusioni fiscali consumate attraverso il pretesto dell’unicità del documento: «Se un atto contiene più disposizioni che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, ciascuna di esse è soggetta a imposta come se fosse un atto distinto» (art. 21, comma 1, D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131).

Di converso, la tassazione risulta unica qualora un solo documento contenga più disposizioni negoziali connesse tra loro, integrando, quindi, un negozio complesso o misto: «Se le disposizioni contenute nell’atto derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, l’imposta si applica come se l’atto contenesse la sola disposizione che dà luogo alla imposizione più onerosa» (art. 21, comma 2, D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131).

Quanto al requisito della forma, si rammenta che ai sensi dell’art. 1, comma 4 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, il contratto di locazione abitativa è soggetto alla forma scritta ad substantiam, pertanto l’accordo di riduzione del relativo canone dovrà seguire la stessa regola.

Il secondo presupposto posto dal legislatore per beneficiare dell’esenzione statuita all’art. 19 dello “Sblocca Italia” è rappresentato dalla circostanza che la riduzione del canone di locazione abbia incidenza su un rapporto già pendente, condizionando quindi il beneficio al fatto che il negozio locatizio sia stato stipulato in epoca anteriore rispetto all’accordo finalizzato alla riduzione del relativo canone. La locuzione «contratto di locazione ancora in essere», utilizzata nell’art. 19, fa riferimento a quello non scaduto alla data in cui si procede alla registrazione dell’accordo, e non a quello in essere alla data di entrata in vigore della norma stessa.

Da quanto suesposto consegue che l’esenzione fiscale non opera nei casi ove il conduttore stia detenendo l’immobile nonostante la scadenza del contratto, ovvero nel periodo in cui è in corso l’esecuzione del provvedimento di rilascio o, comunque, nelle ipotesi di ritardo nella riconsegna dell’immobile.

Gli accordi di riduzione del canone nell’ambito delle locazioni a “cedolare secca”

Occorre rilevare che la disposizione di cui all’art. 19, al comma 1, non opera alcuna distinzione tra locazioni a uso abitativo e a uso commerciale, né esclude dal proprio ambito di operatività le locazioni assoggettate al regime della cedolare secca, le quali già beneficiano di un regime fiscale agevolato.

Il comma 1 bis, viceversa, contiene un esplicito riferimento normativo all’art. 2, commi 1, 3 e 5, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, disciplina che concerne le locazioni degli immobili adibiti a uso abitativo. Nel contempo il D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, all’art. 3, comma 11, statuisce che, nell’ipotesi in cui il locatore opti per l’applicazione della cedolare secca, viene sospesa, per un periodo corrispondente alla durata dell’opzione stessa, la facoltà di chiedere l’aggiornamento delcanone, anche se prevista nel contratto a qualsiasi titolo, inclusa la variazione accertata dall’Istat dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell’anno precedente.

Si evidenzia, inoltre, che il legislatore ha specificatamente definito tale norma come inderogabile.

In assenza di specifiche indicazioni per le locazioni, in ogni caso a uso abitativo, soggette al regime della cedolare secca, si rende necessario indagare in merito alle scritture private di riduzione del canone, eventualmente stipulate in relazione alle stesse. Un’interpretazione strettamente letterale del disposto di cui al citato comma 11, condurrebbe al divieto assoluto di optare per qualsiasi aggiornamento, sia in aumento che in riduzione, con conseguente impossibilità di registrare un patto preordinato alla riduzione del canone.

Tale interpretazione, a parere di chi scrive, appare irragionevole, a fronte della circostanza che l’indicato divieto di aggiornamento si riferisce unicamente all’aggiornamento in aumento del canone, che il legislatore ha voluto negare al locatore che opta per il regime della cedolare secca, che già beneficia di un regime fiscale agevolato. Più in particolare, ai sensi del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 3, comma 2, sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti la cedolare secca si applica in ragione di un’aliquota pari al 21%, che risulta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro e di bollo sul contratto di locazione.

La cedolare secca sostituisce, inoltre, anche le imposte di registro e di bollo sulla risoluzione e sulle proroghe del contratto di locazione.

La disciplina fiscale degli accordi finalizzati alla riduzione delcanone locatizio

L’agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 60 del 28 giugno 2010, riscontrò l’istanza di interpello formulata in merito al trattamento fiscale applicabile alla tipologia di accordo oggetto del presente contributo.

La fattispecie sottoposta riguardava il negozio giuridico attraverso il quale le parti avevano concordato una riduzione del canone afferente un contratto di locazione già in essere, richiedendo lumi sull’eventuale obbligo di comunicare tale modifica all’amministrazione finanziaria, ai fini dell’imposta di registro.

Gli artt. 3 e 17 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (cd. Tur), come già accennato, individuano le cessioni, le risoluzioni e le proroghe dell’originario contratto di locazione, quali eventi intercorrenti a seguito della conclusione del contratto di locazione e che, anche se stipulati verbalmente o se redatti nella forma della scrittura privata non autenticata, risultano sottoposti a imposta di registro con contestuale obbligo di registrazione. Da tale premessa, per l’agenzia consegue che unicamente gli eventi summenzionati, qualora intercorrano in costanza del rapporto locatizio, devono essere portati a conoscenza dell’amministrazione finanziaria in conformità a quanto statuito all’art. 17 del Tur.

L’accordo di riduzione del canone non rientra, quindi, tra le ipotesi di cessione, o risoluzione, ovvero proroga, dell’originario rapporto contrattuale, come anche confermato dalla Suprema Corte (Cassazione civ., Sez. III, 9 aprile 2003, n. 5576): «(…) le sole variazioni del canone non sono di per sé indice di una novazione di un rapporto di locazione, trattandosi di modificazioni accessorie della correlativa obbligazione (…) la novazione oggettiva del rapporto obbligatorio postula, infatti, il mutamento dell’oggetto o del titolo della prestazione,ex art. 1230 c.c.». L’art. 19 del Tur obbliga le parti contraenti, i loro aventi causa e coloro nel cui interesse è stata richiesta la registrazione, di denunciare entro venti giorni, dal loro verificarsi, gli «(…) eventi (…) che diano luogo a ulteriore liquidazione di imposta».

Tra tali avvenimenti risulta annoverabile l’aumento del canone di locazione, che implica la liquidazione di una maggiore imposta di registro e, a dir dell’agenzia, non vi può essere ricondotto un accordo che, all'opposto, preveda la riduzione del canone e, correlativamente, della base imponibile.

L’agenzia, ciò nonostante, osserva che l’accordo di riduzione delcanone determina la diminuzione della base imponibile ai fini dell’imposta di registro e delle imposte dirette, e, di conseguenza, la corresponsione di un’imposta minore rispetto a quella liquidata in relazione al canone originario. Per esigenze di natura probatoria, e quindi per l’opponibilità verso soggetti terzi al rapporto negoziale, sarà necessario attribuire, all’atto di modifica, la data certa.

Tra i mezzi idonei a conferire certezza alla data di un atto è contemplata la registrazione, la quale, in virtù del disposto di cui all’art. 18 del Tur, attesta l’esistenza degli atti e attribuisce ai medesimi data certa di fronte ai terzi, a norma dell’art. 2704 c.c. Nel contempo rileva che, ai sensi dell’art. 8 del Tur, anche in assenza di un obbligo di legge «chiunque vi abbia interesse può richiedere in qualsiasi momento, pagando la relativa imposta, la registrazione di una atto».

La facoltà di registrare volontariamente il nuovo accordo consentirà ai contraenti di rendere edotta l’amministrazione finanziaria circa la pattuizione intercorsa tra le stesse, rendendolo “certo” innanzi ai terzi.

In merito alla quantificazione dell’imposta relativa alla registrazione dell’accordo in commento, il punto II della nota posta in calce all’art. 5 della Tariffa allegata al Tur, stabilisce che «(…) l’ammontare dell’imposta, per le locazioni e gli affitti di beni immobili, non può essere inferiore alla misura fissa di euro 67».
L’accordo di riduzione del canone non rappresenta un’ipotesi contrattuale autonoma, bensì accede a un contratto di locazione già registrato: da tale considerazione, quindi, l’agenzia ritenne, con la risoluzione in commento, che la previsione del predetto art. 5 della Tariffa trovasse applicazione anche con riferimento alla registrazione volontaria della tipologia di accordo in commento, e che, prima dell’entrata in vigore dell’art. 19 dello “Sblocca Italia”, scontava l’imposta in misura pari a euro 67,00.
Rilevò, infine, che la scrittura privata stipulata per la riduzionedel canone di locazione doveva essere assoggettata, ai sensi del disposto di cui all’art.�160;2, parte prima, della Tariffa allegata alD.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, all’imposta di bollo, in misura già pari a euro 14,62 per ogni foglio, importo attualmente elevato a euro 16,00.
Circa la decorrenza degli effetti della riduzione del canone sulla determinazione della base imponibile da assoggettare a tassazione, ai fini dell’imposta di registro, dell’IVA e delle imposte sui redditi, veniva individuata, dall’agenzia, nell’annualità successiva a quella in cui era stata concordata la nuova misura del canone.
Doveroso è rilevare che, anche a seguito della vigenza dell’art. 19 dello “Sblocca Italia”, devono ritenersi valide le suesposte considerazioni, contenute nella risoluzione in commento, con l’ovvia precisazione che le scritture attraverso le quali viene manifestata la volontà dei contraenti di addivenire alla riduzione del canone non risultano più soggette ad alcuna imposta.
Considerazioni conclusive
I l riconoscimento normativo, in capo al conduttore, della facoltà di proporre al locatore una riduzione del canone, unitamente all’esenzione dalle imposte di registro e di bollo delle scritture incorporanti l’eventuale accordo, rappresenta uno strumento idoneo ad agevolare l’auspicata ripresa del mercato immobiliare, sostenendo la stabilità dei rapporti locatizi in essere, molti dei quali, se il relativocanone non fosse diminuito, sarebbero destinati a cessare, a fronte della diffusa contrazione dell’ammontare canoni, registrata nel contesto delle nuove contrattazioni. L’esenzione fiscale tende, inoltre, a evitare ulteriori oneri di spesa. Il legislatore, nel contempo, non ha imposto la registrazione dell’accordo, ma implicitamente l’ha agevolata: la registrazione volontaria della scrittura, sul piano probatorio attribuisce data certa alla pattuizione, rendendola opponibile ai terzi e, oltre a ciò, informare l’amministrazione finanziaria in merito alla diminuzione del canone implica la conseguente riduzione della base imponibile di calcolo, sia ai fini dell’imposta di registro, che delle imposte sui redditi e dell’IVA, con decorrenza dall’annualità successiva a quella in cui viene concordato il nuovo importo.

Sono certo che potrà esserti utile.
 

Luna_

Membro Senior
Professionista
quindi:
scrittura di riduzione controfirmata
mod69
Nessun bollo nessun versamento
Recarsi OBBLIGATORIAMENTE in Agenzia delle entrate per la registrazione che serve appunto anche a fini fiscali
 

Peter76

Membro Ordinario
Un contratto con canone pieno, che in una clausola a parte prevede uno sconto di 3000 euro annui, è una cosa regolare? o bisogna prevedere un canone per i primi 3 che al quarto viene aumentato?grazie.
 

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